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Delle fin troppo precoci previsioni – gli Steal

Creato il 04 luglio 2012 da Basketcaffe @basketcaffe

Nel precedente episodio abbiamo descritto gli errori di sopravvalutazione che più frequentemente sono commessi dai decision-makers dell’NBA nel processo del draft, e le motivazioni per cui credo che giocatori come Harrison Barnes e Austin Rivers siano stati scelti troppo in alto. In questo articolo facciamo il processo inverso ed andiamo a vedere quali sono i motivi per cui le qualità di alcuni giocatori non vengono riconosciute immediatamente e come questo li porti a scivolare giù, giù nel draft fino a che una data franchigia NBA (di solito gli Spurs), per astuzia o fortuna, finalmente li sceglie e si porta a casa uno steal, cioè un furto per il rapporto qualità/bassa scelta.

Sorvolando sugli steal del draft 2011 come Kenneth Faried e Isaiah Thomas (22° e 60° l’anno scorso) che sono già stati nominati nell’articolo sui bust, nel draft 2010 è famoso il caso di Landry Fields (scelto con la 39) e diventato in brevissimo tempo titolare dei Knicks ed idolo personale di Spike Lee; nel 2009 c’è invece una coppia di playmaker titolari in Jrue Holiday e Ty Lawson (17° e 18°) ed un Chase Budinger (44esimo, fresco di trade ai Timberwolves). Il draft del 2008 merita quasi un capitolo a parte per la ricchezza di talento nelle parti basse del draft, con una coppia di centri interessante e diametralmente dissimile in Roy Hibbert e Javale McGee (di nuovo 17° e 18°), un Most Improved Player in Ryan Anderson (21°), ed un trio di giocatori internazionali giovani e fortissimi in Serge Ibaka, Nicolas Batum e Goran Dragic (rispettivamente 24°, 25° e 45°). Altri casi particolarmente clamorosi sono Marc Gasol (48° nel 2007), Rajon Rondo e Paul Millsap (21° e 47° nel 2006), Monta Ellis, Lou Williams e Marcin Gortat (40°, 45° e 57° nel 2005).

Scippo - © 2012 altopascio.info

no, non stiamo parlando di questo tipo di furti.

Ma quali sono le ragioni per cui dei futuri All-Star finiscono alla fine del primo giro o addirittura al secondo? I front office della maggior parte delle franchigie NBA sono forse composti esclusivamente da pisquani, incapaci di valutare il talento di giovani giocatori? Questa è certamente una possibilità, dato che, come nel caso degli errori di sopravvalutazione, anno dopo anno vengono sistematicamente commessi alcuni errori, sempre gli stessi, di sottovalutazione.

Uno degli errori a me più evidente è quando un giocatore viene trascurato esclusivamente sulla base di una sua carenza di centimetri. Attenzione però a dare il giusto peso alla grassettatura sulla parola “esclusivamente”. Molti dubbi vengono spesso (e giustamente) profusi quando un giocatore è undersized, ed ha già altre lacune (tecniche o atletiche) che vengono quindi accentuate dalle sue carenze fisiche: ad esempio viene in mente Jared Sullinger nel draft di quest’anno. Le critiche diventano ingiuste quando l’abilità tecnico/atletica di un giocatore è tale da compensare la mancanza di qualche centimetro. Isaiah Thomas (178 cm) è un esempio lampante di questo errore e dopo esser stato scelto dai Kings con l’ultima scelta possibile (la 60°) del draft 2011, ci ha messo solo pochi mesi per far capire a tutti che valeva molto di più dell’altra scelta, questa in lotteria, di Sacramento, cioè Jimmer Fredette (10°), un prototipo della trappola della falsa equazione “star al college = star in NBA”. I sopra nominati Monta Ellis e Lou Williams (entrambi fra i 185 ed i 190 cm, pochi, dato che non sono pointguard) sono altri esempi, così come può anche esserlo Paul Millsap (200 cm, pochi per un’ala grande), ma anche Kenneth Faried (200 cm), Ty Lawson (180cm scarsi) ed andando più indietro nel tempo, Ben Wallace, che nel draft 1996 non fu scelto da nessuno in quanto un centro di appena 2 metri non era appetibile, tranne poi andare a vincere il titolo del 2004 con i Pistons e collezionare titoli di Defensive Player of the Year ed NBA All-Defensive First Team. Andando ancora più indietro troviamo un tizio con un curriculum simile (e per simile intendo migliore), scelto al secondo giro al draft del 1986, un tizio che prendeva 19 (avete letto bene) rimbalzi a partita di media pur non arrivando ai 2 metri d’altezza. Insomma anche se sei un futuro Hall of Famer, se sei troppo basso è molto probabile che verrai snobbato.

