Deriva #11 L'onta della menzione rituittata

Da Bibolotty

La transumanza da faccialibro è quasi ultimata. A testimonianza di ciò la nevicata della scorsa settimana che ha portato finti gattini sui caloriferi, neve e alberi di natale. Ma anche gli "ho fame", "ho mangiato come un porco", "che bel riposino" e così via. Premetto, perché in tanti mi domandano post all’acido muriatico ma molti se ne sentono offesi, che intanto non sono dio -un peccato visto che sarei molto più generosa e tollerante- e poi che di “buonisti” sono piene le librerie. Inoltre, casomai non l’aveste notato, parlo  in prima persona plurale, il che significa che non mi estrometto dal giudizio caustico ma anzi, ci sto nel mezzo, e questo giusto per tranquillizzare chi ha nei miei confronti una strana ansia da prestazione, come tale S.  che mi lascia mi blocca e mi rifolloua a giorni alterni.
Dalla mia prima deriva sono passati quattro mesi e sempre più numerosi sono i post che si lanciano in ardite disamine sul social media più famoso al mondo ma che poi si limitano a una critica qua –senza far nomi per carità- e un po’ di livore là. Sempre più numerose le feroci e generiche sentenze in seconda persona plurale, e il “ciò che odio di più” sempre uguale a se stesso.
Il mio punto di vista sulle miserie e sulle consolazioni fugaci, su questa vita galera che ci costringe a non pensare per quanto ci tiene impegnati a sopravvivere, non è un punto di vista privilegiato. Sto in basso, almeno adesso, visto che la vita mi ha dato più volte la possibilità di ascendere e precipitare quasi si divertisse a darmi e togliermi tutto dalle mani e sul più bello. Il mondo che vedo è in bianco e nero, ma è mio, e chi preferisce sentirsi dire che va tutto bene mi detesterà dal primo rigo e non è obbligato né a seguirmi e tantomeno a leggermi. Non m’interessa parlare di ciò è positivo, quello lo conosciamo, lo sappiamo già, e per me è noioso è stucchevole quanto un telefilm RAI in prima serata, e per tornare all’esempio della festa, mi ha sempre incuriosito di più il ragazzino taciturno dal naso importante piuttosto che il belloccio amato da tutte. E Twitter, pieno di personaggi speciali, spie e veleni, non è che un lucido specchio della realtà fatta di belle persone e di un’umanità meschina, che è quella che a buon diritto rientra nelle mie “derive”.
Lo sguardo sulle cose e il mio vissuto, giuro assai disgraziato, amaro e fottutamente pericoloso, mi dice che l’ipocrisia del “mi piace” è qui. Perché lo dico? Perché ho un blog e un contatore. Perché esistono strumenti gratuiti che mi consentono di sapere –a grandi linee-  chi visita il blog, legge un determinato post e persino quanto ci mette a farlo. Ecco spiegato il perché della mia ostilità verso uno strumento che nasce come “segnalibro” e “post it” ma che viene usato dai feisbucchiani neotuitteri solo come falsa interazione. Una leccatina rapida che dice “sono qui non mi defolloware”. Per i neofiti parlo della “menzione” o “stellina”.
C’è animosità, c’è astio e sempre meno generosità nel rituit. Uno “gne gne” che sa tanto di delirio d’onnipotenza e d’infantile invidia per i giocattoli altrui. Qualche battutina è fisiologica. Ma se i DM potessero paralare resteremmo di sasso per quanto il pettegolezzo corre veloce, e giuro che l’andazzo è quello di una classe di prima elementare. Per non parlare di chi spande veleno e bile su chi riceve rituit e menzioni e ha un contatore che va veloce. Merito dei follower ma forse anche di chi scrive, no? Del successo degli altri, se meritato, ho imparato a essere felice e a pensare con entusiasmo alla riuscita di qualcuno. Se la felicità altrui vi fa tanto male, dovreste sforzarvi almeno di ignorarla.
I primi tempi in cui guardavo con occhi stupiti tuitteri famosi difendersi dalle aggressioni dei common –per la maggior parte blogger e pubblicatori- mi sentivo chiaramente dalla parte degli ultimi: Perché sì, Perché basta, Perché siete vanesi, Perché rituittare una menzione è cafone, Perché è come dire “vedi quanto sono figo?”, Perché avete scassato visto che già state in televisione, Perché levati di mezzo che mi fai ombra. Ma qualcuno soccombe. Perché a rileggere certe discussioni, e per dirla tutta andando anche a spiare il pulpito dal quale la predica arrivava, la ragione, è infine andata alla tuitstar di turno. La bile, fa male solo a chi la produce.
La menzione è vista solo dal ricevente. A tal proposito vi ricordo la figuraccia della tizia del sole 24h che s’infuriò con un utente incolpandolo di usarla come “wall” di visibilità. La menzione è un “post it”, un “segnalibro” che quasi mai andiamo a rivedere, ma somiglia anche a una recensione breve e io, che nasco da due attività importanti del PIL italiano, e lo ripeto, sono qui per “vendermi”, anziché rituittare il mio post vi rituitto una menzione garbata e sincera. Allora? Cosa c’è di male? Inoltre, agli indigesti e furibondi difensori della modestia –e riguardate cosa scrivete di voi stessi prima di infilarmi il dito nell’occhio-, suggerisco di dare un’occhiata seria al mercato. Sono talmente tante le novità letterarie che oggi già non leggo più di un libro uscito appena una settimana fa. Quindi calmini, perché a tuittare la vostra continua disapprovazione, e senza fare nomi, rischiate solo di essere a buon diritto inseriti nella schiera invidiosi. L’etica e la morale mettiamo altrove, per esempio nell’ammettere che qualcuno scrive meglio di noi.
L’autopromozione mi fa orrore ma è necessaria. Trovo ipocrita far finta di stare su twitter per questioni di socializzazione, quando poi vi offendete se nessuno vi legge. Preferisco la sincerità –e grazie al cielo non manca- di chi pubblicamente dichiara i propri intenti. Ed è anche chiaro -e mi pare folle doverlo scrivere ma qui se ometti qualcosa subito rimbrottano- che il rapporto umano si instaura anche grazie ai post che scrivo. Tutta questa ipocrisia è della stessa pasta di quelle che darebbero un braccio per darla a quello giusto e che poi sputano veleno su chi LA mette su piazza in modo esplicito. Credo quindi che con cautela e testa non ci sia niente di male a rituittare menzioni, che lo faccia la tuitstar e a maggior ragione il “nessuno” di turno come me. La rete è abbastanza grande per contenere sincerità e fini mentitori. Per cui, se non vi garba, aria. Esiste un Social media nato apposta per l’ipocrisia e si chiama FB.


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