in seguito a una serie ininterrotta di marmellate a casa è finito lo zucchero.
e così, un po’ per pigrizia, un po’ per mancanza di tempo, da qualche giorno HDC beve il suo caffé (un beverone che farebbe spregio ai peggiori tedeschi) senza il solito paio di cucchiaini.
stamattina, aspettando l’autobus delle 06.25 (che, per i più curiosi, sta arrivando al capolinea alle 07.30, perchè non c’è traffico e parte puntuale) ha chiesto un caffé lungo, cioè un caffè, che per quanto poteva essere lungo, era comunque un terzo di quello che beve lui.
“vuoi una bustina di zucchero?”
“no no, ormai sono abituato, sono due o tre giorni che lo bevo amaro…”
“ok”
prende la tazzina, la appoggia alla bocca, sorseggia il caffè e mi fa: “vado a prendere lo zucchero!”
mi metto a ridere, mi viene in mente l’alberto sordi de “maccaroni, m’hai provocato? mo me te magno!” e continuo a bere il mio cappuccino, rigorosamente senza zucchero che sennò l’aringa cruda ci sta male. :)
e mi viene in mente che dei nostri gusti esiste una precisa spiegazione evolutiva e che ci posso fare un pipponcino, così eccomi qua.
:)
quando siamo “diventati uomini” (espressione assai imprecisa ma questa mi viene) i nostri cuccioli erano esserini pressoché indifesi nel mezzo della savana.
gli adulti erano poco più che raccoglitori di carogne, entravano nella scena dopo i leoni e le iene e si contendevano coi corvi quelle poche proteine rimaste intorno a un osso.
per un cucciolo non mangiare roba contaminata pesantemente era molto importante, così si è sviluppato il “disgusto” per tutto quanto sappia “di rancido”, “di andato a male” di avariato.
immaginate cosa sarebbe successo se un cucciolo d’uomo non avesse provato un istintivo ribrezzo per qualcosa che era in putrefazione da qualche giorno: l’avrebbe mangiata e sarebbe morto.
il disgusto ha guidato la sopravvivenza dei nostri antenati, che si tenevano lontani istintivamente dalle cose eccessivamente pericolose.
anche “l’amaro” ha in parte questa connotazione: le piante velenose sono anche amare, “amare come il veleno” si dice dalle mi’parti e non so se anche dalle vostre.
ma l’amaro è anche quello delle radici che le prime “donne sapiens” raccoglievano, quindi in qualche modo deve essere rimasto fra i gusti tollerabili, e a volte, perfino richiesto, come per esempio nel caso di piante medicinali, o digestive, come la genziana o il rabarbaro.
spesso apprezzare l’amaro è una cosa da “adulti”, da bambina mi chiedevo come potessero i grandi bere cose amare, come i campari, o “gli amari” o perfino la cocacola, che per me era amara e “sapeva di medicina”.
ci sono poi attrazioni per certi sapori, come il sapore delle cose “grasse” che sono molto sviluppate nella nostra specie, ci piace istintivamente e ne siamo golosi, perchè rappresentavano un vantaggio enorme in termini calorici.
lo stesso vale per le proteine, carne, pesci, fagioli.
insomma, quello che ci attrae oggi potrebbe essere stato selezionato centinaia di migliaia di anni fa, per farci soppravvivere in un mondo dove di cibo ce ne era pochissimo e di difficile disponibilità.
fine del pippone, devo scappare, vado a farmi un panino al prosciutto!