Anna Lombroso per il Simplicissimus
In certe sonnolente mattine d’estate in certi quartieri delle nostre città-giardino, si sentono solo ronzii, quelli degli insetti o delle bocchette dell’innaffiamento automatico. Qualche squillo di cellulare per organizzare la giornata di chi è rimasto in città, qualche splash nelle piscine.
Ma in via Birmania all’Eur verso le 11 devono aver riecheggiato le voci di un alterco che rompevano l’armonia del concertino di suoni domenicali, se il 113 è stato avvertito. I poliziotti arrivano, seguono le copiose tracce di sangue e trovano il cadavere di una giovane donna, decapitata, mentre il killer, travestito per un film sulle ossessioni paramilitari di frustrati figli di generali, espulsi da West Point brandiva la mannaia che gli era servita per giustiziare la ragazza contro gli uomini in divisa.
Con tragica potenza imitativa l’omicidio di una donna forse perché si è sottratta a un approccio sessuale indesiderato, mutua dalla nostra barbara contemporaneità gesti e modalità, in un rito di morte sempre uguale, sempre ferino, possibilmente spettacolare, in modo, è probabile, da garantirsi oltre alla voluttà sanguinaria, anche quel quarto d’ora di notorietà.
Lui, il giovanotto biondo, alto, ariano, figlio di un alto ufficiale dell’esercito, ospite nella villa del delitto d’agosto, durante l’assenza dei proprietari, era bardato con giubbotto e pantaloni mimetici, anfibi neri, occhiali tattici e una maschera filtro bianca. Pare che il suo personale “shining” d’estate prevedesse che dopo aver infierito con un coltello, aver decapitato la donna, volesse farla a pezzi. Silenziosamente c’è da dire. Dopo la denuncia delle voci alterate, nessuno avrebbe sentito nulla. Nell’elegante ghetto di lusso tutti tacciono, non ripetono nemmeno le frasi rituali: era gentile, sembrava così per bene. Era stato accettato il killer, perché amico e “introdotto” dai proprietari. Di lei nessuno sapeva niente: succede che una colf ucraina sia invisibile e muoia forse senza gridare. Non ci si accorgeva di lei prima, non ci si è accorti di lei durante il delitto, non la ricordano nemmeno i domestici filippini delle ville contigue. Continua ad essere indistinta, sfuocata, una comparsa nel film dell’orrore.
Si sono invece tranquillizzati i vicini, ci informa la Repubblica: “ i proprietari della villa, che avevano lasciato l’abitazione al killer per l’estate, hanno una figlia della stessa età della domestica ucraina: questo ha terrorizzato i residenti che, appresa la notizia dai telegiornali, in un primo tempo avevano pensato che la vittima fosse la figlia dei proprietari della casa”. Paura rientrata: per fortuna la morta era una cameriera ucraina, il killer è morto, l’ordine regna all’Eur.