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Debito italiano: è di nuovo di moda?
Alcuni segnali potrebbero indicare un ritorno di interesse da parte degli investitori internazionali sul debito pubblico italiano, attratti dai rendimenti positivi, al contrario di molti altri bond sovrani europei, e da un premio di rischio sull’Italia ingeneroso.
Il debito sovrano italiano sembra essere tornato oggetto di attenzione da parte degli investitori esteri, dopo mesi di forsennate vendite e nessun acquisto. Una prima avvisaglia del possibile cambio di direzione si era avuta nell’asta dei Btp triennali di metà luglio, quando si era registrata una inusuale domanda estera elevata. Ben il 54% dei 3,5 miliardi in collocamento, nonostante il declassamento di Moody’s del giorno precedente, era finito in portafogli oltreconfine. La spiegazione era in gran parte tecnica: la BCE aveva appena azzerato il tasso sulla liquidità parcheggiata dalle banche a Francoforte e i gestori delle tesorerie bancarie avevano puntato una piccola parte di liquidità anche sull’Italia (neanche 2 miliardi sugli oltre 480 ritirati dai forzieri della BCE subito dopo l’azzeramento deltasso), attratti dall’alto rendimento. Un nuovo segnale, tuttavia, è giunto negli ultimi giorni da alcuni investitori istituzionali nordeuropei, in particolare danesi: alcuni fondi pensionistici e assicurativi hanno modificato le loro politiche d’investimento, tornando a guardare con interesse anche il debito nostrano. Si tratta di piccole cifre, poche centinaia di milioni di euro, per lo più investiti in titoli a breve termine. Ma indicative del fatto che forse il periodo di quarantena dell’Italia sui mercati internazionali sta per giungere al termine. Le motivazioni del ritorno di interesse sono molteplici. Influisce, innanzitutto, l’attesa per gli interventi annunciati dalla Bce al fine di calmierare i rendimenti dei debiti dei Paesi euro con spread troppo elevato: circostanza che mette relativamente al riparo da oscillazioni troppo forti dei corsi, soprattutto sulle scadenze a breve. Anche il raffreddamento degli spread delle ultime settimane (in un mese sceso di oltre 100 punti), connesso alle intenzioni della Bce, aiuta a valutare più serenamente l’effettivo rischio-Paese dell’Italia, al di là delle quotazioni emotive di luglio. Non è secondario il fatto che il costo del mancato acquisto di bond italiani si sta rivelando sempre più pesante per gli investitori istituzionali: rinunciare ai rendimenti offerti dal Tesoro è sempre più difficile in termini di performance da garantire agli investitori. Questo anche perchè ormai in tutta l’Europa del Nord i rendimenti sono negativi in termini reali sulle scadenze anche decennali; addirittura sulla parte a breve della curva i rendimenti sono negativi anche in termini di tassi assoluti. Insomma, comprare debito italiano è diventata quasi una necessità per investitori che vogliano conseguire un pur minimo guadagno. Se a tutto questo si aggiunge che nessuno crede che l’euro possa scomparire nell’arco di pochi mesi, ecco che è prevedibile un ritorno degli investitori esteri in dimensioni più marcate sulle scadenze a dodici, massimo diciotto mesi entro fine anno. Il ritorno di interesse dall’estero è una notizia positiva perchè comporta un’automatica propensione dello spread a ridursi, ma non deve illudere: non si tratta di un vero e proprio ritorno di fiducia, ma di diversificazione di quote minime di portafoglio alla ricerca di rendimenti che ormai più nessun Paese considerato sicuro offre. Finchè il contesto europeo rimarrà in una situazione di stallo non si potranno registrare flussi esteri rilevanti in acquisto, specie per le scadenze oltre i ventiquattro mesi. Una riflessione finale: siamo così sicuri che far detenere a investitori esteri una parte consistente del debito pubblico italiano sia conveniente? In fin dei conti, se i mercati finanziari sono tranquilli, una quota rilevante del gettito fiscale finisce oltre frontiera sotto forma di cedole (alcune decine di miliardi l’anno). Se il tempo volge al brutto, gli stranieri subito vendono in massa, in modo da deprimere le quotazioni e far innalzare stabilmente lo spread (costringendo il Tesoro a sopportare più oneri per interessi nelle emissioni successive). Come possiamo verificare da un anno a questa parte. L’obiettivo di ridurre la quota in mani estere, oggi a circa il 30% dei titoli quotati, è perseguibile solo abbattendo in misura significativa il debito in poco tempo. Fonte: Economy 2050 http://www.economy2050.it/debito-italiano-torna-di-moda-estero/
Dott. Fabio Troglia [email protected]
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