Dante Alighieri (1265-1321) è considerato un gigante della letteratura mondiale di ogni tempo.
Nel suo capolavoro “La Divina Commedia” egli trasfuse tutto lo scibile filosofico, astronomico, storico, politico e letterario allora conosciuto anche se, come sostiene lo scrittore Angelo Ruggeri (che sta predisponendo un volume su Dante e il suo tempo, che vuole essere anche una risposta alle imprecisioni contenute nel recente libro ‘Dante in love’ dello scrittore inglese A.N. Wilson, che tante polemiche ha suscitato anche in Inghilterra ), è un errore attribuire a Dante personalmente tutto quanto messo in bocca ai suoi personaggi della Divina Commedia.
Lo scrittore mi ha fatto avere alcuni spunti che egli svilupperà nella sua prossima pubblicazione dedicata al sommo poeta.
Ecco di seguito, in sunto, quanto sostenuto da Angelo Ruggeri:
“In una Italia preda di violenze e guerre, dove non c’era posto per chi rimaneva neutrale, egli fu costretto per sopravvivere ad appoggiarsi ai ghibellini, i partigiani degli imperatori d’occidente, ed in questo suo comportamento egli seguì le orme del suo Maestro Virgilio che, dopo essere stato espropriato della terra avita e costretto ad emigrare dalla sua città dalle truppe di Antonio e Ottaviano, dovette rassegnarsi ad accettare la protezione di costui, divenuto Augusto.
Tutto ciò Dante implicitamente lo dice nel momento in cui si sceglie Virgilio come guida nell’attraversamento dell’inferno e del purgatorio e non potrebbe essere più chiaro .
Virgilio scrisse un poema per celebrare le origini di Roma e la discendenza di Augusto da Iulo figlio di Enea, come lo stesso imperatore proclamava, ma le prime origini e i torti subiti non si dimenticano mai : egli era stato privato da Antonio ed Augusto della terra avita, al di là dell’adulazione dovuta al nuovo Principe, vanamente si cercherà in Virgilio una legittimazione del nuovo potere imperiale. Egli resterà sempre il poeta dei popoli italici soggiogati da Roma, il poeta dei contadini privati della terra che vanamente sperano in un salvatore avvenire, il poeta di Turno e Camilla, difensori dei popoli del Lazio contro i quali Roma condusse guerre molto dure. Proprio come nell’Iliade di Omero, dove l’eroe verso il quale vanno le simpatie del poeta e dei lettori, non si deve cercare fra i greci vincitori, ma in Ettore, il difensore della patria troiana.
Io penso che il sostegno di Dante alla causa degli imperatori sia stato dello stesso tipo di quello di Virgilio: un’adesione formale che nasconde una critica sostanziale e distruttiva dell’ideologia imperiale.
Questa dunque la mia tesi:
il passaggio di Dante nel campo dei ghibellini, non proveniva da una conversione interiore, ma fu imposto da “cause di forza maggiore”, egli seguì l’esempio del suo amato maestro e di moltissimi altri prima e dopo di lui. Scacciato come ladro dalla propria città e minacciato da una accusa di eresia, egli rischiava il rogo oltre che il taglio della mano e fu necessità per lui accogliere l’aiuto che gli veniva offerto dalla parte avversa, anche perché come esule politico poteva aspettarsi migliore accoglienza che non come “ladro fuggitivo”.
A me sembra che nelle scuole italiane questo fatto non sia messo nella giusta evidenza. Nell’esilio Dante scrisse il suo poema (ma si dice che i primi sette Canti fossero già stati scritti in Firenze) e lo chiamò “Commedia”, cui fu aggiunto l’aggettivo ”Divina”, sia per la sua bellezza che per gli argomenti di cui trattava e la commedia è un genere letterario che- a differenza della tragedia e dell’epica- ammette una rappresentazione realistica ed ironica dei fatti narrati.
Il poeta Orazio ci insegna che i personaggi sia della tragedia che della commedia devono agire e parlare coerentemente con ciò che fecero in vita o con i caratteri che la tradizione ci ha tramandato di loro, ma attenzione! Nella commedia, come anche nella tragedia, non ci si deve aspettare quel rigore sulla verità dei fatti narrati che si deve o si dovrebbe pretendere dallo storico: senza scrivere il falso, il poeta può illuminare con luce più viva uno o un altro aspetto dei fatti narrati , scorgere in essi significati simbolici, trasformare i personaggi da individui storicamente determinati in eroi quasi mitici che assumono valenza universale, come gli eroi di Omero o Virgilio. Sbagliano dunque coloro che rimproverano Dante per errori o inesattezze nella narrazione dei fatti: egli è un poeta non uno storico e ed io penso che egli nello scrivere il poema abbia tenuto in mente le parole di Aristotele sulla diversa funzione dello storico e del poeta…
Nel suo viaggio ultraterreno, che comincia nell’Inferno e, attraversato il Purgatorio, termina in Paradiso, Dante incontra molti personaggi celebri, alcuni storici ,altri mitici e fra questi alcuni presi dalla Bibbia ed altri dalla tradizione pagana.
Con essi Dante parla di svariati argomenti: molti letterati commettono errori grossolani quando attribuiscono a Dante idee e pensieri che non sono i suoi, ma appartengono ai personaggi che li affermano nei loro discorsi.
Quando, per esempio, Giustiniano fa il suo celebre excursus di storia romana, egli parla per sè, a difesa della legittimità dell’Impero d’Oriente, contro le pretese dei Ghibellini schierati con l’impero d’Occidente, le cui ragioni sono difese da Marco Lombardo , Farinata parla per i ghibellini di Toscana e ci fa sapere senza ombra di dubbio l’appartenenza della famiglia di Dante alla parte guelfa. Vedremo a suo tempo le ragioni degli uni e degli altri. Ugualmente sul fronte religioso ed anche in quello artistico letterario, i tanti Santi incontrati ci rivelano ciascuno le varie tendenze presenti nella Chiesa e così i poeti e gli artisti ci danno un quadro vivace dell’arte e della poesia di allora. Proprio ciò rende grande il poema di Dante: tutto il mondo vi è rappresentato e grazie al suo genio poetico i suoi personaggi assumono rilievo epico ed universale.“