Ho visto il video “Dareste uno schiaffo a una bambina?” , realizzato con un gruppo di ragazzini (maschi), intervistati da un adulto. Sono poste domande generiche ai ragazzini dalla voce fuori campo. E si notano le loro reazioni allegre, spensierate. Poi arriva una ragazzina. Dopo altre domande, centrate adesso su di lei (es: falle una carezza, fai una smorfia), si chiede ai ragazzi di darle uno schiaffo.
I ragazzi cambiano espressione: sembrano scossi, meravigliati, sconcertati. E dicono tutti di no, con diverse motivazioni (alcune, certo, un po’ vecchio stampo e paternalistiche, ma sono bambini educati dalla nostra cultura, da noi).
Ciò detto, vorrei scrivere qualcosa anch’io su questo video, soprattutto in risposta a quelle femministe che nei social (Facebook in primis) lo attaccano come amazzoni in guerra. Perché a me questo video, PIACE.
Cosa viene criticato di questo video? Queste le “accuse” principali che leggo:
1) è un video “costruito”
2) è un video intriso di cultura patriarcale e paternalismo
3) la bambina è passiva e non ha ruolo attivo.
Allora, vado per ordine:
1) Il video è “costruito”, cioè guidato, organizzato, come ogni situazione di studio in ambito educativo. Io sono formatrice e lavoro nelle scuole. Quando (per esempio) si creano situazioni di role playing, logicamente si attribuiscono ruoli, si pongono domande “guidate”. Vi aspettavate che il video avesse la sceneggiatura e la regia di un bambino di dieci anni? Non mi risulta che accada mai.
2) la cultura patriarcale la respiriamo tutti e tutte, voi comprese, me compresa. Quindi pretendere che dei ragazzini possano rispondere nel modo perfetto che volete voi, mi pare alquanto assurdo. Le loro risposte sono “intrise di cultura patriarcale” perché siamo stati NOI AD EDUCARLI COSI’. Volevate forse delle risposte scritte da voi, pianificate a tavolino e imparate a memoria da questi ragazzi? Questo video può costituire un ottimo (sottolineo ottimo) spunto di esame di coscienza per noi. Potrebbe, per esempio, essere sottoposto a degli studenti nelle scuole superiori, chiedendo loro delle risposte alternative e meno “patriarcali”.
3) La bambina è non attiva e c’è un ovvio motivo. Quando in una situazione umana ci sono due o più soggetti, esistono degli input (stimoli) dati da una parte e degli output (risposte) date dall’altra parte. Se cambiamo gli input, sono modificati ovviamente anche gli output. Qui l’oggetto di studio erano le REAZIONI DEI RAGAZZI: se la ragazzina avesse detto o fatto qualcosa, interagendo o protestando, sarebbero ovviamente state condizionate anche le risposte dei ragazzi. Qui, invece, si voleva cogliere la loro immediatezza e spontaneità.
Per chi avesse dubbi poi sulla validità del mio pensiero: so riflettere sufficientemente sui comportamenti umani, per motivi di studio e professione. Cosa che inviterei a fare, prima di condannare qualsiasi iniziativa attuata contro la VIOLENZA DI GENERE.
Ma si sa, va di moda fare le femministe incazzate (basterebbe fare le femministe impegnate, ma sul serio). Chi urla di più, ha più spazio nel web. Ma non è detto che abbia ragione.
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CONTATTI 28 dicembre 2014: 47.500
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