Portati qualcosa da leggere quando attraversi Torvajanica in macchina. Soprattutto se sei tu a guidare. Così puoi distogliere lo sguardo da quella quaresima di case appuntate ai lati della litoranea per un tempo interminabile. Se l'attraversi d'estate, un sabato pomeriggio fatto di gelato, di mago del gelato, di pozzo del gelato, di olimpiade del gelato, di ministero del gelato, di consolato del gelato, o, nel peggiore dei casi, di "king" del gelato. O in uno sconsolante crepuscolo di pizza al taglio, pizza al cartone, pizza tonda a porta'vvia, quattro supplì e due ascolane, birra, birra, birra e tavernello. Oppure un sabato sera di zigomi alti, gomiti alti, voci alte, tacchi alti, ormoni alti, bassi alti dagli altoparlanti di SUV alti. Prendi altrimenti il lato blue di Torvajanica, che in realtà è il lato grigio, scegli di attraversarla un sabato mattina di novembre, presto presto, con nessuno in giro, guidando verso sud est, col rado sole che ti acceca all'improvviso, mentre anaconde di sabbia avanzano dalla spiaggia sull'asfalto, accedendo, come faresti tu, dai varchi aperti, in scansione irregolare, ogni tot case, casette, palazzine - quelle belle collezioni di intonaco scrostato, di ringhiere carcinomizzate dalla ruggine salmastra, di tapparelle abbassate senza speranza per mesi di seguito. E' impagabile Torvajanica nel suo antonomastico squallore, potrebbe a buon diritto entrare nel frasario contemporaneo, fornendo un nuovo strumento di descrizione al nostro lessico sempre in crisi di assuefazione, sopraffatto dalle conseguenze del logoramento semantico. "'sto film è proprio 'na Torvajanica" sentiremmo sospirare dal nostro vicino di sedia al cinema, e capiremmo subito che intende condensare in quella parola un concetto ben preciso: è una cosa brutta e noiosa che non finisce più. "Il programma di questo partito è una vera Torvajanica" renderebbe icastico un giudizio di mediocrità progettuale, aggravato dalla inguaribile reiteratività di una certa politica, quella che si subisce senza speranza. Sarebbe molto triste, un giorno, sentirsi dire "Amore, la nostra storia è ormai una Torvajanica.". Vorrebbe dire non solo che è arrivata al capolinea, ma che ha un disperato bisogno di eutanasia. Quella che invoco io per Torvajanica, per regalare ai suoi abitanti il sogno di rivedere il mare, come lo vide Enea, quando, dopo essere sbarcato sulla sua nuova terra, si voltò per guardarsi un'ultima volta indietro.
Con la piena consapevolezza di essersi lasciato alla spalle una Troia ormai bruciata.
Magazine Italia
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