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Daidaidai! Forzaforzaforza! Fenomenologia dell’Acquagym

Creato il 31 maggio 2014 da Unarosaverde

Qualche mese fa, in un disperato impeto salutistico, ho ricominciato ad andare in piscina.

Ho fatto quello che faccio quando perdo il controllo su qualche cosa: mi ci sono infilata completamente, perchè credo agli approcci aggressivi, comprandomi un pacchetto di lezioni di nuoto – che ho seguito senza particolari patemi perchè nuotare è cosa che mi piace e mi riesce bene – e un pacchettone di lezioni di acquagym.

Ho sempre guardato con sospetto alle signore che praticano questa attività mentre noi andiamo avanti ed indietro solcando le vasche: prima di tutto perchè la musica in soprafondo (il volume è altissimo) è aberrante, in secondo luogo perchè ne vedo poche a fine lezione uscire sfatte come si esce dopo un’ottantina di vasche di cui la metà di pura tecnica, in terzo luogo perchè mischiare la cacca col cacao, cioè un’attività fitness pensata per essere eseguita a secco e provocare litri di sudore traslata in un ambiente in cui cambiano completamente le leggi di resistenza, mi pareva desse luogo ad un risultato noiosissimo. Fatto sta che, con un ginocchio così conciato – che negli ultimi mesi non sta nemmeno poi così male, visti i precedenti – e il peso che sto a malapena trattenendo per evitare che salga inesorabile verso il quintale – orrore! – e la voglia di muovermi un po’, ho giustamente pensato che tra il non fare nulla e fare un’attività a basso impatto fosse meglio la seconda opzione.

Del pacchetto di quindici lezioni acquistato, appunto, mesi fa, ne ho fatte tre subito, annoiandomi a morte e due sporadicamente, quando i picchi di umore e le assenze turistiche e lavorative recenti me lo hanno permesso. Scarsissima.

Sei lezioni invece le ho infilate una dopo l’altra questa settimana. Le rimanenti sono andate in fanteria: oggi era l’ultimo giorno possibile e ho finito in bellezza, con due ore di seguito.

La gestrice della piscina rideva come una matta, ieri, quando mi ha visto per l’ennesima volta in pochi giorni, dopo che mi aveva ribadito che no, le lezioni perse non sono rimborsabili nè sostituibili con biglietti ingresso. “Hai visto che brava?!” – le ho detto –  “Ho recuperato in extremis. Pensa che mi sono licenziata apposta per avere il tempo di fare acquagym.”

A conclusione dell’esperimento mi sento di escludere con discreta possibilità di ripeterlo in futuro, più che altro perchè mi sono annoiata parecchio: molto meglio, per me, nuotare, sia come efficacia che come interesse. Devo però riconoscere che sul ginocchio la cosa non ha avuto ripercussioni, anzi, e che certi movimenti che a terra non posso più eseguire, in piscina più o meno li faccio.

Inoltre è stato abbastanza interessante studiare la fenomenologia degli istruttori – ne ho confrontati quattro – e delle partecipanti, tutte donne, perchè l’acquagym è uno sport sessista, che, in differenti taglie, dalla magrezza ossuta alla rotondità opima, e in differenti età , tra i venti e i settanta, ho visto saltellare nell’acqua, su e giù, dopo il lavoro, la sera, a metà mattina, le casalinghe o le turniste, e poi correre in sciame verso le docce, per non fare la coda che avevano il pasto da cucinare a casa.

Ho provato cavigliere, pesetti, bilanceri,tubi, guantini, hydrobike, smiles (galleggianti rotondi e gialli con i fori che sembrano, appunto, un sorriso). A nuotare bastano cuffia, costume e occhialini e un pull buoy, se si vuole esagerare. Ho dondolato sotto ritmi che andavano da una parte mentre noi ne seguivamo ognuna uno diverso. C’era quella che saltellava come un capretto, su e giù, quella che faceva tutto con la lentezza di un monaco buddista nel samsara, quella che la testa nell’acqua no altrimenti si rovina la piega, quella con la bottiglietta di acqua a bordo vasca che nemmeno un triatleta, quella rigida come uno stoccafisso e senza coordinazione, quella superbrava che si vedeva che la cosa la stava prendendo sul serio e ci credeva.

Davanti a noi, schierate come triglie con le convulsioni in una cassetta al mercato, c’era lui – o lei – l’istruttore. Prima di tutto l’istruttore di acquagym è qualcuno che nella vita fa altro, più o meno legato allo sport, e che a bordo vasca ci sta in prestito per arrotondare. C’è chi fa l’impiegato, chi la ballerina, chi il fisioterapista, chi boh, sto studiando poi vedremo. C’è quello tranquillo e realista – ognuna al suo ritmo, non deve far male niente – e quella che “dai dai dai, forza forza forza” con il sorriso stampato sulle labbra, un fisico da modella – ma un culo così mica se lo è procurato con l’acquagym – e un’anima sadica sotto la canottiera – quella che scherza con tutte e come ti viene l’esercizio ti viene, tanto siamo tutti adulti, e quello che è in missione per salvare il mondo dalla sedentarietà e dall’obesità e anche se ne ha trenta in vasca non ne perde di vista nemmeno una e corregge posture ed esecuzioni con generosità e occhio infallibile, tirandosi su ogni tanto la maglietta, con gesto distratto, tanto per far vedere cosa significa avere degli addominali che funzionano. Tartarughe.

Intanto, nelle altre corsie, sono sfilati, avanti ed indietro, i miei compagni di corso di nuoto, i ragazzini delle medie e delle elementari, gli adolescenti che hanno seguito il corso di bagnino FIS (il primo federale dopo secoli di piscina in questo paese…prima o poi, anche se sono fuori età e fuori tutto il resto lo faccio anche io, miseria), i ragazzini del preagonismo che macinano vasche come professionisti, gli adulti della prima squadra master che finalmente si è creata, ma che ha ancora tanta acqua da smuovere. E, i più favolosi di tutti, i piccoli dell’asilo, alti meno del salvagente giallo che gli infilavano dalla testa, che ci mettevano minuti a finire una vasca, che sollevavano goccioline e non spruzzi quando si tuffavano, tanto erano piccoli, che giocavano sugli scivoli e che, in una schiera ordinata di costumini azzurri, rosa, gialli e rossi, si sono messi in fila, serissimi, per ricevere la medaglia di fine corso. Erano strabelli. Niente medaglia per me, però la prossima settimana, forse, imparo le corsie di una piscina nuova, prima che mi passi la voglia un’altra volta ancora. Anche perchè alcuni colleghi, come addio e buona fortuna,  mi hanno regalato un fighissimo braccialetto Fitbit azzurro e ci ho fatto un patto, con questo robo elettronico, e mi spiacerebbe deluderlo subito. Avrà tempo di finire in un cassetto; più avanti però.


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