È passato l’inverno ed è passato anche il periodo più difficile della stagione riguardo agli allenamenti. Non è mai facile scendere in acqua quando la temperatura esterna si aggira intorno allo zero ed il sogno della maggior parte delle persone è tornare a casa al calduccio. Silvia De Maria, però, non è la classica donna che segue la massa.
Sulla sedia a rotelle dall’età di 24 anni ha trascorso un lungo periodo di riabilitazione e si è avvicinata allo sport come prosecuzione della terapia, proprio come succede in Germania. Da allora è diventata una sportiva infaticabile. Dapprima ha cercato di conciliare lavoro ed allenamenti, poi è passata al professionismo. Anche qui, non ha seguito la carriera regolare. Non si è dedicata anima e corpo ad una disciplina per tutta la vita, ma una volta raggiunto il top in un determinato settore ha deciso di svoltare.
Così, nello sci si è qualificata per Salt Lake City 2002, ma non ha potuto partecipare a causa di un infortunio rimediato un mese prima dell’inizio. Dopodiché si è dedicata al tennis e questa volta è riuscita a partecipare a Pechino 2008. Ora, la nuova ed affascinante sfida riguarda il canottaggio a cui si è avvicinata in modo del tutto casuale. “Non è stata una mia ricerca. Mentre ero a Pechino ho conosciuto Piero Poli, medaglia d’oro a Seoul 1988 ed attuale medico della Nazionale Italiana di Canottaggio. Mi ha messo in contatto con Simona Rasini, allenatrice del settore Adaptive della Società Canottieri Caprera di Torino”.
Gli allenamenti sono più pesanti di qualsiasi altro sport da lei praticato in precedenza: “Mi alleno 2 volte al giorno tutti i giorni ed anche una volta la domenica. Oramai sono in una fase in cui sento la necessità fisiologica di farlo. Ho imparato il concetto del cosiddetto ‘buttare il cuore oltre l’ostacolo’. Questa capacità non è innaturale, ma va educata ed allenata: sono convinta che essere entrati in questo status mentale permetta di avere un approccio più determinato verso ogni cosa. Il canottaggio è anche questo”.
Quanto imparato in questi anni le sarà sicuramente di aiuto questa estate, quando parteciperà alle Paralimpiadi di Londra. Il duro lavoro l’ha ripagata, anche se lei continua a tenere un basso profilo: “Bisogna sottolineare che a Bled noi abbiamo qualificato la barca, non l’equipaggio, quindi il posto lo dobbiamo mantenere dimostrando il nostro valore ogni volta”. È vero, ma con questa tenacia non sarà un problema.
di Edoardo Blandino