Da Poletti al Pdl tutti a tavola col capo clan - Una foto racconta il potere di "Mafia Capitale"

Creato il 03 dicembre 2014 da Tafanus

Nel 2010 il braccio destro di Massimo Carminati, Salvatore Buzzi organizzò una cena per ringraziare "I politici che ci sono a fianco". Da Rebibbia al Palazzo, l'incredibile carriera di un ex detenuto modello divenuto il dominus di una cooperativa da sessanta milioni (Fonte: Emiliano Fittipaldi - l'Espresso)
C'è una foto che racconta alla perfezione la parabola di Salvatore Buzzi, secondo la procura di Roma capo della nuova Mafia capitolina insieme all'ex fascista Massimo Carminati. Lo scatto risale al 2010, e immortala una cena in un centro di accoglienza organizzata da Buzzi e la sua cooperativa, "29 giugno".


A destra Gianni Alemanno di spalle. Di fronte Poletti e Panzironi. In fondo i Marrone e Ozzimo

Attorno al tavolo ci sono tutti quelli che a Roma contavano qualcosa. Politici di destra e sinistra, assessori e esponenti del clan dei Casamonica, tutti insieme appassionatamente. Buzzi, detenuto negli anni '70 e '80 per omicidio, poteva dirsi più che soddisfatto: era riuscito infatti a far sedere fianco a fianco l'allora sindaco Gianni Alemanno (oggi indagato con Buzzi per associazione mafiosa), l'ex capo dell'Ama Franco Panzironi (arrestato con Buzzi), un esponente del clan dei Casamonica in semilibertà, l'attuale assessore alla Casa Daniele Ozzimo (al tempo consigliere Pd e pure lui indagato oggi dai magistrati: si è dimesso ), il portavoce dell'ex sindaco Alemanno Sveva Belviso e il potente parlamentare del Pd Umberto Marroni, seduto, sorridente, vicino a Panzironi.
Marroni (accompagnato dal padre Angiolo, al tempo garante dei detenuti della Regione Lazio) era capogruppo del Partito democratico in Consiglio comunale, sulla carta il capo dell'opposizione ad Alemanno. Oggi è onorevole, e siede alla Camera. «Per due anni - raccontò Buzzi - insieme ad altre nove cooperative abbiamo lottato contro Alemanno che voleva tagliarci i fondi. Abbiamo organizzato sette manifestazioni in Campidoglio. Alla fine abbiamo raggiunto un accordo e perciò c'è stata quella cena. Invitammo i politici che ci erano stati a fianco, per questo c'erano anche esponenti del Pd».
Nella cena bipartisan Buzzi era riuscito a infilare anche Giuliano Poletti (nella fotina con Furlan), attuale ministro del Lavoro e allora gran capo della Lega Coop. Poletti e Buzzi si conoscono bene: il ministro (non indagato e non coinvolto nell'inchiesta) è stato invitato dal braccio destro di Carminati anche all'assemblea della cooperativa 29 giugno per l'approvazione del bilancio 2013. Tanto che, per festeggiare l'arrivo di Giuliano al dicastero del Lavoro, lo scorso maggio Buzzi ha dedicato la copertina del magazine dell'associazione proprio all'ignaro Poletti. Numero del magazine sul quale troviamo le firma di Angiolo Morroni e interviste di Ozzimo e Giovanni Fiscon, dirigente dell'Ama anche lui finito in manette.
Buzzi è uno che ci sa fare. La sua carriera ha dell'incredibile. Arrestato per omicidio, condannato a trent'anni, nel 1980 decide di mettersi a studiare e di laurearsi. Tre anni più tardi, risulta a "L'Espresso" riesce a diventare dottore in Lettere Moderne, con una tesi sull'attività giornalistica dell'economista Pareto. Un lavoro eccellente: Buzzi prende 110 e lode, è il primo a laurearsi all'interno delle mura di Rebibbia.
Un anno dopo, sempre in carcere, si fa notare prendendo la parola in un convegno su "Misure alternative alla detenzione e ruolo della comunità esterna". La sua relazione chiede che la riforma carceraria venga applicata rapidamente, in modo da garantire ai carcerati misure alternative alla detenzione. Anche stavolta, applausi a scena aperta, tanto che Stefano Rodotà, allora deputato della sinistra indipendente, secondo l'Ansa dichiara che «la relazione svolta dal detenuto Buzzi rappresenta un documento concreto e di grandissimo interesse per cui d'ora in poi per le istituzioni non ci sono più alibi». Un detenuto modello, insomma.
Buzzi due anni dopo corona il suo sogno, ed esce dalla cella. Fonda con altri soci la cooperativa «Rebibbia 29 giugno» e comincia a rifarsi una vita. Partecipa nel 1986 a un convegno sugli anni di piombo a Roma a cui partecipano ex terroristi dissociati che hanno aperto cooperative, e racconta di aver ottenuto - con la sua - alcuni lavori di ristrutturazione sulla Tiberina, persino quelli per la ristrutturazione di una caserma dei carabinieri. «Se non ci saranno altri lavori» spiega dal palco «tutto finirà. Cosa aspetta il comune di Roma a dare una destinazione ai 500 milioni di lire che la Regione Lazio ha attribuito ad ogni comune sede di istituzioni carcerarie?».
Non sappiamo quando Buzzi decide si tornare al crimine, né quando conosce Carminati e e i sodali con cui costuira l'associazione mafiosa che - ha spiegato Giuseppe Pignatone - da lustri domina Roma attraverso tangenti, intimidazioni, usura, riciclaggio e corruzione. Sappiamo che di soldi, alla sua cooperativa, ne arriveranno a bizzeffe. Grazie, soprattutto, agli accordi con la politica: spulciando il bilancio 2013, si scopre che i ricavi della galassia presieduta da Buzzi hanno sfiorato i 59 milioni di euro, mentre il patrimonio di gruppo ha superato i 16,4 milioni. Possibile che la politica, in tutti questi anni, non si sia mai accorta che l'ex detenuto modello era tornato dalla parte dei cattivi?
Emiliano Fittipaldi

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