Lezioni condivise 58 – … le armi e fortuna di altri
Rifletto su quanto sia mero esercizio letterario, e solo in parte storico, trattare oggi di Machiavelli, almeno per chi ha il senso dello scorrere tempo e conoscenza del divenire dello spazio, conseguentemente dell’evolversi del pensiero e dell’incidenza della natura, tuttavia molti politici, analogamente a studentelli formati sui Bignami o peggio sui sommari, per cui somari, pensano di diventare grandi statisti applicando il Principe, allo stesso modo in cui utilizzerebbero le istruzioni per montare uno scaffale o le avvertenze di dosaggio di un medicinale. Non si spiega altrimenti la mediocrità con cui sono governati oggi gli stati, anche a volersi porre sul piano del capitalismo, o addirittura di regimi autoritari meno sofisticati: su tontimi si segat a fittas!
Lo stato italiano in questo primeggia, in soli 150 anni di vita si è concesso già due ventenni niente male. Esisterà qualche studio sociologico e/o psicologico sulla inclinazione degli italiani a darsi periodicamente la zappa sui piedi, ad essere autolesionisti? Le domande si sprecherebbero, ma certo non è chiaro, ad esempio, se mister berluscon sia epigono delle sue televisioni o se viceversa il livello di esse sia da ricondurre a lui. Non è neppure chiaro in quali testi abbia studiato da statista per essere così straordinariamente scarso, ma certamente è un primato il fatto che anche chi gli confeziona i discorsi sia quasi alla sua “altezza”.
Insomma, è così… L’unico modo per spazzar via questi ladruncoli di stato probabilmente è una rivoluzione, ma non è chiaro se e quando ci sarà, per il momento sono più motivati loro, continuano nel loro intento di mantenere le loro ricchezze sottratte alla società, mentre i poveracci continuano a gridare nel deserto.
Non ho riflettuto abbastanza su una casistica del De Principatibus in cui inserire l’attuale premier, ma è già abbastanza tronfio di suo, né merita un tale spasso. Mi occupo invece di Cesare Borgia, uno dei sette figli di papa Alessandro VI, la cui più nota è Lucrezia. Machiavelli lo classifica tra chi ha conquistato lo stato con le armi e fortuna di altri, e ne ha un’ammirazione esagerata, stanti evidenti ragioni oggettive e la sua ferocia (che però, pur trovando poco riscontro nella vita del fiorentino, sembra gli fosse congeniale).
Secondo il nostro, coloro che ottengono il potere con la sola fortuna, non fanno fatica ad averlo, ma tanta a mantenerlo. Essi diventano principi con il danaro o per il volere di altri e saranno sempre in balia di chi ha dato loro il potere, dunque per mantenerlo dovranno possedere proprie virtù.
Francesco Sforza fu un principe dotato di grande virtù, divenne duca di Milano con molta fatica, ma poi tenne il potere con altrettanta facilità; Cesare Borgia (il Valentino) invece, ottenne lo stato dalla fortuna del padre e quando il padre perse la fortuna, perdette lo stato, nonostante lo avesse retto con virtù.
Rodrigo Borgia, dal cognome profetico, non trovò altri principati per il figlio se non territori della chiesa, gli equilibri erano tali che mosse sbagliate avrebbero potuto rivelarsi dei boomerang. Tentò di disordinare gli stati che gli impedivano di fare grande Cesare e in qualche modo cercò di approfittare della discesa di Carlo VIII di Francia del 1494, ma questi impedì al Valentino l’occupazione della Toscana… Da ciò, secondo Machiavelli, questi trasse l’insegnamento di non dover più servirsi delle armi e della fortuna altrui, ma in realtà la sua azione successiva non fece che costruire la sua fine, visto che si tenne i nemici e si fece tali anche i supposti amici, con una serie di voltafaccia e crudeltà.
Secondo Machiavelli il Valentino fallì perché le sue nuove conquiste nell’Italia centrale non erano ancora consolidate quando il padre morì e per di più anche lui era malato.
“Ma, se nella morte di Alessandro fussi stato sano, ogni cosa li era facile. E lui mi disse, ne’ dí che fu creato Iulio II, che aveva pensato a ciò che potessi nascere, morendo el padre, et a tutto aveva trovato remedio, eccetto che non pensò mai, in su la sua morte, di stare ancora lui per morire.”
Per essere un buon esempio quello del Borgia, nella sua proposta immorale (anche se allora in quegli ambienti, come suol dirsi, il più sano aveva la rogna), sembra alquanto paradossale e quasi iettatorio nei confronti dei Medici. E ancor più lo è perché alla fine lo accusa di non essere stato abbastanza crudele da eliminare Giuliano della Rovere (Giulio II), suo nemico, prima che diventasse papa, invece di credere di esserselo fatto “amico”.
“E chi crede che ne’ personaggi grandi è benefizii nuovi faccino dimenticare le iniurie vecchie, s’inganna. Errò, adunque, el duca in questa elezione; e fu cagione dell’ultima ruina sua.”
Bell’esempio da seguire!!! Per questo dico: o il segretario fiorentino era del tutto rincoglionito o la sua era una sottilissima provocazione.
(Letteratura italiana – 10.5.1996) MP
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