Quest’oggi, lettori, sarei più che mai tentata di vergare parole incendiarie contro tutti coloro che ogni otto marzo, senza essere sfiorati dal più vago sospetto di continuare a recitare un copione che ha già esasperato tutti, riaccendono la polemica circa la festa delle donne. Purtroppo però è difficile posizionare in un’ipotetica scala di sgradevolezza la stucchevole retorica di chi teorizza una celebrazione dell’altra metà del cielo che si protragga per tutto l’anno, la frustrazione di chi, nell’impossibilità di instaurare una relazione sana con un’esponente del gentil sesso, distribuisce misoginia un tanto al chilo secondo il celebre meccanismo psicologico della volpe che non raggiunge l’uva e (forse abbiamo trovato un vincitore) l’avvilente spettacolo fornito anno dopo anno da mandrie di femmine con la bava alla bocca che, in tutte le discoteche d’Italia, come Erinni impazzite si svestono di ogni senso del decoro alla vista di uno spogliarellista in perizoma. Così, proprio per non dovermi trovare a scegliere tra nemici egualmente meritori di menzione, ho risolto di saltare a piè pari la festa della donna (così come ho saggiamente passato sotto silenzio San Valentino) e di concentrarmi su un episodio ben più irritante che ho vissuto quest’oggi.
La premessa fondamentale, credo, è la narrazione fedele del mio travagliato rapporto con il tempo che scorre e con l’inaccettabile prospettiva di invecchiare. L’inizio del dramma risale a quasi due anni fa, precisamente l’11 maggio del 2009. In questa data luttuosa mi trovavo in un pub con amici e fidanzato quando quest’ultimo, attratto da un insolito luccichio nella mia chioma scura, scovò il primo dei numerosi capelli bianchi che ora mi scarnificano l’autostima e con insuperabile sfoggio di tatto rivelò la sua strabiliante scoperta all’intera tavolata. In quegli angosciosi istanti, tra i lazzi degli amici e le prevedibili allusioni alle rughe, alla pensione e financo alla menopausa che andarono avanti per qualche minuto, la tragedia si abbatteva su questa fragile psiche e andava a formare un incancellabile spartiacque tra la spensieratezza della mia gioventù, ormai irrimediabilmente perduta, e una vita punteggiata di compleanni trascorsi in lacrime e di via via più frequenti mistificazioni, inaugurate dalla rimozione definitiva dell’anno di nascita dal profilo su Facebook, perpetrate allo scopo di celare la mia età anagrafica ai perfidi occhi del mondo.
Tuttavia, ahimé, posso ingannare chiunque ma non me stessa. Perciò, nonostante dimostri senza dubbio alcuno meno primavere di quelle che mi ritrovo sul groppone, non posso sfuggire allo specchio impietoso che mi svela, giorno dopo giorno, la palpebra un poco cadente, quella piccola ruga all’angolo dell’occhio che non posso più ignorare, l’ennesimo capello brillante da tagliare meticolosamente con la forbicina per le unghie, stando attenta a non strapparlo per il terrore che al suo posto ne crescano altri tre. E non si creda che la mia disinvoltura nello spiattellare tali dolorose circostanze sul web possa rappresentare una delle fasi dell’elaborazione del lutto ed equivalere a a una sorta di accettazione delle medesime: al contrario, si tratta di argomenti oltremodo delicati a cui a pochissimi è consentito accennare e su cui nessuno se non la sottoscritta è autorizzata a ironizzare. O almeno, andrebbe così nel migliore dei mondi possibili; in questo, che è senz’altro candidato alla palma di peggiore, i miei cosiddetti amici e il sangue del mio sangue non si peritano di dileggiarmi sfoderando la sempreverde carta dei temibili trent’anni, iperbole che naturalmente non ha nulla a che vedere con la reale età ma a cui dovrò giocoforza abituarmi dal momento che nessuno di questi fini umoristi è stato finora frenato da alcun delicato sentimento di rispetto. Al contrario: temo che sia esattamente la consapevolezza dello strazio che mi infliggono ad aizzarli contro di me.
Eppure, era proprio il dubbio che questo continuo burlarsi di me sia dovuto alla mia nota sensibilità in materia anziché a un’effettiva percezione della mia supposta anzianità a permettermi di tollerare con sufficiente compostezza gli ignobili attacchi di cui sono spesso fatta oggetto. Lo fanno apposta, mica dicono sul serio: ecco il mantra che mi sono sempre ripetuta da quello sciagurato 11 maggio 2009 e che posso buttare nella pattumiera proprio oggi, giorno nefasto in cui la commessa di Bottega Verde ha infilato campioncini di prodotti anti-età nel sacchetto con i miei acquisti. Questa donna infame scala oggi la classifica dei miei nemici e verrà per sempre ricordata come colei che ha prematuramente, inaspettatamente squarciato il velo di Maya, lasciandomi impotente di fronte alla nuda verità.
È ufficiale, lettori: io sono vecchia e, quel ch’è peggio, non posso più nasconderlo al mondo.
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