Magazine Diario personale
Così, per passare un po' il tempo tra un bicchiere strofinato e l'altro, ho messo su il secondo CD di Dalla & De Gregori, Work in Progress, comprato qualche settimana fa alla Feltrinelli sull'onda emotiva della scomparsa del vecchio Lucio. Il potere detergente del detersivo sulle mani già ruvide, le bolle colorate liberate dallo strofinare e il profumo di limone hanno fatto da sottofondo a Caruso, Rimmel, La donna cannone e un'altra serie di successi dei tempi che furono. Dozzinale, mi rendo conto.
Tuttavia, una canzone dopo l'altra, mi sono trovato a pensare che, in fondo, ascoltare un po' malinconici le canzoni di un cantante che ci piaceva (e che è scomparso), altro non è che un surrogato della vecchiaia. Una sorta di anticipazione di senilità. Certo non è l'unica, e ben si colloca all'interno di quell'ampio paniere dei comportamenti a rischio: mettere il cappello magari mentre si guida, perdere i capelli (non per forza in quest'ordine!), guardare i lavori pubblici con le mani incrociate dietro la schiena, mal-tollerare i ragazzini che alzano la voce sui mezzi pubblici e via discorrendo. Anche usare l'espressione "e via discorrendo", a pensarci bene.
Lucio Battisti è morto il 9 settembre 1998. Avevo 14 anni compiuti e l'unica canzone che conoscevo, probabilmente era "Dieci ragazze", brano che evoca vaghi ricordi di gite in pullman in montagna, quando bastava un mangianastri per scatenare emozioni. Per il sottoscritto quel cantautore italiano dalla chioma folta e dalla voce in falsetto non era molto più di questo.Quella sera la Rai, in prima serata appena dopo il Tg, dava un lungo speciale sulla figura dell'autore di "Fiori rosa, fiori di pesco". Vari ospiti in studio che ci apparirebbero vestiti e pettinati in modo osceno visti con gli occhi di oggi, qualche collegamento in giro per l'Italia e una miriade di video di repertorio. Poca pubblicità e fine della trasmissione alle 22.30, come si addiceva allo "stile dell'epoca".Mia mamma se ne stava in salotto, la Tv a tutto volume e il videoregistratore impegnato a impressionare su pellicola quella specie di camera ardente mediatica.Non ricordo quasi nulla se non un gran senso di insofferenza, noia, inutilità e quell'idea un po' pre-adolescenziale della morte come di un mostro lontano di cui a malapena si è sentito parlare e che appartiene ad un mondo remoto che, forse nemmeno esiste davvero.Probabilmente su Telemontecarlo c'era una diretta di una partita di basket dei Chicago Bulls. A che poteva servire stare lì incollati allo schermo a sentir canzonette?
Il tempo ci scorre sotto i piedi, veloce almeno quanto lo sfrigolare di una puntina su un 33 giri. Tanto vale ballare.
Lenzuola bianche per coprirci non ne ho
sotto le stelle in Piazza Grande,
e se la vita non ha sogni io li ho e te li do.
E se non ci sarà più gente come me
voglio morire in Piazza Grande,
tra i gatti che non han padrone come me attorno a me
Lucio DallaPiazza Grande
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