CASALE CREMASCO (Cremona) Il primo incontro fra una delegazione dell’azienda alimentare Danone e le rappresentanze sindacali si svolgerà mercoledì in Assolombarda. E’ l’inizio della trattativa che per cento dipendenti vale il posto di lavoro. Salvare la fabbrica è diventata una un’esigenza improvvisa, da quando la multinazionale francese, che usa a Casale Cremasco in affitto lo stabilimento di proprietà della Galbani, ha annunciato di voler trasferire la produzione e il confezionamento di yogurt in Belgio, licenziando così 87 operai a Casale e 13 amministrativi negli uffici della sede di Milano. E le apparecchiature di produzione e confezionamento dello yogurt, di proprietà francese, non della Galbani, verrebbero trasferite anch’esse in Belgio, lasciando vuota la fabbrica cremasca. E’ questa l’eventualità più temuta dai dipendenti. I sindacati sperano di arrivare a un accordo, a una diversa proprietà, a una soluzione che in ogni caso non esuberi 100 persone.
In Belgio la legislazione consente di produrre alimenti usando latte in polvere, risparmiando quindi sull’approvvigionamento di materia prima. In Italia i prodotti fatti con latte in polvere si possono importare, ma non produrre con risultati dannosi per l’economia. Proprio la qualità della produzione però è la forza della Danone di Casale Cremasco, che d’altro lato non è nemmeno in perdita. Il fatturato della ditta locale è diminuito e anche l’utile negli ultimi anni, spiega un sindacalista che per timore di ritorsioni chiede di mantenere l’anonimato. Il bilancio della fabbrica però non è negativo. La multinazionale francese considera anche la spesa di trasporto per euro al chilometro: eppure mantiene l’intenzione di trasportare lo yogurt, in futuro, dal Belgio anche in centro Italia. Ci sono dubbi sui caratteri economici della strategia della Danone, la quale teme un ulteriore peggioramento dei bilanci di Casale Cremasco. La Danone è presente in cento Paesi e intende chiudere anche altri due stabilimenti: ad Hagenow in Germania, dove lavorano in 70, e a Budapest in Ungheria, dove i dipendenti sono 155. Il motivo è sempre lo stesso: i consumatori hanno meno soldi per fare la spesa e le condizioni economiche si fanno sempre più difficili.
(notizia trasmessa da http://www.telecolor.net)