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L’Undici incontra Antonio Capolongo, autore napoletano che ha fatto di lettura e scrittura un percorso d”uscita dal degrado circostante.
Antonio Capolongo è uno scrittore e poeta napoletano. Ha già pubblicato due opere di narrativa e le sue poesie sono presenti in circa 20 antologie. Navigando sul web si è imbattuto ne L’Undici e ha pensato di contattarci, vedendo che amiamo lettura e scrittura e che accogliamo ed intervistiamo autori e editori, scrittori e poeti. È appena uscito “Cassa integrazione guadagni… la mia è straordinaria” edizioni Arduino Sacco. Ho iniziato a leggerlo; ho letto le sue poesie che ho trovato sul web. Subito sono stata colpita da tre particolari.
Innanzitutto il romanzo “Cassa integrazione guadagni… la mia è straordinaria” è narrato per capitoli dai titoli che spiegano il contenuto e immagini legate al titolo stesso. Quindi è un raro esempio di narrativa con foto. Questo mi è piaciuto. Poi ho notato che Antonio alterna la narrazione in prima e terza persona, e questo mi ha confuso. Infine ho cercato notizie su di lui, come persona e come autore ed ho scoperto ben poco, perché vuole essere conosciuto per i suoi libri, per le sue poesie, non per post o cinguettii quotidiani.
Incuriosita ho deciso di intervistarlo, per capire di più su di lui, sulla sua ispirazione e sulla sua scrittura. Ecco le mie 11 domande e le 11 risposte di Antonio.
lavoronero = degrado
1 – La tua scrittura è autobiografica? Stai vivendo realmente una situazione da cassaintegrato e, se no, come ti sei documentato?
Le storie che racconto sono ispirate alla realtà e, alcune, sono state vissute da me in prima persona. Attualmente non vivo la dura condizione imposta dalla cassa integrazione, che ho però sentito avvinghiarsi a me, in un passato non molto lontano. Nel titolo si legge che “la mia è straordinaria” e ciò per le due accezioni del termine “straordinaria”. La prima perché relativa ad una situazione di amministrazione straordinaria dell’azienda (attraverso questa procedura concorsuale interviene lo Stato, nello specifico il Ministero dello Sviluppo economico che nomina da uno a tre commissari straordinari che sostituiranno, quindi, l’imprenditore nell’amministrazione dell’azienda). La seconda accezione perché viene perpetrata per 114 giorni a fronte di 15 giorni a rotazione (da verbale depositato presso il Ministero del Lavoro) ai danni di alcuni lavoratori. È stata quest’ultima la ragione che ha sorretto il mio polso nella scrittura di questo libro.
2 – Perché scrivi un po’ in prima e un po’ in terza persona? Hai pensato che il lettore potesse trovarsi spiazzato e faticare ad entrare per questo nel racconto?
Solo dopo aver scritto l’ordito mi rendo conto che ho usato entrambe le persone. Questo modo di narrare mi è balzato agli occhi sin dalla prima volta e, da allora, leggo e rileggo il testo più volte per non creare confusione nel lettore. In questa operazione mi aiutano anche lettori e revisori di bozze professionisti, fino alla pubblicazione, convinti che non sia di ostacolo alla lettura ma, anzi, serva a rimarcare alcuni concetti: «È evidente la volontà di trasmettere, con tutto il vigore possibile, quanto sto raccontando».
L'educazione
3 – Il sottotitolo del tuo romanzo è “Dal degrado all’educazione”. Cos’è per te degrado? E cosa contribuisce all’educazione?
Degrado è, per me, stare sotto il livello di civiltà e sprofondare. I fatti, sempre più numerosi, di cronaca nera dimostrano che il livello di guardia è stato superato da molto tempo. Personalmente, anche quando la mia natura solare – agevolata dal sole della mia terra – tentava di distrarmi dagli eventi che, nel corso della vita, si presentavano ai miei occhi nella loro crudezza, mi arrovellavo la mente alla ricerca di una soluzione. Da allora la cerco senza sosta nel luogo più bello del mondo, nel libro. E così rispondo anche all’ultima parte della terza domanda: «Cosa può contribuire all’educazione?». La risposta è, dunque, la lettura. Come bisogna diffonderla in maniera capillare, è il mio cruccio. Tento di dipanare questa matassa in una dei capitoli finali del romanzo.
