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Dal TaQQuino di Gianluca Mercadante..un racconto: Questa è la nostra fede.

Creato il 06 ottobre 2011 da Gianpaolotorres

Dal TaQQuino di Gianluca Mercadante..un racconto: Questa è la nostra fede.

 

Questa è la nostra fede

- Nel nome della Moda, della Pubblicità e del Sacrosanto Edonismo, amen. –
- Amen. –
- Dimmi, figliolo. –
- Mi assolva, padre, perché ho scritto. –
- Ahi, ahi, ahi… molto, molto grave, mio caro. Potrei sapere cosa, di preciso? –
- Romanzi, racconti… quasi tutti a sfondo sociologico. –
- Questo compromette la tua posizione, figliolo. Non bisognerebbe scrivere cose che inducano la gente a pensare. –
- Me l’hanno detto. –
- Dunque perché perseveri? –
- Guardi, padre, non so se la gente “pensa”. Credo sia già un miracolo se legge. –
- Leggere non è affatto un’attività consona al cittadino in linea coi precetti della società contemporanea. Da quanto non guardi la televisione, figliolo? –
- Dal 1995. –
- Prego?! –
- Dal 1995. L’ultimo ricordo che ho è Fiorello che canta una canzone degli 883 a Sanremo, in gara. Da allora ho smesso. –
- Di fumare? –
- No, di guardare la televisione. Anche se l’effetto è identico. –
- Ovvero? –
- Rincoglionisce. –
- Ne sei certo, figliolo? –
- Sì, penso proprio di sì. –
- Ed è qui che ti volevo: “pensare”, hai utilizzato tu questo verbo senza rendertene conto, è un’azione piuttosto sconsigliabile. Come osi peccare di una tale presunzione? –
- Mi scusi, non credevo… anzi, non pensavo. –
- E reiteri! È sempre la solita storia. A voi non si può mai dir nulla. –
- A “noi” chi? Fino a prova contraria, qui ci siamo soltanto io e lei. E comunque mi ha frainteso: non reiteravo un bel niente, un attimo fa, volevo farle notare, come ho in effetti fatto, che “non pen-sa-vo”! –
- E dai! –
- E dai, sì, e dai! Se avessi pensato a quello che dicevo, ci sarei arrivato da solo che per “voi” – “voi”, esatto – uno che non guarda la televisione va arrestato e messo in quarantena. –
- Figliolo caro, sei un ingenuo. Che io sappia, “noi” non mettiamo dentro nessuno. Quello che facciamo, spesso con profitto, è ricompattare il gregge. Trovare i capi dispersi e riportarli all’ovile. Non c’è altro. –
- L’avete già fatta una cosa del genere, negli anni Ottanta. Non siete stati “voi” a regalare televisori nuovi alle famiglie, purché li tenessero sintonizzati di continuo su determinati canali? –
- In nome dell’Auditel, non pronunciare eresie! –
- Oh, finalmente l’ho punta sul vivo. Finalmente un palpito di umanità ha scaldato le sue parole, padre. Me ne compiaccio. –
- E fai male a compiacertene, infedele dalla lingua biforcuta. Fai male! La Televisione ci vuole uniti, possibilmente spensierati, in ogni caso connessi a una realtà collettiva comune, riconoscibile a chiunque. La cultura dell’Individualismo, il pensiero irreggimentato, non contribuiscono a fare di te un uomo. –
- A parte che il pensiero irreggimentato siete “voi” a coltivarlo, vorrei ricordarle, padre: il desiderio di raccontare delle storie, e la libertà di poterlo fare, non hanno colori. Semmai, hanno tradizioni, da che mondo è mondo. Non si vive senza storie. –
- La televisione, infatti, ne racconta a migliaia. –
- Tanto da attirare davanti allo spettacolo delle 21 orde di adepti che provano nello stesso minuto, nello stesso secondo, la stessa emozione. –
- Si chiamano telespettatori. –
- Io li chiamerei telecloni, se permette. –
- No, non permetto. –
- Fa niente, tanto oramai l’ho detto. –
- E prendi un megafono, benedetto figliolo!… Vallo a gridare in giro, cos’è la gente per te, e poi spera che qualcuno voglia ancora comprarsi i tuoi inutili libercoli da quattro soldi! –
- La gente è la cosa migliore che io abbia conosciuto in vita mia, da quando scrivo. –
- E allora impara a rispettarla! –
- Io la rispetto eccome! –
- Davvero? Non mi pare. L’atto stesso di pubblicare un libro è di una presunzione… inaccettabile! Pretendere che la collettività investa denaro e tempo libero per poi leggere… per poi leggere panzane quali quelle che tu certamente partorisci, figliolo, è così tanto presuntuoso che forse non te ne accorgi neppure. –
- Non ho mai preteso niente del genere, abbia pazienza!… –
- Ah, no? –
