Qui di seguito la seconda parte della traduzione dell'articolo Sulfur Deficiency pubblicato da Stephanie Seneff (PhD) sul sito della fondazione Weston A Price.
Leggi anche la prima parte: Deficit di zolfo: un possibile co-fattore di obesità, malattie cardiache, morbo di Alzheimer e sindrome da fatica cronica.
Leggi anche gli articoli sullo zolfo organico e lo zolfo puro.
http://www.mednat.org/cure_natur/glicazione.htm
Lo zolfo ed il metabolismo del glucosio
Per potere comprendere la mia teoria avete bisogno di sapere un po’ di più sul metabolismo del glucosio. Le cellule dei muscoli dello scheletro e le cellule del grasso scindono il glucosio in presenza dell’ossigeno nei loro mitocondri, e nel processo producono ATP [Adenin-Tri-Fosfato.
Sia il glucosio che l’ossigeno, a meno che non siano utilizzati con molta cura, possono causare danni alle proteine ed ai grassi delle cellule. Il glucosio entra nelle cellule all’interno di alcuni speciali siti ricchi di colesterolo all’interno della barriera cellulare, detti raft lipidici [in italiano diremmo zattere lipidiche – N.d.T.] [16]. Questo funzionamento probabilmente è stato così predisposto al fine di proteggere la barriera cellulare dal danneggiamento, perché l’alto livello di colesterolo permette alle vulnerabili lipoproteine della barriera cellulare di compattarsi maggiormente e ridurre il loro rischio di esposizione. Nelle cellule muscolari, la mioglobina è capace di immagazzinare ulteriore ossigeno, legato ad un atomo di ferro inglobato in una cavità interna della mioglobina.Lo zolfo è un elemento molto versatile, dal momento che può esistere in diversi stati di ossidazione, che variano da +6 (nei radicali solfati) a – 2 (nell’acido solfidrico – detto altresì solfuro di idrogeno). Il glucosio, in quanto potente agente riducente, può causare un significativo danno da glicazione alle proteine esposte, che porta alla formazione di Prodotti Finali di Glicazione Avanzata Glicazione [Advanced Glycation End Products (AGE)] che sono estremamente distruttivi per la salute: si crede che essi siano uno dei fattori più importanti che aumentano il rischio di sviluppare una malattia cardiaca [4]. Io ipotizzo che, se lo zolfo (+6) è reso disponibile per il glucosio come un’esca, il glucosio verrà dirottato verso la riduzione dello zolfo piuttosto e non innescherà la glicazione di qualche vulnerabile proteina come la mioglobina. Nel fare ricerche sul web mi sono imbattuta in un articolo scritto negli anni 30 del secolo scorso sulla notevole capacità del solfato ferroso [FeSO4], in presenza dell’agente ossidante perossido di idrogeno [acqua ossigenata], di scindere l’amido in semplici molecole anche in assenza di qualsiasi enzima che catalizzi la reazione [5]. L’articolo menziona specificatamente il fatto che il ferro lavori meglio degli altri metalli, e che il sofato lavori molto meglio degli altri anioni. Nel corpo umano l’amido è dapprima convertito in glucosio nel sistema digestivo. Le cellule dei muscoli e le cellule del grassohanno solo bisogno di scindere il glucosio. In tal modo il loro lavoro è più facile, dal momento che il solfato ferroso inizia a lavorare da un prodotto intermedio di scissione dell’amido piuttosto che dall’amido stesso. Da dove viene il solfato ferroso? A me sembra che il colesterolo sulfatato, avendo sorpassato la membrana cellulare, potrebbe trasferire il suo radicale solfato alla mioglobina, il cui ferro potrebbe provvedere all’altra metà della formula. Nel corso di tale processo lo stato di ossidazione dello zolfo sarebbe portato da +6 a – 2 , rilasciando energia ed assorbendo l’impatto dell’effetto riducente del glucosio, e quindi servendo da esca per proteggere le proteine cellulari dal danno da glicazione. Quando la cellula viene esposta all’insulina, i suoi mitocondri sono spinti ad immettere nel citoplasma ioni sia di perossido di idrogeno che di idrogeno, preparandosi essenzialmente all’assalto del glucosio. Se il colesterolo sulfatato entra nella cellula insieme al glucosio, allora tutti i composti in gioco sono disponibili. Io