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Da non dimenticare

Da Suster
Da non dimenticareVisto l'inatteso successo ottenuto dalle mie disquisizioni pseudo-filosofiche sul vero significato della vita, mi auto-innalzo a ruolo di Maestra Moltosaggia Zen, e vi allieterò anche oggi con una storia a metà tra il trash e il fantozziano, dalla quale storia, tratta dalla vita vera, pur tuttavia, il saggio sa quali e quante verità trarre.
Dunque, inizia così: ci trovavamo, io e il beduino, e pupa al seguito, su assai poco amena spiaggia balneare in quel di Marina di Vecchiano, chi la conosce lo sa, che non è poi questo gran mare, perché l'acqua è torbida, la spiaggia piuttosto sempre-zozza, dato il decisamente basso livello di senso del bene comune insito forse nella maggior parte dei suoi abituali frequentatori, gli spiaggisti della domenica.
Anche noi tre ci trovavamo quella domenica di ieri, nel numero di codesti visitatori, pur recandoci sul lido più sul far della sera che in tardo pomeriggio, come nostra intenzione iniziale, poiché nel pomeriggio i restanti due terzi di mio nucleo familiare attuale se la dormivano della grossa, cullati dal ronzio del condizionatore d'epoca accattato pur esso l'anno avanti al mercatino della roba usata in conto vendita, ma questa è un'altra storia.
Solo Suster non aveva, nell'afoso pomeriggio domenicale, beneficiato di tale piacevole elettrodomestico, ma era rimasta a languire in terrazza aspettando che il caldo scemasse, gocciolando ostinatamente sudore sulle pagine della sua narrativa del momento, perchè "tanto tra poco si svegliano, non vale la pena che mi metto a dormire anch'io".
E invece fino alle sei, stecchiti entrambi.
Quindi si arriva in spiaggia che saran già state le sette suonate, eppure il sole era alto ancora, e picchiava. Quindi padre e figlia si immergono nell'acqua torbida e prendono a giocare amenamente insieme, mentre la mamma sulla spiaggia, impugnato il setaccio in plastica verde del set da sabbia acquistato per la pupa, si mette alacremente a ripulire il loro circoscritto angolo di spiaggia dallo sterminato numero di cicche di sigarette gentilmente lasciate lì dai visitatori precedenti, ché arrivando a quell'ora tarda, cosa pretendi, di trovare pure pulito? Ovvio che no: la spiaggia è un brulicare di fazzoletti sventolanti semi-insabbiati, che non oso pensare quali arcani terribili celassero al loro interno, torsoli di mela anneriti, pacchetti di sigarette vacanti, lattine vuote accuratamente schiacciate, ciabatte consunte abbandonate ingratamente e pezzi di palette rotti, che pareva un emporio.
Quasi a sberleffo della sorte Suster durante questo suo esercizio liberatorio della superficie gattonabile, viene accostata da vicino di asciugamano che la apostrofa chiedendole se per favore ha da accendere; incerta se non si trattasse di uno sberleffo al suo affannoso setacciare, ha poi concesso con riluttanza la fiamma del proprio accendino, o meglio, dell'accendino di Hasuna, allo sconosciuto, perché potesse col suo contributo incrementare il numero di mozziconi presenti in spiaggia.
Ma comunque, mentre era così assorta in questa meritevole attività da greenpeacer, si accorge di esser chiamata dal proprio compagno, che trovasi ancora a mollo con la piccola. Si accosta al bagnasciuga e... cosa vedono i suoi occhi sconvolti! Una cacca umana, cullata dallo sciabordio delle onde, rotola su e giù per la battigia, con movimento agile e aggraziato, suscitando il suo immediato moto di repulsione.
- Brendilo con quel coso che avevi in manooo!
Le urla intanto il beduino sempre tra i flutti.
Ah, la pupa ha rilasciato, pensa lei, e si accinge all'oneroso compito della madre devota, raccattando l'escremento con estrema cura servendosi del suddetto setaccio.
Però uno scrupolo le viene di accertarsi della real provenienza dell'oggetto.
- Hasunaaa! E'... della pupaaa?
Chiede circospetta alzando la voce quel che basta perché la senta lui, ma non i vicini di acsiugamano che potrebbero disapprovare la defecazione della bambina in mare.
Ma quale non è il suo sgomento quando si sente rispondere dall'altro lato:
- Noooo!
Coosa? E perchè dovrei togliere la cacca di un perfetto sconosciuto?
- E di chi è alloraaa?
- Boooo!
Ok, la cacca era già nel setaccio. Bisognava solo attraversare duecento metri di spiaggia per riporla nell'apposito cassonetto.
Ma perché dovevo farlo io?
Mentre così mi barcamenavo tra il mio dovere di perfetta spiaggista e il forte impulso di liberarmi al più presto di quel corpo a me estraneo, mi sono ricordata una frase detta da mio padre molti anni addietro.
O per la precisione: lui l'aveva scritta, in risposta ad un botta e risposta a suon di messaggi in bacheca nel vecchio condominio dove abitavamo. Qualche giorno fa commentando in un post di un'altra blogger avevo menzionato quel telegrafico scambio di battute, e quindi mi tornava in mente facilmente ora.
Andò così.
"Il proprietario del cane che ha sporcato il tappeto dell'ingresso, è pregato di pulire".
Questo il primo messaggio della catena condominiale. Lo ricordo bene perchè l'episodio entrò poi a far parte della leggenda della nostra famiglia.
Il secondo l'ho approssimativamente ricostruito così:
"Vista l'allusione mi sento dovere di rispondere che il mio cane non ha lasciato escrementi all'interno del condominio".
A questo punto si inserisce la frase celebre di lui:
"Si fa prima a pulire una cacca che a indagare su chi l'abbia fatta".
E lui, da gran signore, la cacca condominiale quella volta, l'aveva pulita, anche perchè mi par di ricordare che eravamo in parte responsabili della sua esistenza, proveniendo essa da un gatto del quartiere che era solito frequentare il palazzo perché ammiratore indefesso della nostra gatta, e noi bambini incoraggiavamo quelle visite con aggiunte alimentari.
Comunque, tornando a me sulla spiaggia, alle prese con quell'escremento umano di ignota origine, che il mare aveva portato fino a me perché gli assegnassi dimora più degna, il cammino dal bagnasciuga al cassonetto mi sembrò ben più lungo e accidentato di quanto in realtà non fosse, appesantita dello scomodo fardello a così pochi, fastidiosamente pochi, centimetri dall'estremità di uno dei miei arti superiori.
Eppure pensai a quanto più tempo ci avrei senz'altro messo se, invece, mi fossi fermata a indagare su chi fosse stato il suo proprietario, per poterlo poi condannare alla giusta pena di togliere di mezzo il corpo del reato.
Questa di mio padre è una delle citazioni che preferisco, però finora non avevo mai pensato alla possibilità di poterla riutilizzare così a proposito.
Mi viene quindi da formulare una nuova incrollabile verità:
Nella vita, di cacche da pulir,e ce ne saranno sempre, e non importa di chi siano.
Questa però è mia, e se ve la rivendete, vi prego di citarmi.

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