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Delle fin troppo precoci previsioni – MIP ed All-Star di dopodomani

Creato il 31 agosto 2012 da Basketcaffe @basketcaffe

Molti degli allstar di domani sono già conosciuti. Al 99% Anthony Davis sarà un allstar a qualche punto della sua carriera, così come Kyrie Irving, James Harden, Eric Gordon e chissà, forse anche DeMarcus Cousins, Greg Monroe e Nicolas Batum. Osando con le previsioni, possiamo dire che a meno di strani giri del destino o seri infortuni, Cody Zeller, Nerlens Noel, Shabazz Muhammad (in teoria tutti al draft 2013), Andrew Wiggins, Jabari Parker e Julius Randle (in teoria questi al draft 2014), hanno tutti un talento espresso tale da poterli preannunciare in un roster dell’allstar game fra massimo una decina di anni. Fare una previsione del genere, sebbene azzardato, è abbastanza facile. Se chiedessimo conferma a qualsiasi scout o insider NBA, probabilmente non ce ne sarebbe uno in disaccordo. La cosa difficile però è pronosticare i giocatori che escono quasi dal nulla e diventano delle stelle nella lega più competitiva del mondo.

Agent Zero - © 2012 http://www.personal.psu.edu

Agent Zero ai bei tempi...

Gilbert Arenas e Danny Granger sono classici esempi dei late bloomers (letteralmente “sbocciatori tardivi”. mamma mia quanto suona male in italiano.), cioè quei giocatori il cui talento rimane dormiente o inespresso a lungo, più a lungo del solito, fino al momento della fioritura, appunto. Arenas non era un top prospetto uscente dal college tanto da venir scelto al 2° giro, con la 30esima scelta assoluta dai Golden State Warriors nel 2001 (allora le franchigie erano 28). Granger fu scelto con la 17esima assoluta al draft del 2005, ma in pochissimi si aspettavano che si sviluppasse così bene, complice un miglioramento costante da stagione a stagione nei primi 4 anni. Alla stessa maniera Zach Randolph (19° pick del 2001) stupì quasi tutti quando, nel suo 3° anno in NBA, diventò “all’improvviso” un giocatore da 20 punti e 10 rimbalzi di media, dopo due stagioni a Portland passate nel semi-anonimato (aveva davanti un tale Rasheed) ed un’esperienza collegiale a Michigan State non memorabile. Persino il più recente Kevin Love, pur scelto con la 5° in un draft profondissimo (2008), è riuscito a stupire. Credo che nessuno al mondo, tolto forse Kevin Love stesso, si immaginasse uno sviluppo tale da portarlo a condurre l’NBA in rimbalzi a partita conditi da 20 punti (stagione 2010/11) e nel frattempo sviluppare un tiro da 3 che gli facesse vincere l’apposita gara all’all-star game (2012). I 26 punti e 13 rimbalzi a partita di media della scorsa stagione poi, sono andati oltre ogni più rosea aspettativa che David Kahn potesse avere. La cosa che hanno in comune questi 4 giocatori è il fatto che siano stati tutti degli allstar ma anche che abbiano tutti vinto il premio di Most Improved Player.

Lungi da me implicare che Ryan Anderson sarà un allstar in futuro (come d’altronde non lo sarà mai Aaron Brooks, o vari altri vincitori del MIP), ma nondimeno voglio presentare tre dei miei candidati preferiti alla vittoria di Most Improved Player 2013, nonché tre possibili futuri allstar.

Paul George, dei tre, è forse quello per cui è più semplice prevedere un futuro roseo, come d’altronde hanno già fatto diversi analisti NBA: lo swingman degli Indiana Pacers sta per iniziare il suo terzo anno in NBA fresco di una grande stagione da sophomore, chiuso con 12 punti (44 fg%, 39 3p%, 80 ft%), 5.6 rimbalzi, 2.4 assist ed 1.6 rubate di media in quasi 30 minuti a partita. Netta la crescita in quasi tutte le categorie statistiche dal suo primo anno (7.8 p, 3.7 r, 1 a, 1 s), con l’unica, minuscola, defaillance nella percentuale dal campo (44% vs il 45% dell’anno da rookie), completamente attribuibile all’aumentato ruolo nell’attacco dei Pacers, con conseguente aumento del volume di tiri. In effetti, la curva del suo sviluppo nei primi due anni assomiglia paurosamente ad uno dei sopracitati allstar e vincitori del MIP, ed il destino vuole che sia proprio un compagno di squadra di George, cioè Danny Granger: il parallelismo è tale che credo possa essere rappresentato al meglio dalle tabelle statistiche dei due giocatori, prese da NBA.com (click per ingrandire).

GeorgeGrangerComparison - © 2012 nba.com
Questo confronto diventa interessante nel momento in cui andiamo a vedere il salto di Granger nel suo terzo anno in NBA: cifre che potrebbero essere nelle corde di George ma che, paradossalmente, potrebbero non arrivare proprio per la contemporanea presenza di Granger nel roster: infatti, le similitudini fra i due non si fermano solo alle statistiche, avendo struttura fisica quasi identica, essendo entrambi alti 2.03 metri con apertura alare intorno ai 2.13 m ed aventi una posizione in campo facilmente sovrapponibile, fra shooting guard e small forward. È chiaro che ci sono anche le differenze, Granger è più un tiratore mentre George è più slasher, oltre ad essere già adesso un difensore migliore, ma l’impressione è che la squadra sia troppo piccola per accogliere entrambi, in ottica futura. Nel caso in cui George si sviluppi come previsto, non sorprendetevi se Granger venisse scambiato nel giro di un anno, anche perché le sue cifre e le sue percentuali sono in calo costante da quattro anni consecutivi.