congetturo che il colesterolo sulfatato sia il catalizzatore che inneschi i raft lipidici. Il solfato ferroso viene quindi formato legando il ferro all’unità eme della mioglobina ad uno ione solfato fornito dal colesterolo solfato. Il colesterolo viene lasciato dietro nella barriera cellulare, arricchendo così di colesterolo i raft lipidici appena formatisi. Il perossido di idrogeno, fornito dai mitocondri attraverso la stimolazione dell’insulina, catalizza la scissione del glucosio da parte del solfato ferroso. L’idrogeno fornito si può accoppiare con lo zolfo ridotto (S-2) per formare acido solfidrico [altresì detto solfuro di idrogeno], un gas che può facilmente diffondere riattraversando all’indietro la barriera cellulare per un ciclo successivo. L’ossigendo che viene rilasciato dal radicale solfato viene afferrato dalla mioglobina, sequestrato all’intenro della sua molecola per un sicuro viaggio fino al mitocondiro. I prodotti di scissione del glucosio assieme all’ossigeno sono quindi forniti al mitocondiro per completare il processo, che finisce con la produzione di acqua, biossido di carbonio ed ATP, tutto questo tenendo le proteine citoplasmatiche della cellula al sicuro dall’esposizione al glucosio ed all’ossigeno [ovvero evitando i danni da glicazione e da ossidazione – N.d.T.] Se ho ragione nell’ipotizzare questo ruolo per il colesterolo sulfatato sia nell’innescare la formazione dei raft lipidici che nel fornire lo ione solfato, allora questo processo si interrompe miserabilmente quando il colesterolo sulfatato non è più disponibile. Innanzitutto il lift lipidico non si forma. Senza il raft lipidico il glucosio non può entrare nella cellula. L’intenso esercizio fisico permette al glucosio di entrare nelle cellule muscolari anche in assenza di insulina [27] Tuttavia questo porta ad una pericolosa esposizione delle proteine cellulari alla glicazione (perché non c’è solfato ferroso per scindere il glucosio). La glicazione interferisce con la capacità delle proteine di portare a termine il loro lavoro e le lascia più vulnerabili al danno ossidativo. Una delle proteine più colpite è la mioglobina: non sarebbe più capace di portare ossigeno ai mitocondri con efficacia. Inoltre, la mioglobina ossidata rilasciata nel circolo sanguigno dalle cellule muscolari danneggiate porta alla dolorosa e disabilitante rabdomiolisi, ed ad una possibile successiva disfunzione reanle. Questa spiegazione renderebbe conto dell’osservazione che una carenza di zolfo causa dolore muscolare ed infiammazione.
Sindrome metabolica Il termine sindrome metabolica è utilizzato per inquadrare un complesso insieme di indicatori associati con l’aumentato rischio di malattie cardiache. Il profilo include [1] insulino resistenza e disfunzione del metabolismo del glucosio nelle cellule muscolari; (2) eccesso di trigliceridi nel siero sanguigno; [3] alti livelli di LDL, particolarmente del tipo più piccolo e denso (il peggiore); [4] bassi livelli di HDL (il cosiddetto colesterolo “buono”) e ridotto contenuto di colesterolo all’interno delle singole particelle di HDL; [5] elevata pressione sanguigna; e [6] obesità, particolarmente eccesso di grasso addominale. Ho affermato precedentemente che tale sindrome è causata da una dieta ricca in carboidrati (particolarmente fruttosio) e bassa in grassi e colesterolo, assieme ad un basso livello di vitamina D [35]. Mentre credo ancora che tutti questi fattori contribuiscano ad innescare tale sindrome, adesso aggiungerei anche un altro fattore: l’insufficienza di solfati nella dieta. Ho descritto in un precedente saggio la mia interpretazione dell’obesità come una condizione innescata dal bisogno delle cellule del grasso di convertire il glucosio in grasso perché le cellule muscolari divengono incapaci di utilizzare efficacemente il glucosio come fonte di energia. La mancanza di zolfo potrebbe spiegare perché le cellule muscolari avrebbero difficoltà a lavorare col glucosio: non riescono ad avere abbastanza colesterolo sulfatato per innescare la formazione dei raft lipidici ed importare il glucosio.
