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De fluxu et refluxu metalli

Creato il 19 giugno 2015 da Cicciorusso

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Siamo onesti, ogni tanto piace a tutti fare dialoghi sui massimi sistemi, magari alla sesta birra da 66(6), insieme a quei due-tre amici coi quali puoi parlare di musica per ore, con una bella base sotto, tipo, che so, l’ultimo disco dei Manilla Road; e infilarsi in filosofie che inevitabilmente finiscono per essere dimenticate la mattina dopo perché sei troppo impegnato a far fronte a un bel mal di testa e ti tocca pure far finta di lavorare. Il bello ma anche il brutto di queste piacevoli chiacchiere tra metallari è che quasi sempre si va a parare sulle ‘solite banalità’ alle quali poi ripensi a mente fredda per dirti che, oh, in fondo non sono banalità manco per niente. E se si parte dal quesito cosmogonico del ‘è nato prima Tony Iommi o Satana?’ o più banalmente da uno scettico ‘quest’anno non sta uscendo niente di buono’, si finirà sempre per andare di approfondimenti epistemologici sull’evoluzione stilistica del tale gruppo e chiosare col classico eudemonismo alla ‘chissenefrega, se mi piace vuol dire che è ok’. E il cazzeggiar m’è dolce, insomma.

Cazzeggiando cazzeggiando, dunque, mi facevo la solita domanda banale, che poi banale non è, appunto, su quale sarà il tipo di heavy metal con cui negli anni a venire identificheremo questi anni ’10. Se per gli anni ’80 la faccenda è assai ardua, nel decennio successivo la matassa comincia a dipanarsi più facilmente. Se, quindi, identifico nel mio immaginario il primo lustro degli ’80 nel classic HM, doom e NWOBHM, l’ultimo sarà più power e thrash che altro. E pure se penso a questi ultimi due come ‘generi’ a cavallo, ritrovandomeli anche nel lustro successivo, secondo me i ’90 restano fondamentalmente gli anni d’oro del death e del black metal (e una infatuazione per il gothic: l’amore impossibile che ti lascia più cicatrici che bei ricordi). All’alternative metal, che prendeva corpo sempre in quella fine ’90 e che diventa poi nu-metal, con cui si può identificare un periodazzo bello lungo in cui pare non si riuscisse ad ascoltare altro, aggiungo il cd. post-metal per identificare gli anni ‘00. Ok, sta arrivando la domandona (e non ditemi che non ve la siete mai fatta): per cosa ricorderemo questo decennio? Di certo non per la moda del black metal fighetto, che è già finita. Lo djent? Per carità. E, almeno da questa parte dell’oceano, nemmeno per mathcore et similia. Neanche guardando al recente passato trovo un filo comune. Però, anche se probabilmente non mi vedrete mai scrivere una puntata di Music to light your joints to, mi rendo conto che personalmente trovo soddisfazione costante nell’ascolto di quei dischi che fanno del recupero di vecchie sonorità la propria bandiera e starò pure invecchiando male e precocemente ma secondo me quei millemila gruppi lì che fanno sludge/stoner, comunque inalveolati nel mondo doom e un po’ passatisti se volete ma che raramente deludono, sono talmente efficaci nella loro forma così genuina, partendo da una sostanza fatta di tre accordi e suoni strasaturi, che potrebbero rappresentare l’unica cosa vera e decente che ascolteremo nei prossimi anni. E poi ci sta che in un momento di stanca evolutiva si guardi al passato. Certo, da qui all’identificarli con un intero decennio ne passa, ma al momento non mi viene in mente nient’altro.



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