Cicciano monumento a Mazzini
4 – Vivi a Cicciano, in provincia di Napoli. Raccontaci un motivo per andarsene e uno per restare.
Un motivo per andar via da Cicciano, paese nel quale vivo da quando sono nato, è che l’aria è divenuta irrespirabile. Non si tratta di voler abbandonare la propria terra, ma di avere il diritto di respirare aria pulita per vivere. Questa scelta la farei anche a discapito del motivo che, su tutti, mi induce a restare. Cicciano incarna la mia vita, mio padre, scomparso dieci anni fa, mia madre, le mie sorelle. Non ho nominato mia moglie perché lei condivide in pieno queste idee, anzi insieme vorremmo continuare a vivere qui, ma insieme siamo anche disposti a ricominciare altrove, sacrificando perfino il lavoro che svolgiamo, col gravissimo rischio, in questo particolare momento storico, di non trovarne un altro.
5 – Memorie. Quali sono il primo libro che ricordi di aver letto e l’ultimo? E il primo film che ricordi? E l’ultimo che hai visto?
Il primo libro è Cuore di Edmondo De Amicis, mi affascinavano i racconti dei personaggi da parte di mio padre. L’ultimo libro è La fabbrica dell’obbedienza di Ermanno Rea.
Il primo film è Il buono, il brutto e il cattivo, al cinema insieme a mio padre,
l’ultimo Drive con Ryan Gosling, in anteprima per i possessori di CartaPiù Feltrinelli, insieme a mia moglie, ovviamente l’ultimo al cinema.
Cap.IV - Galeotti furono i libri
6 – Compagni libri. Cosa c’è sul tuo comodino, cosa c’è in bagno e cosa ti porti in treno. Come lettore preferisci prosa o poesia? E come autore?
Sul comodino ho più di un libro. Il più prossimo a me è l’idioma gentile di Edmondo De Amicis, vi sono poi ben quattro libri di poesie, Tutte le poesie di Emily Dickinson, La gioia di scrivere di Wislawa Szimborska, I capolavori della poesia italiana. Dal duecento ai nostri giorni e Todo el amor di Pablo Neruda. Infine, sul ripiano più basso, una copia di Un incontro d’AmorE e una di Cassa integrazione guadagni… la mia è straordinaria. In bagno ho un piccolo volumetto, Il tesoro della poesia e della prosa. Infine, in treno, o quando viaggio in genere, ho sempre un classico con me. Ora sto leggendo le Confessioni di Jean Jacque Rousseau.
7 – La tua scrittura è molto originale e personale. C’è una parola che ti piace utilizzare e una che detesti e non scrivi mai?
Grazie del complimento. La parola che mi piace utilizzare è battibaleno, perché è emblematica dell’opposto del mio carattere. Quella che detesto e non scrivo mai è “parolaccia”, perché non mi piace questa forma spregiativa del termine “parola”.
8 – Se la tua vita fosse un’opera letteraria o un film, quali sarebbe?
L’opera letteraria che più mi rappresenta è La dismissione di Ermanno Rea perché, come il protagonista del libro, mi impegno fino in fondo in ogni attività che svolgo. La pellicola, invece, nella quale più mi identifico è Così parlò Bellavista, perché il professor Bellavista rappresenta la mia napoletanità… quel modo di prendere la vita con una certa filosofia, quella che ti permette di vivere bene anche quando le condizioni non sono proprio favorevoli.
9 – Ti viene offerto il potere assoluto per un giorno per risolvere un problema che decidi tu. Se accetti, però, perdi la capacità di narrare e scrivere poesie; se rinunci, continui a comporre poesie e a pubblicare romanzi. Cosa fai? Rinunci e noi leggeremo ancora tue opere o accetti e risolvi… Quale problema?
Accetto l’offerta, senza alcuna esitazione. Il problema è il degrado, di cui ho parlato sopra, rispondendo alla domanda numero tre. Mi resterebbe un solo vuoto, non poter più scrivere per la donna che amo, ma sopperirei rivolgendo al suo cuore i versi che vergherei con l’anima.
L'esordio di Capolongo
10 – Canta che ti passa. Qual è per te una canzone terapeutica quando sei malinconico e quale quando sei arrabbiato? E il brano che ti dà la carica? Ascolti musica quando scrivi?
