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da "Lettere persiane" di Charles Louis de Secondat barone di Montesquieu

Creato il 16 febbraio 2011 da Lucabilli

da Parigi è grande quanto Ispahan, e le case sono così alte che si direbbero tutte abitate da astrologi. Capirai bene che una città costruita nell'aria, con sei o sette case l'una sull'altra, è popolosissima, e che quando la gente è tutta nelle vie c'è una bella confusione.
[...]
Non credere che per il momento io possa parlarti a fondo delle abitudini e dei costumi europei: non ne ho che una pallida idea, ho avuto appena il tempo d'esserne stupefatto.
Il re di Francia è il principe più potente d'Europa. Non possiede miniere d'oro come il re di Spagna suo vicino, ma ha più ricchezze di lui, perché le ricava dalla vanità dei suoi sudditi, più inesauribile delle miniere. Gli si è visto intraprendere e sostenere grandi guerre senza altri fondi che titoli d'onore da vendere, e per un prodigio dell'orgoglio umano le sue truppe erano pagate, le sue piazzeforti munite, le sue flotte equipaggiate.
D'altronde questo re è un gran mago: esercita il suo impero anche sullo spirito dei suoi sudditi, li fa pensare come vuole. Se nel suo tesoro c'è solo un milione di scudi, e gliene occorrono due, gli basta persuaderli che uno scudo ne vale due, ed essi ci credono. Se deve sostenere una guerra difficile, e non ha denaro, non deve far altro che metter loro in testa che un pezzo di carta è denaro, ed essi ne sono tosto convinti. Arriva a far loro credere che può guarirli di ogni male toccandoli, tanto grande è la forza e il potere che ha sugli spiriti. Quanto ti dico di questo principe non deve stupirti: c'è un altro mago più potente di lui, il quale domina sul suo spirito non meno di quanto egli domini su quello degli altri. Questo mago, che si chiama papa, ora gli fa credere che tre è uguale ad uno, che il pane che mangia non è pane, o che il vino non è vino, e mille altre cose del genere.
E per tenerlo sempre in esercizio e non fargli perdere l'abitudine di credere, di tanto in tanto gli manda qualche articolo di fede. Due anni fa gli inviò un lungo scritto, chiamato Costituzione e minacciando gravi pene volle obbligare questo re e i suoi sudditi a credere in tutto ciò che vi era contenuto. La cosa gli riuscì nei confronti del sovrano, che si sottomise subito dando l'esempio ai suoi sudditi, ma alcuni si rivoltarono e dissero che non volevano credere a nulla di ciò che vi era scritto. Fautrici di questa rivolta, che divide la corte, tutto il regno e le famiglie, sono state le donne. Questa Costituzione vieta loro di leggere un libro che tutti i cristiani dicono venuto dal cielo: è come il loro Corano. Le donne, indignate per l'oltraggio fatto al loro sesso, si sollevarono tutte contro la Costituzione; e tirarono dalla loro parte gli uomini che in questa occasione non vogliono avere nessun privilegio. Bisogna tuttavia riconoscere che questo mufti non ragiona poi male, e, per il grande Alì, si crederebbe che sia stato istruito nei principi della nostra santa legge. Infatti, poiché le donne sono di una creazione inferiore alla nostra, e i nostri profeti dicono che non entreranno in paradiso, perché dovrebbero impicciarsi di leggere un libro che è fatto per insegnare la via del paradiso?
Sul re ho udito raccontare cose prodigiose, che stenterai a credere. Si dice che mentre faceva guerra ai suoi vicini, che si erano uniti in lega contro di lui, era circondato nel suo regno da innumerevoli nemici. Si aggiunge che li ha cercati per più di trenta anni e non ne ha potuto trovare uno solo, malgrado lo zelo infaticabile di certi dervisci che godono della sua fiducia. Quei nemici vivono con lui: sono alla sua corte, nella sua capitale, nel suo esercito, nei suoi tribunali; e tuttavia si dice che avrà il dolore di morire senza averli trovati. Si direbbe che esistono in generale, ma non come individui: è un corpo che non ha membra. Senza dubbio il cielo vuole punire questo principe di aver usato poca moderazione verso i nemici vinti, dal momento che gliene dà di invisibili, e tali che il loro genio e destino sono al di sopra del suo.
Potrei continuare a scriverti, facendoti conoscere cose ben lontane dal carattere e dal genio persiano. Una è la terra su cui viviamo entrambi, ma gli uomini del paese in cui mi trovo e quelli del paese dove sei tu sono assai diversi.
Parigi, il giorno 4 della luna di Rebiab 2, 1712.


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