La saccarina, sulfimide benzoica, ha un potere dolcificante 500 volte superiore al saccarosio. La saccarina, messa in commercio già dai primi del ‘900, è una sostanza chimicamente stabile, quindi può essere impiegata in bevande e in cibi sottoposti a cottura.
La saccarina non viene metabolizzata dall’organismo e viene eliminata principalmente con le urine. L’uso della saccarina è approvato dalla FDA degli Stati Uniti ma non dalla Canadian Healath Protection Agenzy.
La sensibilità crociata tra saccarina e sulfamidici (vedi aspartame) è nota, pertanto i soggetti allergici ai sulfamidici non dovrebbero utilizzarla. Nei bambini, nutriti con latte dolcificanto con saccarina, sono stati segnalati alcuni casi di ipersensibilità, le manifestazioni riscontrate sono: ipersensibilità generalizzata, insonnia e altri sintomi neurologici (ipertonia, strabismo); i sintomi diminuiscono quasi completamente sospendendone l’uso.
L’American Medical Association raccomanda di limitarne l’uso nei bambini e nelle donne in stato di gravidanza. Alcuni studi hanno evidenziato che la saccarina nel ratto, somministrata in dosi superiori all’ 1% in peso, può provocare cancro alla vescica.
Altri studi hanno dimostrato che i meccanismi che provocano la comparsa del tumore nel ratto non possono essere applicati alla nostra fisiologia, evidenziando che non vi sono, nell’uomo, correlazioni dirette di comparsa del tumore e assunzione di saccarina. È possibile che la saccarina possa promuovere tumori in presenza di altre sostanza carcinogene.
La saccarina in alcuni rari casi può determinare: manifestazioni allergiche, orticaria, prurito, dispnea, diarrea, tachicardia ed eruzioni cutanee con papule. In attesa di ulteriori studi, che possano definitivamente chiarire tutte le correlazioni tra tumore alla vescica e assunzione di saccarina, e consigliabile non superare la dose di 0-2,5 mg/kg.