Quali sono le nuove regole sul demansionamento? Il Jobs Act, capitolo "Decreto di Riordino delle Tipologie Contrattuali e Disciplina delle Mansioni" detta nuove regole anche sul demansionamento.
Nell'articolo 3, «Disciplina delle mansioni» sono contenute le disposizioni che interessano sia il demansionamento, cioè l'assegnazione a mansioni di livello inferiore rispetto a quelle previste dalla lettera di assunzione, sia altre tipologie di cambio delle funzioni di un lavoratore dipendente. Vediamole con ordine.
1. Regola generale
Il lavoratore deve occuparsi delle mansioni che gli sono state assegnate all'assunzione o a quelle corrispondenti al livello superiore raggiunto nel corso della carriera. Se però le ultime effettivamente svolte appartengono ad un altro livello e/o a un'altra categoria, queste ultime diventano quelle di riferimento.
2. Demansionamento ordinario
Il datore di lavoro può ora assegnare il lavoratore alle mansioni del livello immediatamente inferiore purché all'interno della stessa categoria in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore. Occorre verificare, quindi, in questi casi:
- la presenza di una modifica degli assetti organizzativi aziendali;
- il nesso tra i nuovi assetti e la posizione del lavoratore;
- eventuali disposizioni analoghe nei contratti collettivi (nazionali, territoriali o aziendali).
In questa ipotesi, il lavoratore non può cambiare di categoria (non passerà da quadro a impiegato o da dirigente a quadro, ad esempio) e, nota bene, conserva il diritto al livello di inquadramento e la retribuzione che aveva già in precedenza – ad eccezione di alcuni elementi, come i rimborsi per spese o disagi, strettamente connessi alle mansioni precedenti.
3. Demansionamento straordinario
Questo tipo di demansionamento è più grave, perché può andare oltre il livello più in basso, arrivando, quindi, anche a due o più livelli inferiori, e può abbassare persino la categoria, l'inquadramento e la relativa retribuzione del lavoratore.
La gravità di questo demansionamento è bilanciata dal fatto che può essere accettata dal lavoratore solo nelle sedi protette (conciliazione di fronte a un giudice, Direzione Territoriale del Lavoro, sede del sindacato, altra sede indicata dal contratto collettivo) o davanti alle commissioni di certificazione (anora Direzione Territoriale del Lavoro, Enti Bilaterali, università, Ministero del Lavoro e consigli provinciali dei Consulenti del Lavoro) dove, in entrambi i casi, può essere sempre assistito da un avvocato o da un funzionario sindacale o da un consulente del lavoro.
Inoltre, le circostanze non sono più solo quelle della modifica degli assetti legislativi, dal momento che viene dato un peso centrale all'interesse del lavoratore, che deve essere rivolto a:
- conservazione del posto di lavoro;
- acquisizione di una diversa professionalità (probabilmente in vista del punto 1);
- miglioramento delle condizioni di vita (nel caso in cui le mansioni di livello pari o superiori fossero diventate col tempo dannose per la salute del lavoratore).
Per riassumere. Se un datore di lavoro vuole assegnare il dipendente a mansioni inferiori (passo indietro nella carriera, quindi) e tagliare la sua retribuzione, il demansionamento deve avvenire in presenza di questi elementi:
- luogo: sedi protette o commissioni di certificazione;
- interesse del lavoratore.
4. Assegnazione a mansioni superiori
Qui le novità sono sottili ma per nulla irrilevanti. Andiamo con ordine: come già disposto dalla vecchia disciplina, se un lavoratore viene assegnato a mansioni superiori avrà diritto ad un trattamento economico corrispondente all'attività svolta. Se questo avviene per sostituire un collega, una volta rientrato il collega il lavoratore tornerà a mansioni e stipendio abituali. In caso contrario, cioè quando non c'è esigenza di sostituzione, l'assegnazione (ripetiamo: con relativo stipendio) diventa definitiva, salva diversa volontà del lavoratore, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi oppure, se sindacati e associazioni datoriali non l'hanno indicato nel contratto collettivo, dopo sei mesi. Ecco una novità: prima i mesi erano tre.
La seconda novità è l'aggiunta dell'inciso "salva diversa volontà del lavoratore". Cosa vuol dire? Dando per scontato che lo scopo di un lavoratore sia avanzare di carriera, perché dovrebbe volere diversamente? Ecco la domanda delle domande. La legge non dice il perché, ma lascia aperta una possibilità. Se il datore di lavoro (o la situazione creata con il salto di carriera) riesce a fargli cambiare idea sulla assegnazione definitiva al ruolo superiore, non c'è nessun obbligo di conferma in quel ruolo.
Rispetto a prima, allora, è un po' più difficile passare a funzioni superiori.
5. Formazione
Il decreto di attuazione del Jobs Act prevede sia in caso di demansionamento che in ogni altro caso di cambiamento di mansioni un obbligo di formazione verso il lavoratore da parte del datore di lavoro. Ma cosa succede se il datore non adempie? Nulla, l'assegnazione di mansioni resta definitiva. Non è prevista alcuna sanzione. Forse, anche in questo caso, sono i contratti collettivi a dover prevedere una sanzione per il mancato adempimento dell'obbligo di formazione, ma su questo punto lo schema di decreto non si esprime.
6. Trasferimento
In coda, ecco una norma sul trasferimento su cui non c'è molto da commentare: «Il lavoratore non può essere trasferito da un'unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive».
Per approfondire:
- Bollettino Adapt: La revisione della disciplina delle mansioni nello schema di decreto attuativo del “Jobs Act”
- Esseblog: Il demansionamento nel Jobs Act
Simone Caroli