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da "La fine del Titanic" di Hans Magnus Enzenberger

Da Lucabilli

Canto ventiseiesimo
"In realtà non è accaduto nulla".
La fine del Titanic non ha avuto luogo:
era solo un film, un presagio, un'allucinazione.
"In realtà" si continua a giocare a whist,
e se non a whist quanto meno a backgammon; nel
salotto fumatori le scatole di sigari, lavorazione artigianale,
made in Cuba, risplendono ancor sempre di medaglie d'oro;
nell'ingresso del Gran Foyer si librano tuttavia
pace e progresso, stitici e allegorici,
in bronzo; i ricchi sono rimasti ricchi,
e comandantes i comandantes; nel bagno turco
l'intramontabile Mrs. Maud Slocombe adempie al suo difficile compito,
quello di prima massaggiatrice di bordo della storia;
dovunque lampadari, palme, specchi e satinate tende,
Luì Kens, Luì Kators, sempre e ovunque, fino alla nausea.
Naturalmente oggi il personale ha la tredicesima
e la tivù a colori in cabina; lo steward è turco;
l'infermiera è laureata in psicologia; ma altrimenti?
I menù sono ancora e sempre troppo lunghi;
di nuovo c'è, tutt'al più, sul ponte F la sauna finlandese,
dove il Comitato Centrale va per sudare e mette saccarina anziché zucchero nel tè.
I glaciologi si sono portati appresso un micro-computer
in teca di perspex, il quale, durante i lavori del congresso
di climatologia, funziona come simulatore d'icebergs
su una proiezione di duecentocinquant'anni.
Le boutiques fanno, come al solito, affari d'oro
con portaceneri e magliette souvenir del Titanic;
al cinema danno A Night to Remember; l'happy end
è una graziosa abitudine, come le rapine alle banche,
come le tavole rotonde sull'indicizzazione delle pensioni
e sul socialismo in un piroscafo.
Ogni tanto scattano puntuali gli scioperi a singhiozzo;
allora i camerieri piantano lì i secchielli dello champagne
e il pianista si ferma in mezzo alla fantasia in do minore.
Allora restano interdetti anche i gangster e gli editori;
i pittori da salon s'indispettiscono; gli addetti militari
vogliono improvvisamente saldare il conto; tutti ridono, tutti sono felici.
"E' così", pensa la scaltra puttana, "che il mondo finirà,
fra il tripudio dei suoi più arguti ingegni, convinti e persuasi
che è soltanto uno scherzo". - Anche i poeti esistono ancora!
Siedono al Café AStor, al bancone self-service,
facilmente identificabili per quel loro sguardo da mal di mare;
dal bicchiere in plastica sorseggiano la loro Coca
e commemorano, com'è d'uopo, gli emigrati,
gli esquimesi e i palestinesi seduti in terza classe.
Lo pseudo poeta fa cenno al mezzopoeta,
il quale a sua volta fa un cenno al poeta vero.
Poi ciascuno se ne va a cercare la propria cabina, ciascuno
si accomoda sulla propria sedia asciutta e scrive,
come se non fosse accaduto nulla, sul bel foglio asciutto:
"In realtà non è accaduto nulla".

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