La memoria è importante, è questo soprattutto il messaggio della nuova trasmissione del duo Fazio-Saviano.Ieri sera su
La7 c'era tutto quello che la Rai (e Mediaset) hanno
eliminato dalle loro produzioni (per sostituirlo con Belen, tronisti, politicastri e servitori):
cultura,
intelligenza,
libertà.Che poi, la politica di centrodestra (con la compiaciuta benevolenza anche di pezzi del centrosinistra), in questi ultimi lustri hanno seppellito sotto il termine (cosa quantomai bizzarra e comica) di "
comunismo".Eppure siamo cresciuti consapevoli che il "comunismo" (inteso alla russa)
era tutt'altro che libertà, intelligenza e cultura.Miracoli del marketing e della stupidità.Saviano, che ovviamente se l'è legata al dito (giustamente) ci ha ricordato in inizio di trasmissione chi è davvero
Roberto Maroni, la vergine vestale ammantata di purezza che oggi prende in mano la Lega per rilanciarne l'immagine di innocenza. Maroni è il ministro dell'interno che
un anno fa pretese (e lo ottenne da una Rai asservita) di contestare la lettura di alcune inchieste giudiziarie che Saviano aveva fatto in corso di trasmissione. Ovvero che le mafie "interloquivano" con esponenti leghisti al nord. Elencando le inchieste (delle forze dell'ordine coordinate dallo stesso ministro!) che coinvolgevano mafiosi e leghisti.Passa un anno e la Lega è travolta dagli
scandali, il tesoriere (e non solo) è indagato da varie procure per i legami con le famiglie mafiose. Perchè
i soldi della Lega fanno affari con i soldi che puzzano di sangue. Aspettiamo le sentenze, ma è anche per questi motivi che Belsito non è più tesoriere.Ma
Maroni resta un arrogante, un misero ministro che non riconosce il valore delle indagini delle forze da lui coordinate, oppure che mette l'asservimento alla ragione del partito davanti a quella di tutti gli italiani.
Quello che non ho (ovvero quello che non ha più la televisione, da fabbrica culturale a fabbrica di spazzatura) scorre via incrociando alcune eccellenze (culturali) italiane:
Pupi Avati,
Raphael Gualazzi,
Ermanno Rea,
Erri De Luca,
Pierfrancesco Favino,
Paolo Rossi ecc.Il tutto trasmesso da un posto simbolico come le ex
Officine Grandi Riparazioni di Torino, archeologia industriale magistralmente recuperate, oggetto di una magnifica battuta dell'immancabile
Littizzetto: "
una fabbrica senza operai? Se lo sapesse Marchionne sarebbe pazzo di gioia!".In questo paese c'è qualcosa di
profondamente sbagliato, e forse la crisi da noi è così dura anche per questa strana
peculiarità, ovvero il rapporto di una parte del paese nei confronti della "cultura": quasi sempre bollata come
di sinistra (pur essendo quasi sempre in conflitto con quelli che dovrebbero essere i partiti di riferimento), l'incapacità speculare della destra di avere esponenti di "cultura" (Ferrara, Veneziani e Buttafuoco... dall'altra parte tutti gli altri, da Muti a Piano, dalla Montalcini a Salvatores, da Camilleri a Fo). Perchè in fondo è esattamente così: l'attuale destra (PDL e Lega) è stata costruita intorno ad
un modello di ignoranza istituzionale, tv di massa vespizzata e grandefratellizzata, pensiero semplificato e massificato, il rifiuto di qualsiasi idea complessa. E chiunque non si adeguasse a questa specie di
grande fratello fangoso ascritto, sua malgrado, nella falange nemica. "
Comunista". Anche se i più indignati nei confronti dei politici del PD sono proprio gli esponenti dell'
intelligencija.La risposta di quelli che potremmo dire di "destra" alla trasmissione?Che ciò che si è visto è
noioso (per chi è abituato a vedere le
farfalle di Belen è noioso il racconto del maestro di strada Cesare Moreno, emozionatissimo nel raccontare un aneddoto sugli scunizzi) ed è
retorico (magari Pupi Avati ed il suo rapporto con la parola "sempre").
Voglio ricordare anch'io una parola, anzi alcune parole, quelle del "ministro" Tremonti quando disse "la gente non mangia cultura". Questo rappresenta benissimo la misura del nostro paese nel mondo negli ultimi 20 anni, contribuisce a spiegare la nostra crisi (non solo economica) e ci dice perchè in giro si veda così poca speranza. La "cultura" dà forza, consapevolezza nei propri mezzi. La "cultura" è anche "speranza" e dà la forza per provarci. La cultura serve soprattutto quando c'è poco da mangiare.Sicuramente quando Tremonti parlava di cultura, intendeva un altro sistema di "mangiare".