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David Cameron censura il porno.

Creato il 21 novembre 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online
David Cameron

Photo credit: DFID – UK Department for International Development / Foter.com / CC BY

E’ curioso come in tempi in cui le istanze progressiste, forse anche rafforzate dalla difficile situazione economica, avanzano implacabili ed ottengono conquiste a loro ascrivibili in tutto il mondo (si pensi alla moda della legalizzazione delle droghe leggere scoppiata l’anno scorso che ha interessato non solo Colorado e Washington ma anche l’Uruguay, o le sempre maggiori possibilità date alle coppie omosessuali), David Cameron decida di virare totalmente rotta e introdurre un piano di forte censura del web.

Dietro la motivazione di proteggere i minori da contenuti a loro inadatti (il “think of the children” è un mantra spesso ripetuto al di là della Manica ma non solo) le nuove norme prevedono un obbligatorio blocco dei siti pornografici da parte dei provider internet. L’oscuramento può essere eliminato attraverso una richiesta formale da parte del cliente, ma, come dichiarato da alcuni sostenitori, “si sa che le persone restano con le impostazioni di base”.

Questa misura piuttosto drastica giunge alla fine di un percorso che era partito con l’intento di limitare, e possibilmente rimuovere, la possibilità di accesso ai siti pedopornografici. L’aspra lotta alla pedopornografia è sempre andata di pari passo con l’evoluzione del web, per quanto oggi il materiale incriminato sia rintracciabile solo attraverso metodi complessi (per intendere, non è certo digitando su google determinate parole che si accede ai contenuti).

Il “filtro”, così è stato definito, si è tuttavia ulteriormente evoluto, e oltre a siti pornografici e pedopornografici (che prima di essere bloccati, va ricordato, vanno trovati – e molto spesso i primi a trovarli sono proprio i minori, spinti dalla curiosità e da semplice adolescenza) pare bloccherà di base siti aventi contenuto violento, estremista, o terrorista; quelli riguardanti anoressia, bulimia, e disordini alimentari; quelli aventi come argomento il suicidio. Sarà possibile vedere censurate inoltre parti di web dedicate all’alcool, al fumo (in senso largamente inteso), e semplicemente i “web forum”. Non è assolutamente chiaro né cosa si intenda per queste categorie, che paiono estremamente ampie, né chi potrà decidere quale sito rispetti la legge e quale meriti la censura.

Com’era evidente il piano di Cameron ha avuto ripercussioni durissime e critiche severe da parte di chi nel web ci vive e ci sguazza. L’illustre Jimmy Wales, co-fondatore di Wikipedia, l’ha definito “absolutely ridiculous”. La critica di Wales parte dall’estrema facilità con cui si può eliminare il filtro e finisce con considerazioni incredule su come si stiano spendendo “billions and billions of pounds” per censurare il web quando è proprio all’interno di esso che si verificano una serie di crimini che non vengono perseguiti, e tutto alla luce del sole. Si parla di centinaia di dati personali violati ogni giorno, dalle e-mail ai numeri di carte di credito, oppure del cyber-bullismo, che miete vittime ben più di quanto non si pensi, fino all’hacking (termine volutamente improprio) dei siti.

Effettivamente, chiunque conosca un minimo il funzionamento dell’internet, e ne partecipi con un po’ di assiduità, si rende immediatamente conto di quanto il progetto di Cameron sia destinato a fallire. E’ impossibile, tanto per iniziare, filtrare esattamente ciò che si vuole. Le escamotage possibili per aggirare un software sono talmente tante e talmente semplici che chiunque con accesso a google e una normale conoscenza di come reperire informazioni possono conoscerle. E questo vale per utenti e gestori. Il tutto ovviamente ignorando quanto sia informatizzata e digitalizzata la generazione che si vorrebbe proteggere.

Che dire poi della discrezionalità data al software, che proprio in quanto macchina, non riuscirà mai, fino all’invenzione di una vera intelligenza artificiale, a fare distinzioni ed eccezioni. Come faranno i programmatori ad addestrare il software a distinguere tra materiale inerente malattie sessuali, o testi sul sesso, con video e immagini, dalla pornografia o dalla pedopornografia? E’ ovvio che questo non sarà possibile, e il rischio di vedersi censurate pagine “innocenti” non è elevatissimo: è certo.

Infine, la questione del precedente va assolutamente tenuta alla mente: nel momento in cui si dà la possibilità di bloccare liberamente spazi di libera informazione, seppur con tutte le buone motivazioni del caso, ma senza passare attraverso quelle garanzie di terzietà ed imparzialità del giudice, si commette una violazione gravissima della libertà d’espressione, e si pone un precedente pericoloso per tutto ciò che un domani potrà essere definito “contenuto violento o sovversivo”.


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