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Dal dribbling-game alla Piramide di Cambridge

Creato il 01 giugno 2013 da Simo785

Dal dribbling-game alla Piramide di Cambridge

 

La separazione dei giochi, da una parte quello alla mano (rugby) e dall’altro quello giocato con i piedi (foot-ball), permise finalmente uno scatto evolutivo di entrambi. Nel football questa evoluzione portò in un primo momento ad una radicalizzazione del dribbling-game, che da retaggio del gioco confuso del’700 si affinò in tecnica stilistica e tattica, modellando a propria immagine i primi giocatori di football. Il dribbling-game si sostanziava, infatti, nel portare la palla incollata ai piedi sino al goal avversario, cercando con il dribbling – appunto – di evitare gli avversari che a turno cercavano di conquistare il pallone. Di passaggi non se ne parlava proprio! Anzi, era assai sconveniente passare la palla perchè, devi sapere, che nella mentalità e nella visione del gioco dell’epoca il passaggio era visto come segno di debolezza, di onta. Quindi tutti alla caccia del pallone e tutti protesi all’attacco, con il solo portiere quale “ruolo” definito. Magari regnava un po’ di anarchia, di confusione, certo, ma il gioco funzionava ed appassionava, talmente tanto che giocatori e dirigenti iniziarono a porre in essere dei correttivi non solo – come abbiamo visto – sul piano regolamentare ma anche dal punto di vista tattico, rendendo il football un gioco davvero nuovo rispetto a tutto il resto dei giochi con la palla. Succedeva che, nella gioiosa anarchia di quelle partite, il portatore di palla potesse perdere il pallone e allora si ribaltava prontamente il fronte del gioco e quelli che erano stati attaccanti diventavano improvvisamente difensori, spesso sbilanciati in quanto tutti seguivano il proprio portatore di palla e allora si tentava con ogni mezzo di placcare l’avversario per evitare di subire una rete. Fu proprio per trovare un rimedio che andasse oltre il placcaggio e la forza fisica che si adottò quella che possiamo anche vedere come la prima variante tattica nella storia del football. Alcuni giocatori, infatti, si posizionarono su più file parallele tra loro, in modo da coprire con raziocinio una zona più vasta di campo: il portiere, dunque, trovava finalmente una difesa con il terzino e il goalcover in una specie di “1-1-8”. Non solo. A Sheffield si inizia nella seconda metà degli anni’60 a saggiare la possibilità di passare la palla ai compagni al fine di raggiungere più facilmente la porta avversaria e così dal dribbling-game si arriva al passing-game, che prevedeva l’uso sistematico del palleggio tra compagni.

Parallelamente in Scozia, che è l’altra grande patria del football, il passing-game viene giocato con una variante tattica ulteriore che modifica l’”1-1-8” inglese in un più evoluto “2-2-6”. In estrema sintesi, se in Inghilterra tra portiere e attacco vi erano due giocatori, in Scozia l’esperienza e lo studio applicato alla tattica avevano suggerito di rinforzare la difesa allineando i due terzini, in modo tale da allargare il campo e – nello stesso tempo – erano stati fatti arretrare due attaccanti a centrocampo, in fase di supporto agli avanti: tre linee parallele, difesa, centrocampo e attacco che giocavano insieme con una fitta rete di passaggi armonizzata dai movimenti senza palla dei giocatori. Una vera rivoluzione che prese il nome di combination-game. Proprio per l’enorme importanza che ebbe questa evoluzione, pare giusto ricordare il nome della squadra che per prima applicò con grande successo la nuova variante tattica: il Queen’s Park di Glasgow.

È da questa intuizione che si evolve tatticamente il football degli anni a venire.

Con gli anni’70 il gioco del football assume infatti un aspetto tattico e organizzativo molto simile al gioco che oggi conosciamo. In quel decennio nasce la prima competizione ufficiale per club al mondo, la FA Cup, viene introdotta la figura del giudice di gara e in campo le squadre adottano uno schieramento che verrà utilizzato da tutti sino agli anni’30 del ’900. A Cambridge si decide di mettere mano ancora una volta nello schieramento degli attaccanti e di arretrare uno di questi  all’altezza dei due centrocampisti, in maniera tale da creare una linea a tre in mediana con il compito di iniziare l’azione in fase di possesso palla e in fase di non possesso (tanto per usare due espressioni contemporanee) di contrastare l’offensiva avversaria.

Sembra niente, ma è il calcio che tutti conosciamo: davanti al portiere c’è la “terza linea” formata dai due terzini con compiti prettamente difensivi; la “seconda linea” è quella di centrocampo, con i tre mediani di destra, di sinistra e il centromediano di sostegno della linea; davanti c’è la “prima linea”, l’attacco, composta dai restanti 5 giocatori che hanno il compito di segnare. Insomma, il famoso “2-3-5”, caro Frankie, il vestito con cui il calcio si presenterà in Italia, ma di come si giocava a calcio da noi ne parleremo la prossima volta.


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