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Del Vajont di Paolini e del teatro che ti toglie il fiato

Creato il 09 ottobre 2013 da Davideciaccia @FailCaffe

Oggi, esattamente alle 22:39, ricorre il cinquantesimo anniversario del disastro del Vajont. Il racconto di Marco Paolini è uno spettacolo meraviglioso e devastante. Solo un grande uomo può raccontare così bene una tragedia così grande. Da togliere il fiato…

Su in valle, sopra la diga, un silenzio feroce.
L’ultima bava di ragno che teneva unita la frana al resto della montagna si rompe.
E la frana sta là. Sul piano inclinato. Non c’è più niente che la tiene attaccata al resto della montagna. E poi va.
Cos’è che la fa andare? Un colpo di tosse? Una ciacola? Un ronzio? Un ticchettio? Uno starnuto? Un motore?
Non so.

(…)

Non lo può fare in silenzio.
Tu parli coi superstiti e ti dicono: «Puoi dire quello che vuoi, ma il rumore… Quello non lo puoi immaginare… Il rumore… Il rumore…».
Tutti i testimoni ti dicono:
«Come fai a parlare di quel rumore?».

Oggi, esattamente alle 22:39, ricorre il cinquantesimo anniversario del disastro del Vajont. Ma questo ormai l’avrete letto ovunque, sui giornali, su facebook, l’avrete sentito alla radio, in tv o in strada per sbaglio. Un disastro come quello del Vajont ormai si studia a scuola, i dati si trovano su internet. La pagina di Wikipedia è davvero molto dettagliata. La storia è semplice: nel bacino idroelettrico artificiale del Vajont, una frana gigante, durante la notte, si stacca dal monte Toc, rompe la diga e inonda la vallata con 260 milioni di metri cubi di acqua, distruggendo tutto, mietendo circa 2000 vittime (di cui molti cadaveri non si troveranno mai a causa dell’onda d’urto e dell’impatto simile a quello della bomba atomica), un numero smisurato di sfollati, e radendo completamente al suolo il villaggio di Longarone.

Ma i dati dicono tutto e non dicono nulla. Dei dati a me interessa poco. L’avevo già sentita questa storia, a scuola, ma era evaporata insieme alle altre nozioni e alle altre notizie di disastri che ogni giorno bombardano la nostra testa. Per capire davvero cosa è successo, avremmo dovuto essere lì. I disastri come questo non si possono davvero raccontare. È difficile capire, spiegare, provare a mettersi nei panni di chi era lì e a un certo punto, mentre stava lavando i piatti, mettendo a letto i bambini, fumando una sigaretta, facendo l’amore… il disastro. Come fai a raccontarlo? Ci vorrebbe uno bravo a raccontare.

Quando ho scoperto il Racconto del Vajont di Paolini ho pianto. Sono rimasta col fiato sospeso fino alla fine, come se, da qualche parte dentro di me, speravo ancora che il racconto potesse finire diversamente, che qualcun altro potesse salvarsi. Invece no. È stato allora che ho capito davvero cos’era successo…la tragedia di non poter decidere del proprio destino, la tragedia di dover morire per colpe altrui, la tragedia di non saper spiegare la tragedia.

Per diventare un uomo devi imparare a raccontare le storie – disse una notte il saggio. L’arte di raccontare storie, di far vivere le emozioni, di toglierci il fiato ogni volta… è una capacità che appartiene a pochi. Nell’era in cui tutti hanno qualcosa da dire, saper dire le cose importanti, saper scegliere le parole giuste, saper aspettare e riempire i silenzi di significato è un talento di pochi, grandissimi, esseri umani. Marco Paolini è uno di questi. Nel suo meraviglioso e devastante racconto del Vajont, portato in scena per la prima volta il 9 Ottobre 1963 proprio a Longarone per il trentaquattresimo anniversario del disastro, lo dimostra magistralmente.

Per la cronaca, gli abitanti della valle colpita sono stati evacuati e sono stati trattati per anni come sfollati. Altri disastri sono occorsi dal 1963 ad oggi, e anche in questi giorni delle immani tragedie riempiono le pagine dei nostri giornali. Se solo ci fosse, ogni volta, qualcuno che sapesse raccontarle così bene, così bene da togliere il fiato…

Grazie a chi crede ancora nella forza delle parole, a chi crede che le parole sono importanti. Grazie ai poeti che sanno scegliere le parole giuste, quelle parole capaci di emozionarci e farci battere il cuore più forte quando batte forte a loro. E grazie a F.D.M per avermi fatto scoprire, in tempi non sospetti, questo capolavoro.

Il tariffario (in lire) dei risarcimenti del Vajont da parte dello stato.

perdita del coniuge: 2 milioni;
perdita del figlio unico: 2 milioni;
perdita di un figlio con altri due fratelli: 1 milione e 500 mila;
perdita di un figlio con altri 3 fratelli: 1 milione;
perdita di un genitore: 1 milione e 500 mila;
perdita di un genitore di un figlio maggiorenne non convivente: 1 milione;
perdita del fratello convivente: 800.000;
perdita del fratello non convivente: 600.000;
perdita di zii, nipoti, nonni anche se conviventi: nulla.

Per chi volesse vedere lo spettacolo completo


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