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Delikatessen – II

Creato il 19 agosto 2012 da Pioggiadinote

Delikatessen – II

Mentre passavo in rassegna i sapori di cui ho memoria per farne un altro piccolo catalogo di proustiane “madeleines”, mi è venuto in mente che ogni salle à manger, che si tratti di un refettorio scolastico piuttosto che un ristorantino tête à tête, ha un suo suono. Anzitutto mi sono ricordata del frastuono proprio di quel refettorio della mia scuola elementare (scuola illuminata, guidata da autentico spirito democratico post-sessantottino, non autoritaria, dove era quindi ammesso che decine di bambini potessero berciare tutti insieme durante il pasto); e poi ho pensato ad altri refettori, come quello dei frati cappuccini di Cortona, dove si discorreva liberamente ma spesso il padre cappuccino guidava anche la conversazione, e quello multilingue della scuola estiva in Bretagna. Tutti in una volta mi sono tornati in mente i suoni di pranzi e cene comunitari e solitari, con i tintinni di stoviglie e posate uniti al vociare o sovrastanti il silenzio.

Ma, tornando ai sapori, pensavo di elencare proprio i piatti forti di quella mensa scolastica che accompagnò i miei primi cinque anni di scuola; nel ricordarli naturalmente mi sono venuti in mente anche episodi e la memoria si è come “espansa” abbracciando aneddoti e persone (ecco le madeleines). Come dimenticare i preferiti, dunque! Da  bambina talvolta i pasti erano difficili, rallentavo, ma avevo gusti spiccati: gli gnocchi al pomodoro, la polenta (rarissima, e quando c’era mi impedivano di metterci il latte! la maestra era di sinistra, ma pugliese: non poteva capire), il purè, la fetta di formaggio, il latte fresco e freddo per accompagnare il pasto, i piselli con la pancetta. Rifiutavo di mangiare certi orrori, come la pasta e fagioli o il minestrone (oggi li adoro, ma devo sottolineare che quando ci sedevamo al lungo tavolo della mensa il brodo era già rappreso e freddo: una patina densa, e al di sotto il sapore acido e antipatico di queste specie di minestre…); non amavo la carne, neppure a casa, ma a scuola le bistecche erano proprio gommose, perciò non potevo che masticarne una intera senza ingoiarla, per liberarmene in qualche cestino appena usciti (quest’ultima non è diventata un’abitudine, lo giuro, oggi mangio carne con parsimonia ma ne ordino anche al ristorante); adoravo invece il prosciutto, anche cotto, ma non quello terribile della mensa (ancor oggi sono molto esigente in merito). Quanto alla merenda, si andava a turno a ritirare le cassette poco prima dell’uscita delle 16, e si trattava quasi sempre di pane (una “michetta”) e un frutto, che purtroppo non mangiavo, regalandolo sempre alle mie compagne, meglio educate di me sulla necessità e il gusto di nutrirsi di frutta; tutti preferivamo, ovviamente, pane (sempre una michetta) e cioccolato (una piccola tavoletta ciascuno) o, rarissimo, il budino di crema o cioccolato, che assaporavo a lungo.

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