Pare che la parola “postmoderno” stia passando di moda. Anni fa, invece, era sulla bocca di tutti, anche se non tutti sarebbero stati in grado di dire bene a cosa si riferisse. Come nel caso di altre espressioni dal significato apparentemente ben delineato (per esempio “romantico”), in essa si mescolavano alcuni oggetti particolari – manufatti artistici, edifici, libri – e l’intero spirito del tempo.
Intanto, chi volesse diradare un po’ la nebbia che circonda questa parola ha – fino al 3 giugno – la possibilità di visitare una bella mostra al Mart di Rovereto. Ma ancora più stimolante potrebbe risultare la partecipazione all’incontro di oggi pomeriggio* (alle ore 17.30, sempre al Mart) col filosofo Maurizio Ferraris, il quale – grazie a un fittissimo e torrenziale percorso di pubblicazioni – ha tracciato un vero e proprio arco di contributi che vanno da un’iniziale adesione alle posizioni dei postmoderni (in primis Jacques Derrida) a una loro radicale messa in questione teoretica (il suo ultimo libro, intitolato “Manifesto del nuovo realismo” e pubblicato per i tipi di Laterza, può essere anche inteso come un pamphlet anti-postmodernista).
Questa polemica, che uno sguardo superficiale attribuirebbe soltanto al più stretto dibattito filosofico, è peraltro molto utile a delineare un passaggio di sensibilità riscontrabile anche sul piano della politica. Se infatti il postmoderno aveva favorito una concezione della società per così dire liquefatta, senza punti d’appoggio precostituiti o comunque tenuti a ironica distanza, col ritorno di una prospettiva realista si cerca di porre un limite alla possibile deriva prodotta da un troppo libero gioco delle interpretazioni (“non esistono fatti, ma solo interpretazioni” è la frase di Nietzsche spesso citata dai postmoderni). Se per i postmoderni tutto, persino la verità, non era che l’occasione per incrementare il dissolvimento dubbioso di ogni elemento oggettivo, il nuovo realismo postula isole di “resistenza” contro le quali le parole s’infrangono e la verità (considerata dai postmoderni alla stregua di una favola) torna ad essere accertabile al di là di ogni ironico dubbio.
Vi sembrano riflessioni strampalate? Allora provate ad immaginarvi un imprenditore convertitosi alla politica, facciamo un ex premier, che vada in televisione e annunci tutto sorridente l’abolizione dell’Ici. E poi immaginatevi un professore, anche lui premier, che reintroduca con un altro nome la tassa abolita dicendo che l’azione del predecessore era stata fatta senza valutarne appieno le conseguenze. Ecco, è un po’ come passare dal postmoderno al nuovo realismo.
Corriere dell’Alto Adige, 4 maggio 2012
* Ieri pomeriggio: il tempo passa.