E’ bastata una fabbrica abbandonata di pennelli, l’idea facile facile di acquistarla, dato che il prezzo era basso (s’è mai sentito che vanno a ruba le ex fabbriche di pennelli?), e trasformarla in sede di gallerie d’arte, laboratori, spazi comuni che si snodano su quattro piani ciascuno di 500 metri quadrati. Attorno c’è l’area industriale: stabilimenti, aziende, fabbriche. Non saranno le aziende venete che hanno scelto anni fa la Romani (ottava provincia del Veneto, com’è stata chiamata Timisoara), ma l’italico amministratore meriterebbe una graziosa visita, perché l’occasione è straordinaria. E nemmeno unica. Già s’è accennato qualche articolo fa di altri quartieri sorti in grandi città (il 798 di Pechino, la lotta dei Lavoratori dell’Arte di Milano ecc.) ma questo piccolo miracolo è sorto in un Paese da dove molte persone sono emigrate. Ora Cluj-Napoca è in corsa con altre tre città per diventare capitale europea dei giovani nel 2015: Ivanovo (Russia), Varna (Bulgaria) e Vilnius (Lituania). Lecce è stata eliminata. Perché queste cose sono impossibili a Cremona? Non è una storia di mecenatismo né di grandi spese. Ci sono voluti pochi soldi, e gli artisti lavorano di giorno e di sera si aprono alle folate dell’ispirazione.
“This ist my body, come into in my mind”
La responsabile culturale Rarita Zbranca racconta la storia della Fabbrica dei pennelli (il sito è www.fabricadepensule.ro) al giornale Romània Libera
Dal punto di vista finanziario (il prezzo dell’ex fabbrica, ndr.) era imbattibile: soltanto due euro al metro quadrato. Dopo vari mesi di incertezze, aggiunge, “ho fondato un’associazione che si chiama “La fabbrica dei pennelli”. Oggi questo progetto annovera 46 enti, tra i quali nove collettivi, cinque gallerie e 32 artisti.
In ogni caso, non si deve pensare che sia nato un movimento: gli artisti hanno trovato un tetto da condividere, ma ognuno mantiene la propria visione dell’arte. A rotazione si susseguono spettacoli di teatro e danza, e in altri giorni mostre di pittura o di scultura, ma anche proiezioni di film.
“Noi garantiamo la promozione di queste attività. Qui si è instaurato un rapporto costante con il pubblico: questo posto è diventato un luogo di pellegrinaggio dell’arte contemporanea”, aggiunge Rariţa Zbranca. Il frutto di questa visione condivisa si è visto chiaramente tra il 2009 e il 2011, il periodo nel quale la fabbrica della cultura ha ospitato 40 spettacoli, 50 mostre, 30 laboratori, 10 festival e 15 conferenze.
Al di là dell’atmosfera di festa, rimane il bisogno di sostegno finanziario. “I romeni non conoscono la cultura del mecenatismo”, sottolinea la responsabile culturale. Neanche gli sponsor abbondano. Un artista deve avere un proprio spazio creativo, ma deve anche pagarne l’affitto e acquistare il materiale che gli serve. Non vive della propria arte, e quindi deve accettare di svolgere anche dei lavori umili.