La canzone che canto quando sono malinconico è Eppure sentire di Elisa, che è anche quella che mia moglie ed io eleggemmo nostra canzone quando eravamo fidanzati. Quando sono arrabbiato canto Tu ca nun chiagne, la canzone che interpretavo da tenore solista di un coro polifonico di Napoli. Il brano che mi dà la carica è legato alla mia giovinezza, si tratta di Don’t you (Forget About Me), dei Simple Minds. Solitamente non ascolto musica quando scrivo.
11 – Il lavoro nobilita? E la scrittura?
Il lavoro nobilita ed è fondamentale per l’uomo, inscindibile dal suo essere totale. La scrittura è un’espressione dello spirito e non importa chi la crea, l’importante è l’arricchimento che ne traggono tutti.
Antonio Capolongo
La biografia di Antonio Capolongo in 11 punti
1 – Antonio Capolongo è nato a San Paolo Bel Sito, in provincia di Napoli, nel 1968.
2 – È laureato in Economia e Commercio; lavora come consulente aziendale.
3 – Da quattro anni si dedica alla scrittura.
4 – Nel 2011 hapubblicato il suo primo romanzo “Un incontro d’AmorE.” Arduino Sacco editore.
5 – Le sue poesie son presenti in circa 20 antologie; presto usciranno altre tre raccolte in cui ci saranno altre sue poesie sue.
6 – Nel 2012 è uscito il suo secondo romanzo sempre per i tipi di Arduino Sacco editore dal titolo “Cassa integrazione guadagni… la mia è straordinaria”.
7 – Vive, lavora e scrive in Campania.
8 – Non è presente sui social network.
9 – Non parla volentieri della sua vita privata.
10 – Dai suoi testi risulta attenti ai problemi della sua terra e della società in generale.
11 – Dai suoi testi, sembra innamorato.
Remember me, but ah! Forget my fate. Il Lamento di Didone, aria finale di “Dido and Aeneas”di Henry Purcell.
Una poesia… “Verità, la mia” – di Antonio Capolongo
Io vi dico la verità, adesso.
Non sento più l’ardore dello scrivere,
la man pesante mi par sia di gesso
m’ispira l’ottava, sarebbe vivere
la penna non spazia, bianco riflesso
la mente non sa più perché crescere.
Da due anni verità insabbiate
comparse in denunce raccontate
non turbano dei rei calme giornate.
Può ancora un soffio del cervello
ridestar vibranti membra stremate.
L’opacità cala il suo mantello
e l’oblio cinge mete sognate,
nel buio brilla il mio pensier più bello.
Sento l’acre sapore della fine,
vi affido quindi adamantine
le mie parole perché sian mine.
Questa poesia un romanzo segue
il qual scrissi in lucide mattine
che alle notti non donavan tregue.
Se l’impianto mi carezzò il crine
e il mio corpo si mostrò esangue
quel fu presagio dell’emulazione
del gesto tramandato da Didone.
… e la narrativa: le prime 11 righe di: “Cassa integrazione guadagni… la mia è straordinaria”
Immagine del capitolo "Straordinaria"
Straordinaria
L’aggettivo lo associ ad una giornata, la prima, che in quanto tale può esserlo nei vari significati, ma non alla seconda, alla terza o, addirittura, alla centoquattordicesima.
Centoquattordici giorni in cassa integrazione, come si trascorrono, dove si trova la forza per rimanere desti, lucidi, presenti a se stessi. La mente inevitabilmente fa voli pindarici, sospinta dalle improvvise vampate che partono dalle punte dei piedi e, percorrendo rapidamente tutto il corpo, arrivano alla testa con un impeto degno della più possente onda di un oceano in tempesta.
Quando ciò accade non lo sai, non puoi saperlo. Se così fosse, potresti organizzarti un riparo. In quei momenti sperimenti il buio della mente. Ti senti soffocare, il battito del cuore accelera senza sosta, il sangue inonda il cervello e ogni anfratto, ogni intercapedine ne occupa. In quegli istanti senti un groviglio di pensieri, neuroni impazziti ingrossano le incontinenti e impreparate sinapsi, che avverti premere contro le pareti del capo.
Grazie Antonio.