Arnold De Vos
E’ una posizione poetica privilegiata quella dell’ultima raccolta di poesie del poeta olandese Arnold De Vos, Argilla e Peccato, vincitrice del premio Fortini 2012, e la sua pratica d’arte è già tutta presente nell’autoritratto che apre il libro: “Non galleggiano leggeri i miei pensieri
mi lascio agire linguisticamente
dalla forza dell’immagine che mi procuri
sesso nesso
fra tempo, spazio, nulla e eterno”.
De Vos si lascia agire nella parola, del resto è un filologo. Non rivoluziona perché la composizione dei versi ha la quiete del nulla e dell’eterno, è già uscita fuori da quel caos confuso che Cartesio attribuiva ai poeti. La dimensione estetica è prepotentemente lirica, nell’ordine dello scorrere della vita dell’uomo poeta, che esprime interrogativi e affermativi (con gusto, lascia versi paremiografici). Lo spazio d’indagine è prepotentemente lirico, nell’ordine dello scorrere della vita dell’uomo poeta, che riflette e descrive le nature che osserva e che gli appartengono come luoghi zingari da domare. Una necessità di conquista, vista da un nativo di paesi dove una collinetta assurge a montagna, così il poeta procede verso il profondo delle sue verità, fra eros conquistato e pene compagne d’amore, ed è girovago d’emozioni e di luoghi.
Ishràq
Sette linee madornali
spiritualizzano il tuo viso:
ciglia, sopracciglia
e la linea dell’attacco dei capelli.
La barba perfezionerà
il sole di questa bellezza
che mi provoca l’estasi,
Corano parlante, baciato
dal silenzio di Dante.
L’Argilla, di cui forse è stato fatto il primo uomo nella Genesi si modella anche di Fede, che è un tema ben presente nella raccolta
Cerco di avvicinarmi al disegno originale,
l’argilla senza peccato del primo uomo
e la sua supposta innocenza dello
sguardo che coglie
la bellezza di Dio, se l’ha vista…
E d’argilla sono sicuramente i mattoni che fungono da scale per arrivare alle vette. Vette come parole. Le parole di un filologo non si trovano mai a corto di sorprese, di rimandi, di citazioni, sono caleideoscopiche, una barricata rossa che mette a riparo da ogni conformismo nella versificazione
Della palta ti è rimasta
la foglia d’acqua graziosamente
dispiegata sul ventre,
bioccolo acquoreo
fuori dal suo elemento.
Si sbanda nei versi del poeta olandese, la silloge è investita di linee curve e rettilinei, dove non c’è resa agli stati d’animo espressi, messi in versi in spazi discontinui malgrado la costanza delle indagini.
Il Peccato, è una materia d’indagine nel corpo d’Eros che non viene al mondo per essere risolto ma solo vissuto.
Aporia dell’amplesso:
è sesso, non è sesso,
è fisico, è metafisico,
è religione della carne,
carne della religione
che ci fa vivere, anzi morire.
Altre disamine in versi portano l’identificazione di temi continui, l’Antico è ben presente ad esempio (A Poros, Cariti, Testa di Apollo), come la locazione delle dimore abitate nel tempo; le montagne o la città eterna sono un altro vissuto osservato dai versi. Strofe apparentemente serene, ma non da fidarsi troppo: un verso interrompe l’euritmia e si sobbalza. E’ la trasformazione verso l’inquietudine, a cui tende il poeta: ci invita a non consumare l’esperienza delle cose e dei pensieri, ma a sospenderla nello spazio (di un rigo, di una pagina) per ritrovarla mutata in seguito, pronta a scattare nuovamente nel guizzo del verso, solo apparentemente pacifico.
ARGILLA E PECCATO
Il tuo corpo [...] argilla e peccato
Come il nostro primo giorno sulla terra
(Odisseas Elitis, L’età del glauco ricordo)
La perfetta bellezza che presenti
consente l’accordatura del mio strumento
dalle corde allentate dall’età: la voce
cenerentola dello scrittore.
Cerco di avvicinarmi al disegno originale,
l’argilla senza peccato del primo uomo
e la sua supposta innocenza dello sguardo
che coglie la bellezza di Dio, se l’ha vista:
se non gli sia sembrato un suo eguale.
Ma che disparità di figure,
l’uno creatore dell’universo, l’altro il sosia.
Che però cresceva Eva nel petto.
Se io ti guardo, mi cresce dentro
la poesia che l’occhio coglie
ma che necessita della voce per essere scritta,
alla quale a dare il la all’imboccatura,
creatura mozzafiato fatta della pasta di Adamo
con la tattilità di Dio, sei tu.
PREFIGURAZIONE
Manca all’amplesso tra uomini
il rossetto, sostituito dal rosa
di corpi in fiore con tra le labbra
il monumento eretto dal prediletto.
SPLEEN
La rosa sfumata
nega la testa. Nel vaso del mattino
volano le sue spine, umbratile
occhio d’albino.
La raccolta Argilla e Peccato è pubblicata nella collana I Fortini della casa editrice CFR.
La poesia che segue, è invece un inedito di Arnold De Vos per i lettori di WSF.
Ai piedi delle crode
a Antonia Pozzi
Sono nevai
le vampe che corrono lungo i ghiacciai del corpo
per riversarsi nelle gambe,
dove sgambettano ancora un po’
prima di covare nel cocito
gelato sotto le coperte sudate:
sangue freddo, raggelato
sul piede di morte.
Filed under: Dinamiche, poesia, scritture Tagged: Arnold De Vos, Dagherrotopia, poesia, scritture, WSF