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Se noi di Ledita abbiamo avuto un evento "ufficiale" a Book to the future per brindare al nostro debutto in società, altri blog letterari si sono dovuti accontentare del girare tra uno stand e l'altro raccontando online quello che non hanno avuto modo di esprimere offline. Che poi tanto accontentarsi non era: l'hashtag #SalTo12 è stato ampiamente utilizzato e Minima&Moralia ha aperto le sue porte a chiunque volesse inviare contributi (sottoscritta inclusa).
Il post di cui sopra ha portato alcuni di noi a esprimere un parere su chi è il bookblogger, ovvero quali sono i criteri che legittimano un lettore qualunque a trasformarsi in una fonte autorevole di recensioni, consigli e idee su letteratura ed editoria. Gli amici di Ledita hanno proposto tre punti di vista interessanti: Gloria Ghioni su Critica Letteraria sostiene la tesi ben riassunta nel titolo «la critica annega nella troppa democrazia», Marta Manfioletti è di avviso opposto «perché non tutti leggiamo le stesse cose e non tutti leggiamo allo stesso livello», mentre Arturo Robertazzi media le posizioni analizzando una prospettiva tra scienza e umanesimo, la logoinformatica.
Come la penso io? Molto democraticamente, hanno ragione tutti e non ha ragione nessuno. L'analisi che ho pubblicato in La lettura digitale e il web ha dimostrato che per alcuni editori le "cinque stelle" di aNobii hanno valore tanto quanto un'approfondita recensione critica, e a volte assumono anzi un peso maggiore di fronte alla scelta su quali testi ristampare e su quali tematiche puntare. Il blog non deve ammazzare la critica letteraria, anzi è l'occasione - e in questo senso Gloria e il suo team lavorano molto bene - per mantenerla viva su canali di divulgazione non concepibili in precedenza. Parliamo sinceramente: con la dovuta eccezione di chi tratta questa materia per motivi di studio o lavoro, quanti di noi hanno in casa un saggio di critica letteraria?
Il blog è un mezzo fondamentale per diffondere la cosiddetta "cultura di alto livello" a un pubblico ampio, che ai tempi del solo cartaceo la rifuggiva per timore della propria povertà intellettuale. Al tempo stesso il pubblico può apprezzare le recensioni emozionali di un blogger senza competenze di critica (come la sottoscritta) così come un "Wow/Che schifo!" su Goodreads, uno smile su Zazie, i 140 caratteri di un tweet e così via.
Decidere quale approccio merita di essere seguito e quale no è un percorso difficile: ognuno di noi ha il proprio blogroll personale di riferimento, ma esiste un modo di determinare criteri oggettivi in base ai quali un blog è meritevole e un altro no?
Ognuno di noi ha costruito i propri, magari senza troppo rifletterci su ma basandosi su (appunto) meccanismi emozionali assai facilmente opinabili: secondo me Noemi Cuffia è un'ottima bookblogger, ma la mia opinione è viziata dal fatto che è mia amica, siamo entrambe parte di Ledita e abbiamo gusti letterari molti simili; secondo me gli ebook di Quinta sono ottimi (ultimamente ne ho parlato in un paio di occasioni, su Minima&Moralia e Bol) ma il mio essere parte della casa editrice fa scattare l'inevitabile conflitto di interessi; leggo abitualmente Finzioni, Sul Romanzo, Critica Letteraria e Setteperuno, e in ognuna di quelle redazioni ci sono persone che conosco e che stimo; molto probabilmente esistono blog di ottimo livello che non ho mai avuto modo di incrociare.
Allo stesso modo ognuno di noi può formulare criteri analoghi e porsi analoghi dubbi, e il perché ce lo spiega la sociologia.
Tutte le relazioni sociali partono da un criterio di prossimità, che essa sia fisica o basata su una condivisione di valori e credenze. Una comunità che si fa portavoce di saggi critici, recensioni, consigli e opinioni autorevoli su quanto viene prodotto da autori ed editori nasce inevitabilmente da questo criterio, perché è quello verso cui la nostra natura di esseri umani istintivamente ci porta.
La domanda è però legittima: Quis custodiet ipsos custodes? Se ci limitassimo alla sola prossimità finiremmo per non vedere al di là del nostro naso (anche questo è un carattere tipico della nostra natura umana) e voler costruire una blogosfera a nostra immagine e somiglianza. Il secondo passo da fare è dunque astrarsi dalla prossimità, pur mantenendola come base, e confrontarsi con altri esseri umani (con le loro prossimità, con il loro non vedere al di là del proprio naso) per costruire insieme in base a prove ed errori criteri oggettivi e trasparenti di autorevolezza.
A mio parere il lavorare insieme, ciascuno con un piede e uno fuori dal proprio orticello, con un occhio in Rete e uno fuori dalla Rete, è la sola strada percorribile per operare un'autentica rivoluzione culturale (se di questo stiamo parlando).
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