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Dai porcellum nascono capre (e cavoli amari)

Creato il 01 dicembre 2012 da Albertocapece

IsidoriLicia Satirico per il Simplicissimus

Eraldo Isidori era un elettrauto in pensione della provincia di Macerata: dal 2010 è un parlamentare della Lega Nord, ripescato – e mai rigettato in mare – dopo le dimissioni di un altro leghista. L’impavido Eraldo, dopo due anni di understatement, ha esordito sulla scena pubblica con un intervento alla Camera lo scorso 29 novembre. La scena, che sta facendo furore sui social network, è degna di un film di Totò. Il presidente di turno Rocco Buttiglione concede a Isidori la facoltà di parlare. Lo sventurato risponde, agitando se stesso e un foglio di carta contenente le seguenti parole: «Il carcere è un penitenziario, non è un villaggio di vacanza. Si deve scontare la sua pena prescritta, che gli aspetta. Lo sapeva prima fare il reato. Io ritengo come Lega di non uscire prima della sua pena erogata, grazie». Isidori ha il pregio di non vantare lauree albanesi in business administration, ma non per questo le sue considerazioni supercazzolari sulla certezza della pena, del tutto coerenti con la logica leghista, consolerebbero Cesare Beccaria.

In realtà Isidori non fa ridere: è l’emblema linguisticamente grandguignolesco di cosa sia il porcellum, il sistema elettorale che ha stravolto forme e mezzi della nostra democrazia rappresentativa. Le Camere, affollate di parlamentari designati dalle segreterie di partito con particolare attenzione a eccentrici, soubrette e inquisiti, sono diventate il golem dell’esecutivo. Adesso si trascinano penosamente fino alla fine della legislatura, alla (vana?) ricerca di una nuova legge elettorale che ci consenta di abbandonare la designazione suina.

La questione è serissima e sta passando, ancora una volta, sotto gamba. Siamo distratti da altro tipo di elezioni, da altre minacce di brogli, da altro scenario e persino dagli spot sulle supposte effervescenti negli intervalli dei confronti televisivi tra i potenziali candidati premier. L’intesa sulla riforma, sino a ieri, pareva vicina: mercoledì 5 dicembre sarebbe dovuto giungere in Senato l’ennesimo lodo Calderoli, su cui si concentrerebbero i consensi trasversali di Pd e Pdl. Il chirurgo maxillo-facciale con l’hobby delle riforme costituzionali in Cadore e dei sistemi elettorali, già noto per aver battezzato come porcata la sua stessa creazione, ha proposto ora premi di maggioranza con scaglionamenti articolati: un premio alla prima coalizione sopra il 35 % e alla prima lista tra il 25 e il 35 %, con frazioni di premio di un punto percentuale che consentirebbero la vittoria solo alla coalizione che superi il 38 % dei seggi.

Maurizio Gasparri e Anna Finocchiaro intravedevano una soluzione “condivisa e positiva”. I due aggettivi suscitavano inquietudine: “condivisa” perché oggi, in Italia, il termine assume coloriture autoritarie, “positiva” perché un’intesa Gasparri-Finocchiaro evoca l’antimateria. L’ottimismo condiviso si però è rivelato prematuro: Berlusconi non ci sta e preferisce tentare l’esperimento della sopravvivenza di un partito fantasma ex carismatico col sistema attuale. I pidiellini vicini ad Alfano, incapaci di gestire il loro padre ignobile nella definizione delle primarie, contano ancora di recuperare la partita. E tuttavia l’effetto del porcello perdurante potrebbe far comodo persino al vincitore delle primarie del centrosinistra, emancipandolo dalla scomoda alleanza con scudocentristi e cattoliberisti: solo così si spiega il timore reverenziale verso i veti di un politico in declino botulinico, con aziende in crisi, consensi in calo, processi pendenti e ragionieri sequestrati. Su tutto grava l’ombra greve del Monti bis, dei casinimontezemoli, dei salvatori della patria non paghi dei risultati ottenuti.

La partita, spaventosa, è ancora aperta: tutta sulla nostra pelle, a ribadire lo scollamento tra Paese reale e istituzionale. Tutta a vantaggio della non politica, dell’antipolitica o della parapolitica. L’esito è paradossale. In atto ci sono ben due scioperi della fame legati alla legge elettorale: quello del democratico Roberto Giachetti, che digiuna contro il porcellum, e quello del radicale Maurizio Turco, che digiuna per conservare il porcellum fino alle politiche. Le profezie della postdemocrazia teorizzata nel 2003 da Colin Crouch si stanno tutte avverando: le lobbies, i leader populisti e i sondaggi di opinione determinano una gestione “blindata” delle campagne elettorali, a fronte di un ruolo passivo della collettività dei cittadini, e di un’interazione sostanzialmente privata tra governo e gruppi di potere economico.

Siamo incapaci di gestire bipolarismi, sistemi maggioritari e maggioranze trasversali. In compenso li stiamo subendo con rara remissività, salvi rigurgiti di antipolitica a sfondo populistico (perché certe tentazioni sono dure a morire). Ora non ci resta che scegliere se tenerci il porcellum o passare al padulum. È ufficiale: siamo scaglionati senza speranza.


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