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Dalla cantina /2

Da Marcofre

Questo è il finale del secondo racconto che inviai a un editore, e che fu respinto, certo. Il protagonista è “Il risolutore”, ma non è affatto un medico, benché la prima battuta possa farlo intendere.

Buona lettura.

 

- Buongiorno dottore -. Disse con un lieve cenno del capo.
- Buongiorno a lei -. E si sbottonò i primi tre bottoni della camicia bianca. Quindi domandò:
- Come va il nostro malato, oggi?
- È stato molto tranquillo, ed è già a letto da circa mezz’ora. Però, non dorme ancora -. Era robusta, alta, con un largo volto, piccoli occhi chiari ravvicinati, e corti capelli neri, raccolti sotto una cuffia bianca.
- È sempre tranquillo, oramai -. Constatò l’uomo, che ora si stava rimboccando le maniche della camicia: a testa bassa. Dopo qualche istante chiese ancora:
- Ha mangiato? Pranzo e cena?
- Entrambi e con appetito.
- Ha fatto la doccia?
- Certo.
- Molto bene.
- Ho qui la lista che mi ha chiesto -. Gli porse allora un foglio di carta, su cui aveva scritto un breve elenco di nominativi. Il risolutore li lesse, mentre lei prese a spiegare:
- Dal momento che anche a Roma vorrà proseguire con questo tipo di assistenza, escludendo le cliniche che…
- Non ho intenzione di rinchiuderlo in quei posti. Durerebbe pochi giorni, meno di due settimane.
- Ovviamente non sono d’accordo -. Disse la donna con un sorriso, e allargando le forti braccia.
- Lei deve difendere un poco la categoria cui appartiene -. Affermò il risolutore. – La capisco.
- Comunque stavo dicendo…
- Mi scusi se l’ho interrotta -. E frenò uno sbadiglio.
- Si tratta di persone altamente qualificate, che saranno in grado di rispondere alle sue esigenze.
- Affiderebbe a una di loro una persona a lei cara? -. E la fissò tenendo ancora stretto tra le dita il foglio di carta a quadretti.
- Ma si capisce. Come noterà, ho messo un pallino rosso accanto ai nomi con maggiore esperienza in casi analoghi al suo. Quelli che ne sono privi, non vuol dire che siano meno preparati, ma solo che non hanno svolto il tipo di servizio che lei richiede -. Tacque.
- Quanti di questi li conosce personalmente? -. Domandò.
- Alcuni. Sì, alcuni li conosco piuttosto bene.
- Potrebbe allora farmi la cortesia di indicarmeli? -. E le porse il foglio. – Le procuro una penna -. Aggiunse subito dopo.
- Non è necessario dottore, ho la mia -. Frugò nelle tasche ed estrasse una biro. Si mosse verso il mobile accanto all’attaccapanni in legno di noce, per appoggiarsi e scrivere. Infine glielo riconsegnò, e ripose la penna ma nel taschino, questa volta.
- La ringrazio. Domani leggerò per bene questa lista e farò qualche telefonata -. Posò il foglio sul piccolo mobile che era servito da scrivania, e per fermarlo vi mise sopra una piccola statua di Capodimonte. Raffigurava un bambino sdraiato a terra, che osservava un’oca.
- Se non ha più bisogno di me dottore, andrei a casa. Ci rivedremo domani mattina, alla solita ora.
- Alle otto -. Disse il risolutore passandosi le mani sugli occhi stanchi.
- Buonanotte -. Augurò la donna, infilandosi un lungo soprabito chiaro.
- Buonanotte -. Replicò il risolutore, accompagnandola poi sino sul pianerottolo.
Con la porta di casa spalancata, attese che l’ascensore toccasse il piano terra, poi sentì la porta aprirsi, richiudersi, i passi della donna verso il portone, lo scatto della serratura, e infine il tonfo. La luce della scala si spense, e allora rientrò in casa.
Dopo che ebbe chiuso il portone di casa, restò immobile per alcuni secondi, con gli occhi chiusi.

Infine si mosse; prese lo zaino, e dopo aver aperto la porta della prima stanza, a destra, senza accendere la luce o entrarvi, ve lo ripose. Poi si diresse verso una camera, sempre a destra del lungo corridoio.
- Come va, papà? -. Disse varcandone la soglia, e avvicinandosi con passo risoluto al letto ortopedico. Spostò un po’ da parte la sedia a rotelle, e sedette sulla sponda.
Lì c’era un uomo di circa 70 anni, corpulento, molto pallido, con radi capelli bianchi sulla testa lucida, labbra sottili, che non rispose nulla. Da circa cinque anni tutto quello che diceva, era un “Bo, bo, bo”, ripetuto a intervalli più o meno regolari.
Il risolutore si alzò, si spostò ai piedi del letto e azionò la manovella per abbassare lo schienale. Quindi tornò ad occupare la posizione di prima.

Un ictus aveva ridotto l’uomo in quello stato, e per questo era stato necessario assumere a tempo pieno un’infermiera che lo accudisse in tutto e per tutto. Ogni giorno, tutti i giorni da allora, quella casa di 100 metri quadrati, silenziosa, in ordine, con un piccolo balcone ricolmo di gerani, e poche piante grasse, ospitava un uomo, un figlio, e un’infermiera che solo un paio di settimane all’anno, in occasione delle ferie, lasciava l’incarico ad un’altra collega.
Il figlio estrasse un fazzoletto di carta dalla confezione azzurra sul comodino, e gli asciugò la bava che da un angolo della bocca, scendeva lungo il mento. Poi si alzò, e abbassò la luminosità della stanza fino a immergerla in una soffice penombra di ambra.
- Bo, bo, bo -. Disse, e fissò gli occhi chiari, acquosi, su quella persona che da tanto tempo non riconosceva più.
- Non preoccuparti -. Mormorò il figlio gettando il fazzoletto nel cestino della spazzatura. – Io me ne vado a Roma, e tu vieni con me. Niente cliniche, niente di niente. Resteremo assieme. Fino a quando potremo, non ci separeremo, vero? Ma ci pensi? Altro che Madagascar, o la California -. Aggiunse dopo una pausa, sorridendo.
- A Roma, dove hai sempre sognato di andare. Il Vaticano, il Colosseo, Trastevere, il Circo Massimo, il Pantheon. Cercherò una casa al pian terreno, così uscire sarà più semplice. Faremo ogni domenica una bella gita fuori porta, come dicono i romani. Perché a Roma, si fa come i romani, giusto? -. Gli abbottonò l’ultimo bottone del pigiama azzurro, sistemò la piega del copriletto colorato e controllò che le unghie delle mani non fossero lunghe.
- La Città Eterna: eterna come certi dolori -. Aggiunse d’un tratto, in un soffio.
Posò la mano sinistra sulla spalla del padre, che stava scivolando nel sonno, e chinò il capo. Restò immobile per un minuto intero. Quando si staccò dal letto, lentamente per non spezzare il torpore in cui stava precipitando l’uomo, aveva gli occhi arrossati.


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