Dalla parte delle bambine

Da Jessi

Il post di oggi ha una causa contingente, una battuta trasmessa dai media, cui però non farò riferimento esplicito perchè la polemica non mi interessa. Il punto che mi sta a cuore è invece molto ben discusso in questo post di Princess Free Zone, in cui si riporta un commento della scrittrice Eve Ensler:

“Penso che il mondo intero sia essenzialmente costruito intorno al fatto di non essere una bambina. Come cresciamo i bambini? Essere una bambino in essenza significa non essere una bambina. Essere un uomo significa non essere una bambina. Essere forte significa non essere una bambina. Essere un leader significa non essere una bambina. In realtà, penso che essere una bambina sia una cosa tanto potente che dobbiamo educare tutti a non esserlo.”

“I think the whole world has essentially been brought up not to be a girl. How do we bring up boys? What does it mean to be a boy? To be a boy really means not to be a girl. To be a man means not to be a girl. To be a woman means not to be a girl. To be strong means not to be a girl. To be a leader means not to be a girl. I actually think that being a girl is so powerful that we’ve had to train everyone not to be that. ”

 L’argomento è così pervasivo e pervicace nella nostra cultura e nei media che troppo spesso non ce ne rendiamo conto. Ad esempio, una mamma, Catia,  scrive sulla nostra pagina Facebook:

Quando ne ho parlato, in occasione di una riunione tra genitori e docenti, mi hanno guardata come se fossi una extra terrestre. Ho anche presentato un piccolo progetto per insegnati, genitori e alunni, proprio su questi temi, come ad esempio l’uso sessista del linguaggio in classe (non piangere come una femminuccia!). Anche i compiti di cura vengono chiesti maggiormente alle femmine (sistema i colori, vai a fare le fotocopie, ecc.). Per non parlare della maggiore tolleranza nei confronti dei maschi quando eccedono nei giochi. Naturalmente, il progetto non é stato neanche posto all’attenzione del Consiglio di Istituto. Eppure, l’approccio culturale a questi tempi è l’unica strada percorribile se si vuole smettere di contare le morti per femminicidio.

Non si tratta di riscrivere le fiabe della tradizione, non si tratta solo di presentare modelli diversi, perchè purtroppo questo tipo di cultura si insinua, come vediamo nel racconto di Catia, nei nostri usi quotidani del linguaggio, nelle nostre abitudini più semplici e apparentemente innocue. Nelle metafore del linguaggio quotidiano e politico.

Per iniziare a fare davvero qualcosa per le bambine, forse dovremmo iniziare da loro, apprezzandone le caratteristiche individuali, guardandole crescere senza cercare di modellarle sugli stereotipi e su ciò che la società oggi comunemente si aspetta da loro. Preparandole a rispondere ad una cultura poco accogliente. Mi vengono in mente tanti esempi, ma preferisco raccontarvi due episodi per me tenerissimi di cosa vuole dire essere una bambina per la Bibi.

In questi giorni, nella nostra città, abbiamo avuto una festa di Halloween che dura tre giorni e tre notti quasi interrottamente. Per le strade si incontravano supereroi, strane principesse, tagliateste e mostri vari. Abbiamo sentito una nonna che diceva al nipotino, per altro tranquillo: “Poverino, chissà che paura e che incubi stanotte con tutti questi mostri!” La sera, nel lettone, all’improvviso la Bibi mi guarda e dice: “Mamma, i mostri!! Io pura!!” Hai paura dei mostri? “No, io pumm!!” E fa il gesto di tirare un pugno, come per dirmi: “Mamma, so difendermi, io, se serve.” Mi sono sentita sollevata, mi sono chiesta dove avesse trovato questa risposta, questa forza che, penso, è la forza di chi non aggredisce ma sa difendersi. Una forza bambina.

Come quando la vedo correre libera e sicura ma capace, senza contraddizioni, di vedere raccogliere e proteggere i fiori più delicati.

Dalla parte delle bambine

Quali sono i vostri esempi di forza bambina? Da dove possiamo iniziare, come genitori e educatori, a valorizzarla e a non stigmatizzarla, per ricavarne, forse, un insegnamento per tutti?

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