Dennis Rodman dragqueen - © 2012 eatliver.com

che ci crediate o no, questo prendeva più rimbalzi di Mutombo, Robinson e Olajuwon.

Ma chi sono i giocatori ingiustamente ignorati per via della loro altezza nel recente draft 2012? Io ne vedo principalmente tre, di cui due sono stati scelti al secondo giro ed uno, pur essendo presente alla cerimonia al Prudential Center di Newark, è rimasto undrafted ed ha lasciato l’arena con i parenti in lacrime. Inizio proprio da quest’ultimo, tale Kevin Jones, ala grande di 2 metri esatti e senior da West Virginia. Compensa l’altezza con un’ottima apertura alare (218 cm) e sapienza del gioco, è estremamente efficiente nei pressi del ferro, possiede un buon tiro dalla media (60% da 2 e 78% ai liberi) e va a rimbalzo con cattiveria (11 a partita); ha pagato, oltre alla mancanza di centimetri, il fatto di aver assunto suo fratello maggiore come agente. Come abbiamo visto nell’articolo precedente, il caso di Dion Waiters mostra che un buon agente fa tutta la differenza del mondo. Riassumendo, Kevin Jones ricorda un ibrido fra Chuck Hayes e Carl Landry e sono sicuro che riuscirà ad entrare in qualche roster NBA da qualche via alternativa, perché giocatori di ruolo come lui servono sempre.

Gli altri due giocatori sono Marcus Denmon e Jae Crowder e ne parliamo proprio in questo ordine. Marcus Denmon è una shooting guard di 190 cm scarsi scarsi, senior da Missouri. La sua principale caratteristica è il tiro (46 fg%, 41% da tre, 90 ft%), ma è atletico e penetra abbastanza da non essere definito solo un tiratore puro. Ricorda Gary Neal e non è un caso che sia stato scelto dagli Spurs (e solo questo dovrebbe essere indicativo della sua qualità) con la penultima chiamata disponibile, la 59; quando hanno chiesto dei suoi pro e contro a Buford (general manager degli Spurs), per i “contro” ha semplicemente risposto “dovrebbe crescere di 7/8 centimetri”.

Jae Crowder è un senior da Marquette, un’ala grande al college ma che dovrebbe giocare in ala piccola in NBA dati i 197 centimetri circa di altezza; fresco vincitore del premio di Big East Player of the Year, è probabilmente il giocatore più atipico del draft. Ha una forza ed un fisico da giocatore di football che ricordano quelli di Artest o di LeBron, uniti a degli istinti ed un QI cestistico di primo livello. È stato inoltre uno dei giocatori più completi dello scorso panorama collegiale, come dimostrano le sue statistiche: 18 punti con il 50%, il 35% da tre, 74% ai liberi, 8 rimbalzi, 2 assist, 2.5 rubate, 1 stoppata, 1 palla persa a partita. Inoltre al college marcava efficacemente tutte e 5 le posizioni, anche se in NBA è molto difficile che riesca a tenere le pointguard più veloci e sopratutto i centri più alti. Non è uno scorer di primo livello e non lo sarà mai, ma d’altronde in NBA si può dominare anche senza esserlo come ha dimostrato la drag queen il tizio con i capelli colorati di cui abbiamo già parlato sopra. Crowder è scivolato fino alla 34esima scelta, cioè ai Dallas Mavericks (scelta ottenuta con la trade di Cleveland per Zeller), solo perché è undersized e solo perché gli Spurs non sceglievano prima. Personalmente lo ritengo uno dei migliori giocatori disponibili a questo draft e credo che Mark Cuban si sia portato a casa lo steal più grosso di quest’anno. Per finire, dentro a questa categoria ci voglio infilare anche Will Barton, finito a Portland con la 40; lui è alto abbastanza (198 cm per una guardia) ma è molto leggerino (80 kg), stesso motivo per cui probabilmente Jeremy Lamb ha perso qualche posizione. Ma insomma, i casi di Iverson e Durant non hanno insegnato proprio nulla?