- Ci può scommettere! Io scrivo, punto. Mica do un’occhiata a come butta il mercato oggi, a quali saranno per i prossimi sei mesi i generi più appetibili secondo le proiezioni di marketing editoriale, quelli… quelli sono fatti degli editori, scusi, cosa vuole che me ne importi? Sono loro che investono su di me, e sul mio lavoro soprattutto. Se intendono trarci ricavo, sapranno bene in quale modo agire. La cosa, ripeto, non mi riguarda, non mentre sto scrivendo! –
- Mi fai tornare di buon umore, figliolo. Dimmi: quante ore passi a scrivere? –
- Diverse… Non tengo il conto, dipende. –
- E riesci a dedurne un sostentamento adeguato? –
- Il solo modo che ho scoperto per farmi pagare, quando batto le dita sulla tastiera, è scrivere articoli di giornale. Con la narrativa, e con rispetto parlando, mi ci posso pulire il culo. –
- Allora vedi che avevo ragione io? Perché perseverare, se tutti i segni dicono inequivocabilmente che la strada intrapresa è quella errata? –
- Perché la strada non l’ho scelta. –
- Ah, ora capisco, sì. Fai parte, figliolo caro, della scuola di pensiero che sostiene la teoria del bacio mistico. Il mondo è colmo di mediocrità, solo tu saresti l’eletto, dico bene?, quello toccato dall’ispirazione… –
- Scrivere è un lavoro, non uno stato di grazia. –
- Giustissimo. Dunque, un lavoro lo si sceglie. E ci si guadagna da vivere. Nel tuo caso figliolo, se ho ricostruito con esattezza la versione dei fatti che mi stai così confusamente esponendo, nessuna delle due cose è accaduta. Perdonami se me ne sono domandato il motivo e perdonami se a priori ho decretato che, forse, hai preso un gigantesco abbaglio. Capita, sai, nella vita, di fare scelte sbagliate. La delusione può essere cocente, te ne rendo atto, ma rimediare è sempre possibile. –
- E come? –
- Inizia abbandonando l’idea che tu possieda una personalità. –
- Ma… ma è assurdo. –
- Tutt’altro, figliolo caro, tutt’altro. Vedi, nello scrivere i tuoi libri, e non di meno nel pubblicarli, ti sei di certo convinto di avere delle cose da dire, di aver maturato un tuo personalissimo punto di vista sui vari aspetti della società che hai voluto raccontare. Beh, ti sei sbagliato, figliolo, credimi. E ti sei sbagliato non per colpa della tua presunta personalità, ma a causa della tua accertabile presunzione. –
- Il discorso si fa interessante. E… in che maniera potrei diventare più umile e meno presuntuoso? –
- Smettendola di scrivere e guardando la televisione. –
- Ma va’?… Ci avrei giurato. –
- Scusami, caro, siamo pratici: quanto vendi? –
- Poco e niente. –
- La critica di settore si occupa dei tuoi testi? –
- Ho ricevuto buone recensioni, e stroncature oneste, ma… –
- “Ma” è troppo poco, vero? Alle presentazioni di un tuo titolo, non è che ci sia la fila fuori. –
- No, assolutamente. E… beh, nemmeno me l’aspetto, se è per questo. –
- Male, figliolo, malissimo! È qui che si vede quanto sei presuntuoso e intellettualmente disconnesso dalla realtà collettiva. Se scrivi un libro, certi problemi dovresti porteli dapprincipio. Hai scambiato il tuo hobby con una professione vera e propria: ti ci vedo, sai?, ore e ore curvo sul portatile, a scrivere ovunque ti capiti di farlo, o da solo, nella tua stanzetta semibuia. Ti ci vedo a fumare una sigaretta, ogni tanto, lontano dallo schermo, a rimuginarti in testa le frasi che proprio non ti suonano, boccata dopo boccata, e poi tornare alla carica, a smontare quegli aborti lessicali, a setacciare il testo mille volte a caccia di ripetizioni, a giocare di taglia e incolla. È o non è così? –
- Sì, padre, è così. È dannatamente così. –
- Non devi rammaricartene, è giusto che un lavoro venga svolto al meglio. Ma?… –
- “Ma” cosa? –
- Ma poi il libro esce, la tua percentuale sui diritti e sul prezzo di copertina, ammesso e non concesso che ti venga riconosciuta, è minima, le testate importanti ignorano il tuo testo, le vendite non decollano e spesso e volentieri il libro nemmeno si trova nelle librerie, causa una distribuzione inefficiente. Fermami pure, se sbaglio qualche passaggio. –
- … –
- Ciò nonostante, tu non demordi. Questo libro è andato male, il prossimo sarà una bomba. Chi se ne frega se al momento vanno forte, che so?, le saghe sui vampiri o sugli anni accademici di quel maghetto nerd che tanti soldi frutta alla sua autrice: il libro che scriverai tu, del tutto estraneo a questi argomenti, folgorerà l’attenzione pubblica, i critici ne diranno meraviglie e le librerie faranno esplodere la casella di posta elettronica del tuo editore, pur di averti ospite. –
