17 apr 2011 @ 14:53
Tè, arte e poesia, Varie (oltre il tè), bassa/media ossidazione, dal Nepal, tè oolong
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Vi va una passeggiatina domenicale tra i fiori del mio giardino?
Prego, per di qua! :-)
Il glicine stenterello, disottinsù
Nursery
Questi fiorellini, ancora qualche giorno e provo a farne tè
Ho messo un po’ di prato in vaso per veder nascere il verde
Sua Maestà
Scopri l’intruso (indizio: è pelosissimo)
Zinnie in avanscoperta
“Come un sole rosso acceso”
«Lascia il tuo cuore scoppiare finalmente,
cedi, gemma, cedi.»
R. Tagore
Il timo “silver-qualcheccosa”, che se lo accarezzi dice origano e limone
Non c’è stato verso di farle star ferme, queste pestifere! Però in compenso paiono dipinte da un impressionista… A proposito di impressionisti e post-tali!, avete visto che bella la mostra in corso al Mart di Rovereto? Sto tentando di incastrarla in uno dei miei giretti futuri, da farsi rigorosamente prima che l’Estate esploda (stagione in cui, com’è noto a chi mi conosce dal vivo, rendo l’anima a Dio per poi riprenderla – auspicabilmente – verso la fine di settembre), e a dirla tutta vorrei appaiarla a quest’altra, dedicata a Matisse, in quel di Brescia. Speriamo di farcela! ;-)
E ditemi: da quanto tempo non vi fingete Alice, o formica, o bruco?
Io era tanto (che è come dire troppo)
~
Nella tazza di oggi c’è un inconsueto jade oolong nepalese “second flush” 2010, leggermente ossidato (quel “jade” è appunto un termine genericamente usato per alludere all’aspetto verdolino degli oolong a bassa ossidazione, di norma mantenuta entro un 25% circa; è un’espressione perlopiù usata in ambito commerciale riguardo gli oolong taiwanesi, ma può capitare di vederla usata per definire anche oolong di altre provenienze, come in questo caso) e proveniente dalla piantagione Jun Chiyabari (sito), situata nella parte orientale della regione himalayana, nel distretto di Dhankuta. Una piantagione giovane e non particolarmente estesa, con piante messe a dimora nel 2002 su un terreno di circa 50 ettari, e da sempre dedita ai metodi di coltivazione biologica, attualmente in via di certificazione ufficiale.
Foglioline piccole e giovani, ancora abbondantemente coperte di lanugine, che da asciutte ricordano un Darjeeling sottovoce (è effettivamente simile, per aspetto e aroma, ad un Darjeeling Singbulli “white jade” che ho da parte, seppur a grandi linee), sollevando un pizzico di noce moscata e delicate note fiorite, dolci.
Il gusto è schietto e pieno, inequivocabilmente fruttato, con sfumature di albicocca e litchi che si depositano sotto al coperchio del gaiwan ma che poi, al palato, si rivelano un po’ grossolane; il retrogusto mi conferma l’impressione, riducendosi perlopiù ad un’astringenza povera di suggestioni.
Mi fu inviato qualche tempo fa come assaggino dal ceco Darjeeling.cz, e, come si sarà intuito, non è tra i migliori tè assaggiati ultimamente. Mi vien da pensare che i nepalesi vengano mooolto meglio con i tè neri, ecco: certe diversificazioni produttive spesso finiscono per rivelarsi delle deludenti forzature, delle operazione di marketing fini a sé stesse che niente regalano di nuovo in termini di gusto e personalità… ed è un vero peccato, perché comunque finiscono per portar via ai produttori tempo e risorse che sarebbe magari più auspicabile impiegare in quello che, tradizionalmente, sanno far meglio. (uh mamma, che reazionaria! ;-))
Resta comunque la preziosità dell’incontro, l’arricchimento della scoperta, e la compagnia tutto sommato piacevole che ha saputo farmi in questa domenica di fiori, di cui, con permesso, vado a cogliere la metà che resta :-)