Jeremy Lin - © 2012 playerperspective.com

San Jeremy, patrono di tutti i sottovalutati.

Passiamo ora ad un’altra tipologia d’errore, cioè quando un giocatore viene sottovalutato perché gioca in una conference minore dell’NCAA (o in un piccolo college) e quindi, secondo gli scout, le sue ottime prestazioni e statistiche devono essere ridimensionate in quanto sarebbero state ottenute contro avversari di livello inferiore; questa è una regola generale che nella maggior parte dei casi è più vera che falsa, ma i problemi sorgono quando viene utilizzata “a tappeto”, senza criterio, così che un giocatore veramente forte viene snobbato solo perché non ha giocato in un top college. Negli ultimi due draft ci sono tre esempi ben noti di questo errore, l’anno scorso infatti MarShon Brooks, pur avendo finito la stagione come il secondo migliore scorer dell’NCAA giocando per Providence, fu scelto solo con la 25esima chiamata. Landry Fields è un altro che scivolò molto in basso, dato che giocava in un college non molto prestigioso (ma solo se parliamo di basket…), cioè a Stanford.  L’esempio più clamoroso è però quello di Jeremy Lin, laureato ad Harvard (Ivy League), totalmente ignorato nel draft 2010 tanto da rimanere undrafted. Quest’anno vedo due possibili esempi di questo errore, più un contro esempio, cioè Damian Lillard. Lillard infatti, pur giocando a Weber State (Big Sky), ha impressionato tutti nei vari workout e nella Combine, così tanto da essere selezionato con la 6° chiamata assoluta; forse gli scout stanno iniziando ad imparare dai propri errori. Gli altri due esempi sono Andrew Nicholson e Scott Machado. Nicholson è un power forward, scelto con la 19esima chiamata dagli Orlando Magic ed a mio parere è uno dei migliori lunghi dell’intero draft. Uno scorer estremamente efficiente, sia in post alto che basso, ha già un ottimo footwork ed anche un tiro morbidissimo con buon range (57 fg%, 43% da tre, 77 ft%). Deve migliorarsi soprattutto a rimbalzo ed in difesa dove comunque mostra buone statistiche (8.4 rimbalzi, 2.0 stoppate a partita), ha un’apertura alare enorme (224 cm) e taglia prototipica per la posizione (208 cm). Io credo che abbia pagato principalmente il fatto di aver giocato a St. Bonaventure, non proprio Duke o UNC, e che i Magic si siano portati a casa uno steal. Scott Machado invece è un playmaker, il primo della nazione per assist a partita (9.9), senior di Iona, college nella Metro Atlantic Athletic Conference; se non avete mai sentito parlare di questa Conference avete già capito il motivo principale per cui Machado è rimasto undrafted. L’altra critica che spesso si fa su di lui è sul suo atletismo, soprattutto la sua velocità laterale che potrebbe metterlo in difficoltà sul lato difensivo in NBA. Insomma, un playmaker undrafted di un college minore di cui criticano le doti atletiche. Vi ricorda nessuno?

