Carlo GASPERINO (Albertville, 11 dicembre 1913 – Parigi, 15 agosto 2000). Francese solo per nascita e per morte, Gasperino è vissuto in Italia, a Genova, ma ha abitato per brevi periodi a Parigi, e a Cagliari, Milano e Roma, mutevoli sedi di lavoro del padre. Figlio di Antonio Gasperino, marchigiano di Porto San Giorgio, ferroviere, e di Maria Conti Passini, casalinga toscana, istruita e dai nobili ascendenti, ha pubblicamente coltivato la passione per il canto e per la scultura oltre quella, segreta, per la poesia. Dall’aprile del 1937 al giugno del 1941 è corista, con voce di basso, nel Chorus Felix di Genova, per poi dedicarsi, finita la guerra, all’amata e impegnativa arte della scultura policroma con lavori in legno, giada e marmo rosa. Notato e valorizzato da Federico Seri attorno al 1970, Carlo Gasperino riuscirà pian piano ad affermarsi e a vivere dignitosamente dai proventi artistici fino alla morte, che lo coglierà a Parigi nel 2000, durante una breve vacanza con la moglie Piera Busetti. Ma il più grande evento da registrare in relazione all’arte del nostro è la straordinaria scoperta delle sue poesie nel 2010, a dieci anni dalla morte. Sono 76 le poesie rinvenute in un bauletto di effetti personali nel dicembre di quell’anno, bauletto che a sua volta è stato ritrovato nella palazzo fiorentino della famiglia materna. Di questa sua passione non c’è traccia né ‘sospetto’ tra i familiari e gli amici, forse era celata alla stessa moglie, deceduta nel 2009. Come per Kavafis, anche per Gasperino non è il numero dei testi che conta ma la loro intrinseca, costante e irraggiungibile qualità letteraria. Si tratta di 74 poesie e 2 traduzioni (da Yeats, The Mother of God, e da Eliot, Morning at the window). Le 76 poesie sono state pubblicate in esclusiva nel 2011 da Einaudi, per le cure di Alessandro File: “Cerimonia del nulla”, con ampia introduzione del curatore. E qui scopriamo che Gasperino, nel dicembre 1938, aveva inviato qualche verso, addirittura, a Benedetto Croce e che questi, in una pronta risposta del 3 gennaio 1939, affermava: ‘Stavo per dirvi: “insistete, Signor Gasperino!” quando m’accorgo che quanto c’è da cercare Voi già l’avete trovato!’; e tra la corrispondenza privata è stata rinvenuta anche una breve lettera di Francesco Flora del 1960, evidentemente anch’egli messo a parte di qualche verso dal nostro autore (‘Gentile poeta, sappia che erano anni che non m’infervoravo per la poesia d’un vivente…’). Sono stati forse questi incoraggiamenti, rimasti peraltro segreti in vita, a deciderlo definitivamente per la poesia. Bisogna dire che la miglior critica si è subito occupata di questa raccolta, destinata, salvo ulteriori scoperte, a rimanere l’unica di Carlo Gasperino. Oltre ad Alessandro File, hanno scritto sulla sua poesia: Alfredo Cioni, Silvia Sama, Daniela Spinelli, Josef Corteanu, Davide De Francisci, Francesco Lori, Jean Urtis, Kevin Lowell. Per la poesia di Gasperino si è parlato di ‘manutenzione della metafisica’ (Cioni), di ‘realismo visionario’ (Sama), di ‘figurata pensosità’ (Lori), a dimostrazione della sua densità e del suo ampio spettro estetico. Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo un testo della raccolta, annoverato tra i più felici.
Piazza Stazione
Magnificente sull’archivolto estremo
il suo orologio segna strane ore
approssimate al tempo, ch’è mistero.
Se chiudi gli occhi vedi le carrozze
ferme nel sole coi cavalli chini
i taxi neri, le palme e quei bambini
dentro una luce che non ha confine.
Ma se li apri la piazza ti tradisce
deserta solo come i giorni tristi
- i rari arrivi ed i ricordi vinti
inducono al sonno che finisce.
(Parigi, 2000)