E’ stato più interessante delle aspettative il convegno nazionale “Dieta Mediterranea e Salute Alimentare” organizzato da Slow Food condotta delle Murge sui temi sollevati dal Consorzio Campo, tenutosi ad Altamura il 25 marzo. Diversi relatori si sono confrontati, tra gli altri l’on. De Castro, parlamentare europeo membro della commissione agricoltura, e presenti molti agricoltori provenienti dalla Puglia, Sicilia, Basilicata e Molise. Oltre alla normale retorica dei politici, diversi sono stati gli spunti di alcuni relatori, tra i quali il promotore dell’evento, Andrea Di Benedetto, presidente del Consorzio Campo che dal 2009 sta promuovendo con produttori di Puglia e Basilicata la filiera “Sologranoitaliano”. Di Benedetto ha illustrato magistralmente le caratteristiche tossicologiche dei grani importati. Nei porti italiani si documentano scarichi di milioni di tonnellate di frumento estero, compreso “sub-grano” di bassa categoria, con tenori di micotossine e metalli pesanti, tali da renderlo quasi inutilizzabile al consumo umano (trattasi di potentissimi traccianti cancerogeni). Tra l’altro noi abbiamo già parlato dell’inchiesta sulla pasta con le micotossine, fatta da Il Salvagente, e del progetto di ricerca MICOCER sullo sviluppo delle micotossine nei grani.
L’importazione di cereali utilizzati per la Dieta Mediterranea nel nostro territorio per la produzione di alimenti con questi standard non solo pregiudica la qualità delle nostre produzioni alimentari e la loro salubrità per l’alimentazione soprattutto della prima infanzia, ma contraddice un progetto delle Politiche Agricole (MICOCER 2006-2008), che ha definito e sancito la superiorità dei grani del sud in ordine a residui di DON-OTA-Aflatossina, rispetto a quelli del Nord Italia (clima secco contro clima umido e piovigginoso) e, soprattutto, esteri (Canada, Francia, etc).
Il rischio per i consumatori legato alla contaminazione da micotossine dei cereali e prodotti derivati – ha aggiunto Di Benedetto – non è da sottovalutare e ha determinato la decisione dell’Unione Europea di fissare limiti massimi di presenza di micotossine che sono sensibilmente più alti del resto del mondo, cosicchè in Italia puo’ arrivare cibo spazzatura da ogni dove. In pratica Usa e Canada hanno stabilito livelli massimi di micotossine al di sopra dei quali la merce va destinata all’alimentazione animale o allo scarto. Quegli stessi livelli sono invece accettati in Europa. E’ assurdo! “I limiti attuali sono tarati sull’europeo medio, che mangia 5-6 chili di pasta l’anno, non 27 chili come in Italia. Quella soglia per noi è tossica. E a rischiare di più sono i bambini delle famiglie che non possono permettersi di comprare la pasta in farmacia. Dobbiamo fare una battaglia insieme, consumatori e agricoltori“. All’industria dei pastai, che importa grano duro (fino al 40% del fabbisogno nazionale) sostenendo che quello italiano non è sufficiente, Di Benedetto ribatte duro: “Il problema è l’ importazione massiccia di grano di bassa qualità e l’appiattimento del prezzo a livelli troppo bassi. Così il granicoltore italiano fallisce o pianta altre cose. Per portare la produzione italiana a 10 milioni di tonnellate basta aumentare il prezzo del grano del 30%“. E quanto costerebbe la pasta? “L’abbiamo già visto: la pasta è rincarata e il prezzo del grano è diminuito. È solo speculazione”.
La Dieta Mediterranea – ha fatto notare la dott.ssa Cinzia Scaffidi del Centro Studi Slow Food Italia – rappresenta un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, e, in particolare, il consumo di cibo nel rispetto delle tradizioni di ogni comunità. Un cibo che non sia commodities, che rispetti il territorio e la biodiversità e che garantisca la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati. Perchè è davvero un peccato poi sentir dire ancora oggi da chi lavora e vive nei campi “non devi fare la fine di tuo padre, lavorando la terra”.
Spunto intelligente anche quello del dr Grasselli presidente S.I.Me.Ve.P – per il quale occorre distinguere la qualita’ nutrizionale da quella che garantisce una certa sicurezza alimentare. Non si può continuare ad applicare leggi burocratiche e restrittive in ugual modo alla grande industria come al piccolo artigiano. E’ normale che quest’ultimo, da solo, non può far spesso fronte ai tanti adempimenti, e le leggi stesse diventano ostacolo a chi intende produrre tradizionalmente, al di fuori degli schemi e della velocità dell’industria.
Gli spunti della giornata sono stati notevoli, ahimè come al solito i politici (l’ex ministro e l’assessore all’agricoltura pugliese) sono andati via in anticipo senza risposte, intanto noi tecnici e qualche azienda raccogliamo la sfida con i produttori.
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