Altra errore per scout e GM è quando valutano un giocatore al college senza considerare il contesto in cui questo è inserito. Un esempio che mi viene in mente è quello di Kendall Marshall. Siamo sicuri che sarebbe stato scelto alla 13° e che le sue doti di playmaker sarebbero state apprezzate così tanto se non avesse giocato insieme ad altri tre futuri first-rounder (Barnes, Henson, Zeller)? Se lui e Machado si fossero scambiati di college, chi sarebbe considerato il miglior prospetto? Un altro caso clamoroso è quello di Baylor, college che ha fornito ben tre giocatori all’ultimo draft ma due dei quali ben più in basso di quanto ci si sarebbe aspettato. Perry Jones e Quincy Miller hanno tutto per sfondare in NBA, fisico, tecnica ed atletismo, ma sono stati ingiustamente “puniti” dal sistema cestistico di Baylor, in entrambi i lati del campo. Da una parte, il loro atletismo è stato minimizzato nella zona 1-3-1 di coach Scott Drew, mentre dall’altra, invece di sfruttare il talento dei propri due fuoriclasse, Baylor preferiva far passare l’attacco dalle mani di Pierre Jackson, un playmaker shoot-first con capacità decisionali minime. Jones (28°) e Miller (38°) potrebbero essere due dei più grossi steal di quest’anno.

Dennis Bergkamp - © 2012 bergkamp.faithweb.com

I believe I can flyyy, I believe I can touch the skyyyy....

L’ultimo capitoletto degli errori al draft unisce due “trappole”: la prima è quando l’abilità cestistica di un giocatore viene giudicata in base alla sua personalità o ad altri problemi extrasportivi. “Non è cattivo abbastanza”, “non è determinato abbastanza”, sono tipiche frasi che escono dalla bocca dello scout che sta per fare una ca***ta. Jeremy Lamb e lo stesso Perry Jones sono due giocatori che sono scivolati ingiustamente anche per questo motivo. Royce White invece, un talento da top 10, è stato scelto solo alla 16 perché molti si sono spaventati riguardo al suo disturbo d’ansia ed alla sua (superata?) paura di volare. L’ennesima prova che negli USA non seguono tanto il calcio e che quindi non hanno mai sentito parlare di Dennis Bergkamp. La seconda trappolina è quella per cui un infortunio di un giocatore o un problema fisico viene ingigantito al punto che il suo vero talento viene trascurato. Famoso è il caso di DeJuan Blair, i cui problemi – o meglio la quasi assenza – dei legamenti crociati anteriori lo ha reso protagonista di una caduta libera al draft 2009 fino alla 37esima scelta, indovinate di chi? Quest’anno ci sono stati due giocatori che sono stati scelti molto più in basso del previsto in base a veri o presunti infortuni. Uno è Sullinger (problemi alla schiena), preso da Boston con la 21°, l’altro è, ancora una volta, Perry Jones. Se nel primo caso ho già parlato di come la sua caduta sia giustificata da altre difficoltà nel suo passaggio da college a NBA, per Jones (presunti problemi al menisco?) le voci dei suoi disturbi fisici hanno tutta l’aria di una voce messa in giro pochi giorni prima al draft da qualcuno che aveva tutti i vantaggi nel vederlo cadere giù nel draft (sei proprio un furbacchione Sam Presti!).

Insomma ricapitolando, la caduta di Perry Jones, uno che l’anno scorso sarebbe stato scelto nella top 5 se si fosse dichiarato eleggibile, sembra causata dall’allineamento di diversi errori di valutazione da parte degli scout e ritengo lui e Jae Crowder i due migliori candidati a Steal of the Draft 2012.

Per chiudere questi due articoli sul draft lancio una provocazione. Sono state migliori le scelte al draft di New Orleans (1° Davis, 10° Rivers, considerato che a scegliere Davis era brava anche mia nonna) oppure quelle di Portland (6° Lillard, 11° Meyers, 40° Barton) o di Houston (12° Lamb, 16° White, 18° Jones)?

Per ogni tipo di ardua sentenza, dovremo aspettare almeno un anno.


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