Gli altri due giocatori di cui parliamo fanno parte della stessa squadra, gli Utah Jazz, che grazie a delle mosse oculate sono riusciti – molto in fretta – a gettare le basi della rifondazione dopo essere stati costretti a scambiare Deron Williams. Gordon Hayward (pick #9) e Derrick Favors (#3) sono, come Paul George (#10), membri della draft class del 2010, classe che comprende fra gli altri John Wall (#1) ed i già discussi Cousins (#5) e Monroe (#7). Hayward ha raddoppiato quasi tutte le sue cifre dal primo al secondo anno, a partire dai minuti giocati (30.5 vs 16.9 minuti), finendo la scorsa stagione con circa 12 punti, 3.5 rimbalzi e 3 assist di media, con buone percentuali. Non cifre da capogiro, ma c’è da considerare che spesso e volentieri Hayward era la 4° o 5° opzione offensiva nel quintetto Jazz (Usage Rate di 17.9%), dopo Jefferson (25.9%), Millsap (23.3%), Harris (19.6%) e Josh Howard (21%) o C.J. Miles (22.9%). Le volte che ha avuto minuti e fiducia, difficilmente ha tradito. Altro indizio che potrebbe far pensare ad una possibile esplosione di Hayward è la sua costante crescita nel corso della stagione passata, come possiamo vedere in questa tabella (presa da sports.yahoo.com, e come al solito, click per ingrandire), che divide il fatturato del giocatore in base ai mesi.

hayward months - © 2012 sports.yahoo.com

Questo tipo di crescita fa spesso da preludio ad una grande stagione successiva, un po’ come successe a Kyle Lowry due anni fa (molti si saranno scordati di lui a causa dei problemi che ha avuto l’anno scorso, ma tenetelo d’occhio…). Nel caso ve lo siate persi l’anno scorso, Hayward, che oltre ad essere un giocatore NBA gioca ad alti livelli a Starcraft II (avete letto bene), è anch’esso uno swingman(SG/SF) prototipico, con buon tiro da tre (39% in carriera), è un buon passatore, oltre ad essere il raro giocatore bianco pieno d’atletismo, come ha dimostrato più di una volta sorprendendo degli ignari “colleghi”, vittime di una sua stoppata o schiacciata. Inoltre ha un QI cestistico molto elevato che gli permette di sbagliare pochissimo nonostante la giovane età.

Hayward Starcraft - © 2012 Aperture Life Photography - flickr.com

Ebbene si, Hayward è un super nerd!

Il suo compagno Favors, classe 1991, di un anno più giovane di Hayward e George, è invece lungo di 2.08m ed apertura alare gigantesca (2.24m). Passato ai Jazz dai Nets nell’affare Deron Williams, è anch’esso migliorato nel suo secondo anno ma non in maniera eclatante come i suoi due compagni di articolo: dai circa 7 punti e 5 rimbalzi in 20 minuti del primo anno (diviso fra Nets e Jazz), è passato a 9 punti e 6.5 rimbalzi in pressoché gli stessi minuti, la maggior parte dei quali nel frontcourt di Utah era occupata dal duo Millsap/Jefferson, protagonisti di una grandissima stagione; inoltre i minuti rimasti sono stati divisi con Enes Kanter, altro giovane lungo di prospettiva. I numeri di Favors diventano più interessanti quando li guardiamo sotto la lente del per-36, cioè moltiplicare le sue cifre come se giocasse 36 minuti invece di quelli reali: con questa statistica (molto usata per valutare il potenziale di giocatori come Favors che non dispongono di minuti da starter) i suoi numeri diventano 15 punti, 11 rimbalzi, 1.7 stoppate, cioè numeri da centro di qualità NBA, paragonabili a giocatori come Roy Hibbert. Inoltre Favors è migliorato tantissimo in due aspetti chiave per un lungo, ma che spesso passano inosservati: la sua percentuale ai liberi è salita al 65% dal 59% del primo anno e contemporaneamente ha imparato a non fare troppi falli (3.8 vs 5.8 per-36 minuti), abilità fondamentale se si vuole restare a lungo sul parquet. Infine non bisogna scordarsi che i lunghi hanno bisogno di molto più tempo per sviluppare appieno il proprio potenziale, per cui Favors, che già adesso è un ottimo intimidatore e rimbalzista, potrebbe tranquillamente partecipare in un all-star game dal 2015 in poi. Come nel caso di George però, e diversamente da Hayward che non ha credibili rivali in squadra per lo spot di guardia tiratrice, Favors ha davanti dei veterani (Millsap e Jefferson) che gli potrebbero involontariamente tappare le ali: la soluzione potrebbe essere nell’usare un quintetto “alto”, con Millsap spostato in ala piccola e Jefferson e Favors come lunghi puri. Questa soluzione è stata usata solo a volte la stagione scorsa (65 minuti complessivi in 7 partite diverse), ma con grandi risultati: il quintetto di Harris, Hayward, Millsap, Favors e Jefferson ha prodotto un NetRtg (cioè il differenziale di punti segnati e subiti per 100 possessi) di +37. Per mettere in prospettiva questa cifra basta pensare che il quintetto più utilizzato dai Jazz la scorsa stagione, cioè Harris, Bell, Hayward, Millsap, Jefferson (402 minuti totali) ha prodotto un NetRtg di -4.6 punti.

Difficile che tutti e tre fra George, Hayward e Favors possano esplodere contemporaneamente durante la prossima regular season dati anche i suddetti problemucci di roster per qualcuno di essi, ma è possibile che tutti giochino insieme in un all-star game fra qualche anno, e che uno di loro vinca il Most Improved Player 2012/2013.

P.S: nel caso qualcuno se la fosse persa.. qualche giorno fa George ha fatto questa cosuccia qua in Cina:

Are you kiddin’ me Paul George???


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