Colpisce la crudeltà degli aguzzini, che altrove sembrano costretti a intervenire, mentre qui agiscono con sorprendente accanimento. Le radiografie, rivelando la presenza di un volto, conducono a ipotesi inquietanti: si è pensato al committente, che avrebbe chiesto di essere ritratto in uno dei carnefici. Pare, tuttavia, che la posizione sia troppo bassa rispetto al flagellato, per cui si trattava, più probabilmente, di un disegno precedente. La luce abbagliante approfondisce il dramma, un dolore che proprompe dall’ombra fitta come un pugno nello stomaco. Eppure, persino questa tela ha scatenato le polemiche dei benpensanti, che criticarono il modello fisico utilizzato per Gesù, il gioco violento d’ombra e luce, la vistosità dei nudi. Del resto, Caravaggio è un gran misto di grano e di crusca, non si applica continuamente allo studio; ma quando ha lavorato un paio di settimane se ne va a spasso un mese o due con la spada al fianco e un servo di dietro; passa da un gioco di palla all’altro ed è sempre pronto ad azzuffarsi, a far risse e duelli: come poteva cavarsela di fronte a un pubblico blasonato e aristocratico?