Dedalo che costruisce le ali – Rilievo di età romana
DEDALO
Ho sfidato la sorte, figlio
Per sete di una stolta idea di libertà
Il cui senso sfuggiva alla mia mente.
Quel senso l’ho compreso
Soltanto fra le onde che hanno bevuto la tua vita
Nel loro ventre avido.
Io – onorato fra le genti come geniale artefice -
Il costruttore del Labirinto
La cui fama ha raggiunto terre lontane
Io l’ingegno ho profuso per condurti alla morte.
T’ho dato ali d’uccello
Perché il tuo corpo alto si librasse
Come un giovane falco
Insieme al mio verso il futuro
Ma non capii che libertà non ha gradi
O altezze da rispettare.
È saetta veloce che si scaglia nel vuoto
A valicare il limite che d’azzurro si tinge.
Non può tenersi a mezzo tra mare e sole
A resecare l’etere con esatta misura.
Lievi le piume legate dalla cera
Saldai ad una ad una in linea degradante
Alla struttura solida che trasformava
La saldezza dei muscoli e dei tendini
In prodigio di volo.
Icaro – figlio d’un tessitore d’inganni
Mio Icaro – gridavo al cielo vuoto.
Solo l’eco della mia voce
Mi rimandava il vuoto dello spazio curvo.
Fui io a macchiarmi d’un delitto mostruoso
Quando il futuro sottrassi a Talo
Giovane sangue del sangue mio.
Creta m’accolse nell’esilio e qui ti generai.
A Creta appartenevi figlio del mare
Che il mare ha accolto.
Fui io a costruire una prigione
Mai vista tra le genti
Nei cui meandri tortuosi
S’aggirava Asterione inferocito.
Fui io a suggerire ad Arianna
L’accortezza del filo che guidò
I ciechi passi di Teseo.
Ed io fui a costruire il tempio immane
A Febo consacrato che la Sibilla accoglie.
A Febo – i cui dardi brucianti
Sciolsero la tua vita – consacrai le mie ali.
Mai più le ho usate. Mai più ho lasciato la terra.
La mia arte t’ha perso - figlio.
Ogni cosa possibile per misura d’ingegno
E d’artificio ti feci credere. La vanità del limite
L’azzardo del confine tra verità e illusione.
(C) by Francesca Diano 2012 RIPRODUZIONE RISERVATA