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Vi piace mangiar bene, meglio se in maniera ricercata? Vi piace assaporare cibi ben confezionati e golosi, senza cadere nelle gastroscemenze teo-bio? Mica detto che dovete ricercare con cura e difficoltà, tramite consigli di amici fidati, il ristorantino giusto. Basta avere una cugina che è una gran cuoca e che ti inviti a pranzo volendo come al solito stupirti con la sua capacità cuciniera. Aggiungi un cugino munito di apposito forno a legna in giardino e che lo sappia maneggiare con sapienza, una bella giornata, le montagne vicine ancora spolverate di bianco che facciano da degna cornice ed il gioco è fatto. Non sto a farvela lunga, ma una breve descrizione del lavoro a cui hanno dovuto sottostare le mie papille vi sarà bastevole, l'occhio sarà già appagato a sufficienza dalle foto allegate. Dunque apertura col botto con un aperitivo a base di Martini bianco, pompelmo e lampone frullato ben fresco per colorare di rosa la giornata a contorno del quale sbocconcellare delicate tartine verdi al caprino con un nulla di pepe e al paté di olive e nocciole del bosco vicino.
Gli spiedini alla frutta coronano il momento predisponendo l'animo ad altro incontro più impegnativo. Ecco quindi avanzare in gioiosa schiera, secondo la tradizione piemontarda che rifugge la tristezza nordica dei piatti unici, un trittico di antipasti per costituire il fondo su cui costruire il resto del pasto. Si aprono le danze dunque con una tartare di melone con rose di prosciutto crudo, seguite dai classici peperoni dell'orto dalle spesse falde guarnite da una densa salsa al pomodoro giustamente dolce e delicata. La tradizione impone poi l'antipasto caldo ed ecco fiorire dal forno invitanti e ghiotte ballottine di pasta brisé ricoperte di una pioggia di nocciole granulate, in cui il rebbio della forchetta affonda bramoso per per rivelarne l'intimo bruciante segreto di bianco brie che si scioglie e cola sotto i vostri occhi, conscio esso stesso del piacere che potrà dare. Come le ciliegie uno tira l'altro in una sequenza che vorresti infinita, ma devi resistere, tenere spazio, perché già si annunciano prepotenti e caldissimi, quasi uscendo con foga dalla teglia bollente, in fila marziale, prepotenti paccheri ripieni di ricotta e spinaci la cui sapida gratinatura con la sua alternanza di croccante e morbido, ti farà rimpiangere di aver già troppo mangiato per non potere almeno trissare l'assaggio (che il bis non basterebbe) per poter meglio apprezzare tutte quelle sfumature di sapore.
Una doverosa pausa per sedimentare il tutto, mentre altri aromi emergono, ruffiani dal forno. Infine s'apre ed ecco fare orgogliosa mostra di sé, tre magnifiche orate che un delicato olio salernitano, da altri compiacenti parenti rifornito e un ripieno costituito da un ricco bouquet di erbe odorose, hanno reso pronte al cimento, accompagnate da un letto di patate al forno a cui l'intenso rosmarino ha dato maggiore rotondità, completando la consistenza che solo la Bintje coltivata in montagna sa avere. L'orto fornisce ancora profumate fragole che una palla di crema gelata completa per pagare l'occhio e la faringe e che come si dice da queste parti disnausia. Una crema al limone fatta in casa, appena uscita dal freezer gelida e densa, giustamente alcoolica, completa la dura prova. Un Arneis a giusta temperatura di cantina, in quantità moderata per consentire la guida dopo qualche ora, ha accompagnato per mano questa esibizione di alta concretezza culinaria. Spiace non potervi invitare la prossima volta, che tuttavia spero vicina.
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