- Se sul serio mi facessi tutti ’sti film mentali mentre scrivo, altroché se smetterei. –
- Bravo! E smetteresti perché? Perché tu ora sai quale sarà il corso degli eventi, sei cosciente, consapevole della fine che farebbero le tue sudate carte. Lo sai però sulla base di ciò che hai scritto. Gli scrittori di successo, invece, il problema di cosa scrivere mentre scrivono se lo sono posto. Ecco spiegato il misterioso motivo per il quale loro sono lì e tu, figliolo mio bello, no. Tutto qui, semplice semplice. –
- Certo. O bianco o nero. Come piace a “voi”. Così è se ci pare. –
- Non ti ho convinto, eh? Sei posseduto dal demone della frustrazione e non ti rassegni nel chinare le terga alla sua frusta. –
- Attenzione, attenzione… Con questi paroloni in bocca potrei sospettare che qualcosina s’è letto pure lei, padre. Magari di nascosto. –
- Per amor dell’Audience, non essere blasfemo! –
- Per carità, ma… sia nel leggiucchiare qualche “libercolo da quattro soldi”, sia nel chiudersi un’ora in bagno, non vedo particolari tragedie. Se metto insieme le ore che ci ho trascorso io, in bagno, e gli spermatozoi che ho sciupato, avrei tre vite di buono e ripopolerei almeno il Nord Italia intero. –
- Sei un uomo senza vergogna. –
- Lo so. Infatti, scrivo. –
- E scrivere vorrebbe dire essere un uomo senza vergogna? –
- No. Scrivere vuol dire solo scrivere. –
- Ottima uscita, figliolo, complimenti. Peccato che con la vergogna il tuo parlare non abbia nulla da spartire. Sei e resti un povero fallito. –
- Temo di sì. –
- Sei e resti un presuntuoso. E aggiungerei arrogante, se me lo concedi. –
- Prego, si accomodi. –
- Come volevasi dimostrare. La tua arroganza si presenta da sola. –
- Sa, non voleva deluderla. –
- Adesso basta, figliolo, ho perso abbastanza tempo con te! I miei doveri istituzionali mi obbligano tuttavia a recitare comunque le Rinunce di Confermazione, con cui avresti diritto all’assoluzione. Dubito ti sarà di qualche aiuto ascoltarne i sacri versi, ma questo è quanto ci diremo d’altro. Ho tutta la tua attenzione? –
- Proceda senza indugi. –
- Rinunci all’Umanesimo e a tutte le sue opere e seduzioni? –
- Guardi, con tutta la buona volontà non credo potrei. –
- Figliolo, è sufficiente un “no”. –
- Va bene. –
- Quindi rinunci? –
- No, ho solo detto che… che va bene, farò come lei consiglia. –
- La risposta ufficiale è stata “va bene”, la precedente usciva dal seminato ed è da ritenersi invalidata. –
- Ma… non era la mia risposta, io… –
- Silenzio. Credi nel Palinsesto, Compagno onnipresente, programmatore occulto degli orari del cielo e della terra? –
- Sì. –
- Davvero?! –
- Nel senso che concordo con la definizione. –
- Credi nel Telecomando, tuo unico Strumento e Signore, che nacque dalla Tecnologia, entrò nelle nostre case e vi rimase sepolto e di fatto siede sul bracciolo destro della tua poltrona? –
- Sì, padre, ci credo. Ne ho visti a bizzeffe. –
- Bastava un “sì”, figliolo, ma tralasciamo. Credi nel Sacrosanto Edonismo, che è Signore e dà la vita, e che oggi, per mezzo delle Rinunce di Confermazione, è in modo speciale a te conferito, come già ai Pionieri nel giorno della Prima Trasmissione? –
- Cosa c’entra l’edonismo con Pippo Baudo?… –
- C’entra, figliolo, c’entra, dammi retta. Se uno non si piace, davanti a una telecamera non ci va. –
- E Pippo Baudo si piaceva?! Mah… de gustibus. –
- Insomma, ci credi o no?! –
- Se lo dice lei, padre… –
- Lo interpreto per un “sì”. Credi nella Pressione Politica, nella diffusione di notizie veicolate dall’Alto, nella riduzione delle Intelligenze, nella risurrezione dell’Ignoranza e nell’eterno Canone RAI? –
- Purtroppo sì. –
- Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Teledipendenza. E noi ci gloriamo di professarla, in Sua Emittenza nostro Signore. Amen. –
- Amen. –
- Ti assolvo dai tuoi peccati, figliolo. Nel nome della Moda, della Pubblicità e del Sacrosanto Edonismo, amen. –
- Amen. –
- Vai in Video, figliolo. Che la Diretta sia con te. –

http://www.gianlucamercadante.com/wordpress/

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FINE


Filed under: Arte-estro-genio-sport, Cultura

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