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Primo problema: il "prestito ponte". Atene lo chiede per poter fronteggiare le esigenze di finanziamento fino a quando si potrà chiudere un accordo complessivo: il mese di maggio, secondo quanto ha dichiarato Varoufakis. Il problema è che la Banca centrale europea ha fatto chiaramente capire di non pensarci nemmeno. Dall’Eurotower di Francoforte hanno fatto sapere, informalmente, che Draghi ha spiegato al ministro greco che alla Bce è vietato il finanziamento dei debiti pubblici. L'idea di costruire il "prestito ponte" emettendo titoli di Stato a breve scadenza da far comprare alla Bce sembra dunque impraticabile e occorre trovare in fretta un'altra strada visto che il 28 febbraio scade il programma di sostegno europeo.
Il secondo problema è la Troika. L'organismo formato da Banca centrale europea, Commissione europea e Fondo monetario internazionale, e che finora ha avuto un ruolo centrale in questa vicenda, è il principale bersaglio di Syriza e dei movimenti politici che contestano le politiche economiche dell'UE e di tutti i governi dell’area Euro. Ora che è arrivata al governo sull’onda di un vasto consenso popolare, Syriza deve rispettare le sue promesse elettorali rifiutando di trattare con la Troika. L'Unione Europea su questo non è pregiudizialmente ostile, ma una riforma dell'organismo richiede tempi lunghi che la Grecia non si può permettere. Dunque, o Atene ammorbidisce le sue richieste oppure sarà difficile anche solo avviare una discussione.
La terza questione riguarda la necessità di trovare dei punti su cui trattare o quanto meno un terreno comune su cui avviare il negoziato. Il taglio netto e consistente del debito greco, su cui insiste il nuovo esecutivo di Atene, è una prospettiva che le istituzioni europee e i maggiori partner, che sono ormai creditori diretti della Grecia, non possono accettare in questi termini. I Paesi creditori possono accettare una proroga delle scadenze dei pagamenti e di rivedere i tassi di interesse, ma non certo la riduzione richiesta dai greci. Anche qui, a meno di un ammorbidimento delle posizioni da una parte o dall'altra, è difficile capire come si possa trovare un compromesso.
C'è poi il problema che la questione va ben oltre l'ambito dell'unione monetaria. Gli investitori che hanno accettato di scommettere sul recente ritorno sul mercato della Grecia dopo anni, si sono trovati in mano titoli di Stato triennali con un valore diminuito di circa un terzo rispetto a quello di acquisto. Penalizzarli ulteriormente rischia di far cadere la reputazione della Grecia così in basso da impedirle per molti anni di finanziarsi sul mercato e allungherebbe il tempo necessario per ricorrere agli aiuti dell'Unione.
Infine c'è il problema del rapporto con il Fondo monetario internazionale. Se da una parte il Fmi ha fatto
qualche autocritica sulle politiche imposte alla Grecia, ora non può non pretendere la restituzione di quanto erogato e dunque potrebbe mostrarsi più intransigente anche degli stessi tedeschi. Un diverso trattamento per la Grecia costiutirebbe infatti un precedente dalle conseguenze imprevedibili per tutti i programmi di aiuto presenti e futuri con altri Paesi. Le dichiarazioni di Cristine Lagarde nei giorni delle elezioni greche sono state eloquenti a questo proposito, così come la netta smentita che da New York è arrivata alle affermazioni di Varoufakis sull'avvio di negoziati.
L'11 febbraio è prevista un riunione straordinaria dei Paesi dell'area Euro sulla situazione della Grecia. Lo ha annunciato la portavoce del presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem. La data limite per trovare un'intesa resta il 28 febbraio, quando scade il programma di assistenza finanziaria.
[Fonte Agenzia Askanews]
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