cellule muscolari
Una maniera alternativa per aggirare il problema del metabolismo difettoso di una cellula muscolare è quello di farla lavorare vigorosamente in modo tale che viene generato l’AMPK (un indicatore della mancanza di energia) il quale a sua volta induce il GLUT4 a migrare verso la membrana anche in assenza di insulina [27]. Una volta che il glucosio è dentro la cellula muscolare, tuttavia, il meccanismo del solfato ferroso appena descritto non funziona, sia perché non c’è colesterolo sulfatato e sia perché non c’è perossido di ossigeno. Inoltre, con un intenso lavoro [da parte della cellula muscolare] si verifica una riduzione della fornitura di ossigeno, in maniera tale che il glucosio deve essere processato anaerobicamente nel citoplasma producendo lattato. Il lattato viene rilasciato nel circolo sanguigno e fornito al cuore ed al cervello, due organi che sono capaci di usarlo come fonte di energia. Ma le membrane cellulari rimangono prive di colesterolo, e ciò le rende vulnerabili a successivi danni ossidativi. Un’altra maniera per compensare un metabolismo del glucosio difettoso nelle cellule muscolari è quello di acquisire peso. In tal caso le cellule grasse convertono il glucosio in grasso e lo rilasciano nel sangue sotto forma di trigliceridi per fornire energia alle cellule muscolari. Nel contesto di una dieta povera in grassi la mancanza di zolfo esacerba il problema. La mancanza di zolfo interferisce con il metabolismo del glucosio, quindi è una scelta molto più salutare quella di evitare semplicemente le fonti di glucosio (carboidrati); ovvero di adottare una dieta a basso contenuto di carboidrati. Successivamente il grasso presente nella dieta può fornire energia ai muscoli, e le cellule muscolari non sono più costrette a dovere immagazzinare così tanto grasso di riserva. L’insulina sopprime il rilascio di grassi da parte delle cellule del grasso [32]. Ciò costringe le cellule del grasso a immettere nel flusso sanguigno grandi quantità di trigliceridi quando i livelli di insulina sono bassi, dopo un periodo prolungato di digiuno, come accade durante durante la notte. Le cellule del grasso devono immettere abbastanza trigliceridi nel flusso sanguigno durante i periodi di digiuno per fornire energia ai muscoli quando il rifornimento di carboidrati forniti dalla dieta mantiene alti i livelli di insulina, ed il rilascio di graddi da parte delle cellule del grasso è soppresso. Quando arrivano i carboidrati assunti col cibo, i livelli di zuccheri nel sangue aumentano drammaticamente perché le cellule muscolari non possono utilizzarli. Il fegato inoltre processa l’eccesso di glucosio trasformandolo in grasso, e lo accumula nel LDL, allo scopo di fornire ulteriore energia alle cellule muscolari difettose. Siccome il fegato è così occupato a processare glucosio e fruttosio trasformandolo in LDL, resta indietro con la produzione di HDL, il colesterolo “buono”. Quindi il risultato sono livelli di LDL, trigliceridi e glucosio nel sangue, e ridotti livelli di HDL, quattro fenomeni chiave della sindrome metabolica. La presenza cronica di eccesso di glucosio e fruttosio nel sangue porta ad una serie di problemi, tutti correlati al danno da glicazione delle proteine del sangue a causa dell’esposizione al glucosio. Una delle proteine chiave che viene danneggiata è l’apolipoproteina, apoB, che è incastonata nella membrana delle particelle di LDL. L’apoB danneggiata inibisce la capacità del LDL di fornire quanto esso apporta ai tessuti (grasso e colesterolo). Le cellule del grasso ancora una volta vengono in aiuto, rovistando tra le particelle di LDL spezzate (attraverso un meccanismo che non richiede la buona funzionalità dell’apoB), disassemblandole, e poi estraendo e rimettendo a posto il loro colesterolo. Per potere funzionare correttamente, le cellule del grasso devono avere la disponibilità di apoE intatto, un antiossidante che pulisce ed ossida il colesterolo e lo trasporta alla membrana cellulare per rilasciare le particelle di HDL. Le cellule del grasso, i macrofagi e l’arteriosclerosi Mentre convertono diligentemente il glucosio glucose in grassi da accumulare, le cellule del grasso sono stracolme di glucosio, che ne danneggia l’apoE per via della glicazione [20]. Una volta che il loro apoE è danneggiato, esse non possono più trasportare il colesterolo verso la membrana. L’eccesso di colesterolo si accumula dentro le cellule del grasso ed eventualmente inibisce la loro capacità di sintetizzare proteine. Contemporaneamente le loro membrane cellulari divengono sguarnite di colesterolo, perché non possono più fornirlo alla membrana [34]. Una cellula del grasso che si è deteriorata fino a questo punto non ha altra possibilità che quella di morire: essa emette dei segnali di forte malessere che richiamano i macrofagi. I macrofagi essenzialmente divorano le cellule del grasso che non funzionano più, stendendo la propria membrana attorno alla membrana delle cellule del grasso che adesso è a malapena capace di trattenere quanto essa racchiude al suo interno[8]. I macrofagi hanno anche un ruolo di primo piano nelle strie lipidiche che appaiono lungo le pareti delle maggiori arterie afferenti al cuore, e sono associate alla creazione delle placche ed alle malattie cardiache. In un affascinante insieme di esperimenti, Ma ed altri [22] hanno mostrato che lo ione solfato attaccato alla forma ossidata di colesterolo è altamente protettivo nei confronti delle strie lipidiche e dell’arteriosclerosi. In una serie di esperimenti in-vitro, hanno dimostrato reazioni diametricalmente opposte da parte dei macrofagi di 25-colesterolo idrossile (25-HC) nel suo zolfo-coniugato 25-colesterolo sulfatato idrossile (25-HC3S). Mentre il 25-HC presente nel mezzo porti i macrofagi a sintetizzare e accumulare colesterolo ed acidi grassi, il 25-HC3S ha l’effetto esattamente opposto: esso promuove il rilascio di colesterolo al mezzo e induce le cellule del grasso a restringersi. Inoltre, mentre il 25-HC aggiunto al mezzo porta all’apoptosi ed alla morte della cellula, ciò non succede con il 25-HC3S. Io ipotizzo che il radicale solfato sia essenziale per il processo che fornisce colesterolo ed ossigeno al muscolo cardiaco.fine seconda parte
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