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Davide Toffolo: L’inverno d’Italia

Creato il 30 settembre 2011 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

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Quando inizia una storia?

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Una versione dominante degli inizi vige anche in Italia, per quanto riguarda le zone di confine con le attuali Slovenia e Croazia. In questa narrazione, l’inizio dei tempi è il settembre 1943. Niente esiste prima di quella data, come se quelle terre fossero sorte all’improvviso dal Mar Adriatico e su di esse si fosse scatenata la brutalità della guerra. Brutalità che sta naturalmente tutta dalla parte delle allora forze Jugoslave, che avrebbero perseguitato e massacrato i buoni e pacifici italiani che lì vivevano. Persecuzione senza ragione, senza movente, senza giustificazione.
L’obiettivo di questa narrazione è costruire una memoria di comodo, che sostituisca la storia.
Come nelle brutte storie di famiglia i bambini sono gli ultimi a sapere, così la storia antecedente l’8 settembre 1943 di quel territorio è stata rimossa, oltre che dal discorso pubblico italiano, dalla storia studiata alla scuola dell’obbligo.
Non solo: su quella vicenda di violenza si sono fondate campagne d’odio, ormai inutili come tassello di politica estera, ma considerate strumento di costruzione del consenso per molte formazioni del centro destra e della destra italiana. Così, mentre la pubblicazione di memoriali e inchieste sulla persecuzione e sull’espulsione degli italiani dai territori di confine hanno trovato la giusta risonanza, quelle che raccontano gli anni fra il 1919 e il 1943 dal punto di vista delle popolazioni slave hanno goduto, fino a questi anni, di fortuna decisamente minore. Si pensi solo che il romanzo Necropoli di Boris Pahor [1] ha atteso quaranta (40!) anni per essere pubblicato in Italia da una delle nostre maggiori case editrici.

Ma che cosa abbiamo da nascondere?

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Molte cose.
Questo volume di Toffolo ne mostra una.
Internavamo civili in campi di concentramento, li massacravamo di lavoro e li lasciavamo morire di fatica e fame. La loro colpa? Non essere italiani. Oggi la chiamiamo pulizia etnica. Che, quando è organizzata e si realizza nell’uccisione di tutti gli elementi sgraditi, diventa genocidio. Questo era il progetto italiano per quei territori. Le parole d’ordine erano “Fascistizzazione” e “Italianizzazione” e sono spiegate crudamente nei capitoli Il Millepiedi (Giudita: “Ma tu hai capito che cosa vogliono da noi?”. Drago: “Vogliono che diventiamo come loro. […] Gli italiani sono diavoli“) e “La Mosca“, dove in forma di incubo Drago sogna la fame, la deportazione, lo sterminio e l’occupazione.

In quei campi c’erano bambini.
Noi uccidevamo quei bambini.
Dopo aver ucciso i loro padri, le loro madri. Dopo aver distrutto le loro case, i loro villaggi [2] .

Che cosa possono fare i bambini in un campo di sterminio? Come possono sopravvivere?
Toffolo sceglie di raccontare la storia di due bambini che sopravvivono al campo. E sceglie di raccontarla con il linguaggio delle strisce. In questo modo si svincola programmaticamente dalla necessità di una trama e può illuminare momenti ed emozioni. E può giocare con il ritmo della lettura: la struttura in due vignette, apertura e immediata chiusura, comunica un senso di spazi ristretti, di impossibilità di manovra per cercare punti di contatto. La ripetizione di questa unità e delle situazioni riesce a rendere l’ossessione con cui Giudita cerca un contatto con Drago. Ricerca ossessiva, perché Giudita sa che l’isolamento uccide, che deve aggrapparsi a qualcuno. Le piccole variazioni delle posizioni dei due bambini raccontano l’evoluzione della loro amicizia, prima ancora delle parole.

Davide Toffolo: L’inverno d’Italia> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="178" width="211" alt="Davide Toffolo: L’inverno d’Italia >> LoSpazioBianco" class="alignleft size-full wp-image-35943" />L’inverno d’Italia è un libro di poesia e istanti dolenti, luminosi, cupi. Accanto ai corpi, alle espressioni che intagliano i volti di Drago e Giudita regna il silenzio delle pause. Queste pause sono tempi che tocca al lettore riempire (con pietà, commiserazione, rabbia, indignazione, vergogna). E L’inverno di Italia è poesia perché Toffolo racconta per allusione: i bambini raccontano il brutto, ma noi non lo vediamo e così Toffolo mette in scena il racconto dell’orrore, non l’orrore.
È un racconto morale, composto con minuta sapienza tecnica e mai didascalico. La dedica “Alla gente Rom, perseguitata oggi in Europa”, ricorda che i nomi dei protagonisti possono cambiare nel tempo e nello spazio, ma la malattia è sempre la stessa.
Da leggere e far leggere.

Abbiamo parlato di:
L’inverno d’Italia
Davide Toffolo
Coconino Press – Fandango, 2010
149 pagine, brossura, bianco e nero – 14,00 €
ISBN: 978-8876181726

Riferimenti:
Coconino Press: www.coconinopress.it
Davide Toffolo: eltofo.blogspot.com

Note:

  1. Boris Pahor e E. Martin: Necropoli, Fazi, 2008 [↩]
  2. Toffolo propone in coda al volume una bibliografia di riferimento, a cui aggiungo: Aleksandra Kersevan, Lager Italiani, Nutrimenti, 2008 [↩]

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