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Depressione e fiori di Bach.

Da Gaobi

Depressione e fiori di Bach.A differenza dei malesseri di breve durata o lieve entità nei quali sono coinvolte soltanto le nostre emozioni, la depressione è un vero e proprio disturbo dell’umore, del tono affettivo fondamentale è più stabile, più profondo, sul quale le nostre singole emozioni, si innescano, è in questi casi che l’energia vitale drasticamente si abbassa, trascinando nella sua caduta tutte le nostre funzioni psichiche, la tristezza diventa allora insanabile, il pessimismo eccessivo, la capacità decisionale inibita, il senso di colpa spietato, l’eloquio esitante, la memoria sfuocata, il desiderio un miraggio, è l’orrido volto della medusa che tutto pietrifica, è la notte buia dell’anima è la discesa nell’ade, è il trovarsi nella selva oscura, è la grande caduta.

La storia della depressione è la storia dell’umanità, non è la prerogativa esclusiva dell’uomo moderno, ma un esperienza affettiva universale che caratterizza ogni vissuto di perdita reale o simbolica, è un evento psichico che segue sempre un lutto, una separazione, un rifiuto, un abbandono, un tracollo finanziario, un umiliazione pubblica, segue soprattutto un cambiamento, costoso, quanto ineluttabile.

La depressione è la naturale reazione dell’animo umano al dolore per ciò che non ha più e la paura di ciò che potrebbe ancora accadere, è la sofferenza del doversi staccare da ciò che ci appare sicuro, è il timore di doversi gettare nel ignoto senza nessuna certezza che qualcuno possa tenerci la rete, è il dolore del serpente costretto a cambiare la pelle, è la sofferenza della cozza che vorrebbe rimanere abbarbicata alla roccia per paura di non sapere quanto è bello nuotare nell’oceano, è il travaglio che precede a ogni nascita, non occorre che si porti alla luce un bambino, o un ‘opera d’arte, costruire una nuova visione di sè, ristrutturare la propria esistenza è già una nascita, chi non vuole accettare il rischio del vivere, vedrà trasformare la sua depressione fisiologica e patologica, il soggetto rimane depresso perché rimane attaccato a ciò che non è più, si rivela cioè incapace di elaborare il suo lutto, di sciogliere il legame con la persona, con la cosa, con l’ideale che ha amato, su cui ha investito, che non riesce a trasformare in ricordo.

Occorre dunque sopra ogni altra cosa riuscire a individuare nuovi obiettivi, a formulare nuovi investimenti e a stabilire nuovi rapporti.

Nell’approccio olistico alla sindrome depressiva risulta fondamentale andare oltre il paradigma interdisciplinare che pure negli ultimi anni ha prodotto risultati
incoraggianti nella gestione clinica del disturbo, attraverso il ricorso a farmaci in grado di correggere lo squilibrio neuro-chimico tipico dei casi gravi di depressione endogena o anche diversi modelli di psicoterapia che ciascuna a proprio modo mira a ricostruire in un paziente la capacità di dialogare con se stesso e di adottare un comportamento più maturo nella gestione dei conflitti interpersonali, occorre dunque spostare il fuoco dell’intervento terapeutico sulle potenzialità creative del disturbo depressivo non più visto come situazione di inutilità e di sconfitta, la forte espressione di un più implicito senso del proprio sé disconosciuto negato e represso, di un arrabbiata repressione della nostra interiorità frustrata di uno stile di vita da noi stesso adottato per condizionamento esterno e non per disposizione dell’anima; ben vengano dunque i farmaci se occorrono, la psicoterapia se praticabile, ma per uscire dal tunnel in cui si è sprofondati è fondamentale fermarsi, osservarsi, elaborare il proprio lutto, esprimere il proprio dolore, la propria rabbia, la propria paura,occorre trasformare la propria finzione in verità, autostima, fiducia, speranza,condivisione per raggiungere la consapevolezza di sé, e la realizzazione della propria specificità, la strada si presenta sempre piena di ostacoli che nella fiaba prendono la forma dell’orco e della strega. Il terapeuta è colui che aiuta a ritrovare la strada per la propria casa nessuno infatti è chiamato a vivere la vita di un altro.

L’ideatore della terapia gestald del 1968 dice: “una rosa è una rosa e non si sforza di realizzarsi come margherita.”

I fiori di Bach, sostanze naturali semplici, alla portata di tutti, privi di effetti collaterali e di tossicità, si sono rivelati negli ultimi anni un aiuto prezioso nel caso di depressione di entità medio lieve, usati da soli o in associazione ad altri strumenti o rimedi introdotti nell’organismo in forma diluita e per lo più attraverso la via sub-linguale, essi svolgono la funzione di bio catalizzatori, sono cioè in grado di riequilibrare il giogo fisico-elettromagnetico e biochimico – molecolare che si svolge nelle nostre cellule, armonizzando al contempo gli squilibri emozionali e le distorsioni cognitive; si imposta una nuova modalità di pensiero; sono proprio questi ultimi gli elementi che secondo Bach determinano la perdita della connessione energetica che sempre deve esistere tra la nostra psiche e il
nostro io superiore al fine di sperimentare il benessere, la speranza e la gioia. E’ dal nucleo spirituale che promanano i nostri più veri desideri e le nostre più profonde pulsioni, le nostre più autentiche attitudini, i nostri più luminosi talenti.

Sono queste le nostre fondamentali risorse, e se non riusciamo a portarle alla luce, a non riconoscerle veramente, ad onorarle adeguatamente, queste hanno il potere di scardinare la nostra vita interiore e la nostra condotta sociale, hanno il potere di portarci fuori la nostra strada personale.

Una volta riacquistata la nostra personale integrità, anche noi, dunque, come modelli “Virgili”, potremo diventare portatori di fiaccola per chi come noi nell’apprestarsi a scendere nella sua personale valle oscura avrà ancora paura del buio.

 

In parte tratto da una lezione frontale con la Dottoressa Maria Concetta La Rocca.

Gaobi.


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