Università degli studi di Foggia
«Si controlli la falda»
È caccia nel Salento
al killer degli ulivi
LECCE - ll “killer” degli ulivi? Potrebbe essere nel sottosuolo, o peggio ancora nell’acqua». Salvatore Frisullo, 64 anni, è ordinario di Patologia vegetale dell’Università di Agraria di Foggia. Da diversi mesi sta indagando sulla strana morìa di alberi che sta colpendo vaste porzioni di campagna del Salento (al momento circa 8mila ettari). Ammette di trovarsi di fronte a un enigma a cui non sa dare risposta, nonostante 40 anni di esperienza nel campo dei malanni degli alberi, e in particolare degli ulivi.
«Essendo originario di Ruffano torno spesso nel Salento nei fine settimana». Il docente racconta di essersi accorto già da circa un anno di questa strana patologia che ha rinsecchito più di un albero secolare nelle campagne di Gallipoli, Racale, Parabita, Ugento, Melissano. Quelle chiazze brune di foglie disseccate che spiccano su chiome verdi e rigogliose non potevano sfuggire all’occhio allenato del patologo.
«Il fenomeno va studiato a fondo. Non voglio generare alcun allarmismo, ma credo che nessuna ipotesi debba essere al momento tralasciata, neanche quella dell’inquinamento ambientale».
Nei laboratori della facoltà foggiana, la campionatura di porzioni di alberi malati, che lo stesso docente ha raccolto nei vari sopralluoghi nel Salento, è sotto stretta osservazione. «Abbiamo preso pezzi di radici piccole, grandi e medie, pezzi di tronco e di rami poi sezionati e seminati su substrati artificiali». Tra circa due settimane ci potrebbe essere un primo verdetto. «Tutto lascia pensare che non si tratti di un unico patogeno e di certo non possiamo scaricare tutte le colpe sulla povera “zeuzzera pyrina”».
Il docente non esclude che tra le concause ci possa essere anche qualche problema nel sottosuolo, ed in particolare nella falda. «Nelle zone più prossime alla costa, penso al comprensorio di Gallipoli, potrebbe essersi abbassato il livello dell’acqua dolce, magari per uno sfruttamento intensivo della falda. Questo potrebbe aver provocato la risalita dell’acqua marina. Si tratta ovviamente solo di un’ipotesi che dovrebbe essere verificata dagli esperti». L’acqua salata somministrata nelle giuste dosi, in realtà, non dà alcun fastidio all’ulivo, pianta simbolo del Mediterraneo abituata, in millenni di adattamento, alle condizioni pedoclimatiche delle zone costiere. «Il problema può sorgere se però l’albero drena grandi quantità di acqua marina. Una simile ipotesi potrebbe essere una concausa dell’improvviso disseccamento dei rami e del fogliame, ma, ripeto, è ancora tutto da dimostrare».
La bandiera bianca issata sinora dai patologi vegetali rende sempre più necessaria una ricognizione organica dello stato di salute della falda freatica, sia per verificare un possibile processo di salinizzazione, sia per verificare la presenza di eventuali inquinanti di diversa origine.
«E’ importante che venga chiamata in causa l’Arpa e comunque gli organismi competenti nelle indagini relative al sottosuolo - insiste Frisullo - così come appare quanto mai indispensabile che ci sia un coordinamento regionale o addirittura nazionale sul lavoro di indagine che i vari enti stanno effettuando, al momento senza una vera cabina di regia».
Di certo, chiosa lo studioso, quello che sta succedendo agli ulivi salentini non ha precedenti nella letteratura scientifica. E questo aumenta l’urgenza dell’indagine e la necessità che siano stanziati fondi adeguati per la caccia al «killer».
La Gazzetta del Mezzoggiorno
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