Magazine Psicologia
Si parte per l’Africa pensando ad un paesaggio animato da bestie selvatiche e terre sconfinate. L’occhio vuole perdersi nell’infinito di questi panorami. Chi ama il viaggio scopre la lentezza, non confonde il tempo con gli orologi. Assimila gli eventi nella memoria e nell’ anima; viaggia per conoscere popoli altri e altre culture, perdendosi nel significato dei simboli, riscoprendo quei valori che abbiamo consumato nella occidentale frenesia.
E’ una continua ricerca curiosa rivolta al piacere del dubbio e della possibilità. E’ conoscenza di sé nell’ immediatezza dell’ evento colto prima che sia finito. Chi viaggia scruta i volti, cattura gli sguardi, legge quei corpi eloquenti, diversi per forma e valori, e con la mente libera sospende il giudizio scoprendo il vero piacere di viaggiare.
Il turista è ingordo di vedere e catturare attimi con la cinepresa o la macchina fotografica perdendosi pezzi di esperienza. In questo modo si distanzia dal vissuto, forse perché troppo forte di emozioni autentiche. Questo è il viaggio che più di tutti mi ha messa in relazione con tutte le mie emozioni. Gioia nell’attesa di questa esperienza; sorpresa nel ritrovare ciò che mi aspettavo esattamente come lo immaginavo e tutto il suo contrario. Paura, una forte paura immotivata per ciò che non conoscevo ma che mi ha stimolato il coraggio e la forza interiore. Tristezza nel vedere le ingiustizie e una forte rabbia per non comprendere come possano esistere ancora nel nostro tempo. Disgusto per la sporcizia e certi odori. Vergogna di appartenere a quella parte del mondo che si lamenta, talvolta anche a giusta ragione, dimenticando il più delle volte di ringraziare la vita di quanto abbiamo. Un infinito sentimento d’amorevolezza per il tutto che mi circonda e per la Vita stessa.
L’Africa è così, il nostro ritorno alle radici, all’essenza che ci riunisce al tutto nel suo intreccio di natura e cultura. E’ un gioiello che dobbiamo preservare, un nostro patrimonio inviolabile, tuttavia troppe volte violato.
Il Mozambico, questa parte profonda dell’Africa, è un luogo da scoprire piano piano, un paese che va vissuto attraverso la sinestesia di tutta la percezione. Inevitabilmente si aprono i sensi, anche quelli meno sviluppati: odori, sapori inconfondibili richiamano alla mente antiche saggezze della pelle.
E’ una terra che mette soggezione perché chi vi soggiorna anche per poco, si accorge di aver ricevuto più di quanto ha speso per arrivarci. E’ luogo di inevitabili incontri perché la gente che passeggia nelle strade polverose e rosse cerca il contatto attraverso lo sguardo.
Sorrisi di madreperla su pelli d’ebano; profili perfetti e corpi scolpiti. Sani.
Sani nei villaggi dove i bambini giocano nelle strade, dove la comunità si prende cura dei suoi figli. Dove il senso di appartenenza è genuino, forse perché ancora giovane e appena uscito dalle rovine di una guerra da poco finita.
Sano perché la corsa al successo e all’individualismo sfrenato non ha ancora preso il sopravvento rispetto ai valori solidali, anche là dove lo Stato non è presente e si vivono le più ignobili ingiustizie che calpestano i diritti umani.
Di questa splendida parte di mondo mi porto via immagini di paesaggi sconfinati e di cieli stellati, suoni di bestie e canti tribali. L’odore del frangipane e di pelle sudata, il gusto forte di cibi saporiti non per i condimenti ma per la loro essenza; l’intima sensazione di far parte di questa vita pulsante e ricca.
Chi va in Africa cerca gli animali, l’avventura, l’emozione preconfezionata da videogioco ma finisce per scoprire le persone e anche un po’ di sé.
Anna Perna
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