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Il problema è che il posto di lavoro tanto caldeggiato non è altro che un antro oscuro in cui Michelle , assieme ad altre, viene seviziata e torturata da tre fratelli psicopatici integralisti cristiani, che con la promessa di set fotografici attraggono modelle nella loro lussuosa tenuta.
Per Michelle è appena iniziata una lotta per la sopravvivenza all'ultimo sangue.
Esordio alla regia dell'attrice e produttrice Britt Napier , Darkroom è come uno stiletto: acuminato, corto e che arriva subito al punto dove fa più male.
Se la stanza delle torture fa molto slasher o anche Hostel e derivati, la cosa inedita che è contenuta nel film della Napier è che il background dei carnefici è curato anche meglio di quello delle vittime.
Meritoriamente vengono evitati troppi spiegoni ma i tre fratelli psicopatici ( in realtà due fratelli e una sorella ) sono adeguatamente contestualizzati forse anche meglio rispetto alla veloce scorsa che si dà al passato di Michelle.
E in tempi in cui si cercano di creare background esplicativi riguardo a protagonisti anche quando non se ne sente il bisogno ( vedi il remake de La Casa), il prestare più attenzione agli antagonisti (i carnefici in questo caso) e alle loro ragioni che non alle vittime è un fatto che porta perlomeno un punto di originalità in un copione che altrimenti rischierebbe davvero di essere la fiera del deja vù e che si confonderebbe con decine e decine di altre storie identiche.
I tre carnefici sono vittime di abusi nella loro infanzia e si sentono autorizzati ad amministrare penitenze per i peccatori che riescono a portare nella loro stanza delle torture.
Perchè tutto questo? Non è dato saperlo ma tenere questo punto avvolto nel mistero non è poi così male perchè c'è rischio elevato di banalizzare quello che viene raccontato.
In virtù poi di una durata piuttosto contenuta ( siamo sotto gli 80 minuti , titoli di testa e titoli di coda compresi ) e di una protagonista tratteggiata in modo abbastanza veloce ma non superficiale, non ci si perde tanto in chiacchiere e si entra subito in quello che è il piatto forte del film: le sequenze di tortura.
Ora , da questo punto di vista non c'è nulla di nuovo ma Britt Napier con una regia accorta e che evita troppi tremolii ( con relativo effetto mal di mare) riesce a generare una sensazione d'ansia in crescendo, la stessa ansia che cresce in Michelle alla disperata ricerca di una via di fuga.
Lo spettatore non ha un punto di vista privilegiato , vede tutto con gli occhi della protagonista e questo rende più semplice il processo di identificazione creando di fatto una sorta di falsa soggettiva che dal punto di vista della creazione e del mantenimento della suspense è un ottimo espediente.
Ed è anche qualcosa di disturbante perchè Michelle ( interpretata da una vera e propria valchiria che risponde al nome di Kaylee DeFer, vista in parecchie serie televisive e in Red State, di Kevin Smith) non è un bel personaggio in cui identificarsi, soprattutto con quel background di colpe da espiare e con un presente talmente nebuloso che è impossibile da decifrare.
Si resta comunque incollati alla poltrona fino all'ultimo minuto e credo che questo sia lo scopo ultimo che si prefiggeva Darkroom dal basso del suo budget risicato, dell'unità di tempo e di luogo oltre che del numero limitato di attori.
Giusto per affermare nuovamente che per fare un buon film horror ( su imdb. com questo film è catalogato come thriller ma è un horror bello e buono anche se con i suoi bei momenti di thrilling) occorrono idee, poche ma buone nel caso di questa pellicola, molto più che soldi.
Darkroom non è un caposaldo del genere ma funziona per via di una realizzazione solida ed efficace, 80 minuti da passare senza avere poi troppi sensi di colpa per quello che si è appena visto....
( VOTO : 6 + / 10 )
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