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Dar es Salaam (Tanzania) /Gli "auguri" di Baba Francesco

Creato il 15 dicembre 2013 da Marianna06

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  LUI LEI E JOYCE

“Ahi, serva Italia di dolore ostello...

non donna di province, ma bordello”

(Dante Alighieri).

Proprio così: bordello.

L’Italia è un casino di forconi che rompono, di grillini che insultano, di berluska che ricattano, mentre tanti altri non sono farina da far ostie. E se ne fregano del dolore che attanaglia il cuore delle tantissime vittime della crisi sociale.

Questa è l’Italia sulla quale piango anch’io dal Tanzania. Ma è pure il paese al quale qualcuno annuncia: “Oggi è nato per voi il salvatore”.

È un Bambino-Dio.

 

Carissimi amici,

facciamo posto a questo Bambino-Dio.

Ci conviene nel bordello dell’Italia e del mondo.

Buon Natale a tutti.

 

- Molti di voi mi scrivono: raccontaci qualcosa di te stesso. Ebbene, quando dico che sto bene, cosa volete di più nel presente “ostello di dolore” dell’universo?

- Altri mi chiedono: quando verrai in Italia? Risposta: per la quaresima-pasqua del 2014 sarò a Torino, oltre che a Falzé.

I miei occhi, color pesce stracco, sono vittime della cataratta, e dovrò operarmi.

Ve lo immaginate un giornalista come il sottoscritto, che deve leggere e scrivere in swahili, con gli occhi che fanno cilecca?

- Altri ancora, gentilissimi, mi hanno augurato: buon compleanno.

Già, ho compiuto 70 anni. Ho letto il salmo 90 (89), che recita: “Gli anni della vita sono 70, 80 per i più robusti, ma il loro agitarsi è fatica e delusione”.

No, amico salmista, i miei 70 anni non sono stati “fatica e delusione”, bensì lavoro e consolazione, nonostante tutto e tutti.

Compiendo 70 anni, ho pure pensato alla morte. A proposito chiedo:

la bara meno costosa, nessun fiore, nessuna predica. Al termine della preghiera, se potete, cantate un inno alla Madonna. Seppellitemi dove muoio.

E che il Buon Dio mi usi misericordia.

Come sapete, sono un missionario giornalista e “procuratore”.

“Procuratore” significa: se un missionario confratello deve partire, gli “procuro” il biglietto; se ha bisogno di un filtro per l’acqua, glielo “procuro”, se necessita di un pezzo di ricambio per l’auto in panne, glielo “procuro”, eccetera, eccetera.

Inoltre accolgo i parenti e gli amici che visitano i missionari in Tanzania.

Lavoro con Nadia, missionaria laica della Consolata.

 

Durante la scorsa estate sulla porta della casa-procura di Dar Es Salaam si sono affacciate numerose persone, anche discutibili.

Lui e lei si sono presentati così: “Cerchiamo un posto per meditare la parola di Dio”. Vanno in cappella. Dopo mezz’ora sono ancora là, in silenzio.

Lei parla con uno sguardo luminoso e lungimirante e lui risponde con occhi dolci e sicuri. Lui e lei, giovani morosi, con la Bibbia in mano.

 

Finalmente Joyce arriva. Ma, a dispetto del suo nome, è stravolta. Ha camminato due ore sotto il sole spietato di Dar Es Salaam.

“Padre, scusa: sono in ritardo di due ore sul lavoro. Domani resterò a casa, perché non ho soldi per pagare l’autobus. Aspetterò fino alla fine del mese, quando prenderò la paga”.

Vedo gli occhi di Joyce gonfi di lacrime e fatica. Metto una mano in tasca e trovo qualcosa...

Un giorno a quel Bambino-Dio, nato in una stalla di Betlemme, qualcuno offrì oro, incenso e mirra.

Ed io che dovevo fare di fronte alla stanchissima Joyce?

 

  p.  Francesco Bernardi (IMC)

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   a cura di  Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

 


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